Non so se vi è mai capitato – sicuramente sì – di imbattervi nell’articolo di turno sull’ennesimo rave, anzi scusate, “rave party” sgomberato, sul problema delle sostanze illecite ai “rave party”, su quanto siano sociologicamente reietti i partecipanti ai “rave party”, sulla musica assordante dei “rave parti” che un tempo ci andava pure Lucignolo ai “rave party” ma poi devono averlo giustamente gonfiato di botte che non ci è più tornato.
Perché l’altro giorno, casualmente, ho trovato questo articolo di Repubblica che parla, meglio, sparla su quanto è accaduto a Cusago (Mi), e basta leggere le prime righe del pezzo per capire che si tratta dell’ennesimo paradossale articolo su un qualcosa che non si è mai visto né tanto meno contemplato.
«Erano ben oltre un migliaio, scatenati tra musica assordante suonata da dj francesi. Molti di loro erano ubriachi, in un’area dismessa a Cusago, ultimo approdo del rave party».
L’articolo è osceno (leggetelo vi prego), inverosimile e dà immotivatamente spazio nel finale a delle illuminanti dichiarazioni di tale dj Aniceto: «Mettercela tutta affinché queste mattanze annunciate finalmente finiscano. Con la musica bisogna solo ballare (ripeto, con la musica bisogna solo ballare) e non partecipare a una vera e propria guerriglia». E’ monnezza. Semplicemente monnezza.
E si capisce, anche da queste poche righe, che il pezzo è chiaramente copiato, come spesso accade anche nelle migliori testate, da un referto della questura, perché si fa così, si è sempre fatto così, il giornalista si è impigrito, ha la poltrona comoda ed ha un sacco di minuti Wind. Non ha più il tempo e le risorse per muovere quel flaccido culo e andare a Cusago per parlare con le persone, intervistarle, capirle. Ha paura della periferia, della strada, del ghetto. Del raccontare cosa è successo e perché è successo non importa un cazzo a nessuno. Meglio scadere nel luogo comune, nella banalità. E poi si può sempre usare la droga come scappatoia per spalare merda su qualsiasi cosa e chiudi l’articolo.
A pensarci bene però, è abbastanza ovvio: perché andare a vedere di persona cosa essere un “rave party” cosa succedere ai “rave party” cercando di comprendere il fatto che nel 2012 ci sono ragazzi che vogliono divertirsi in quel modo, impasticcandosi, senza rotture di coglioni eccessive, semplicemente ballando, se puoi comodamente copiare un verbale della questura? Sì, perché? Magari lo puoi scrivere dal cesso di casa tua. Nessuna fatica, nessuno sforzo. Il “rave party” è un fenomeno contemporaneo troppo complesso da meritarsi un reportage – come si dice adesso. C’erano un sacco di ragazzi alterati dall’alcool. E sono iniziati i tafferugli perché la musica è stata fatta cessare (la -musica – è – stata – fatta – cessare).
Poi una ragazza di 22 anni è finita in coma, c’era scritto sul verbale.
L'articolo I dolori del giovane raver è ovviamente opera di Frankezze.