Tra il Dracula (1979) di John Badham, Darkman (1990) di Sam Raimi e Il piccolo lord (1980) di Jack Gold, proposto addirittura in formato blu-ray, è chiaro che il percorso intrapreso dalla Dall’Angelo pictures a partire dal 2011 sia principalmente quello della riscoperta su supporto digitale di cult-movie e classici sfornati in particolar modo tra gli anni Settanta e Novanta, indimenticabile periodo particolarmente florido e ricco di idee per il magico universo della celluloide.
Percorso di riscoperta destinato a proseguire con Essere o non essere (1983), remake di Vogliamo vivere! (1942) di
Il regista di Frankenstein junior (1974) e Balle spaziali (1987), infatti, veste i panni dell’attore teatrale Frederick Bronski, il quale si diletta ad interpretare antologie di Amleto mentre la focosa moglie Anna, con le fattezze di Anne”Il laureato”Bancroft, fa la civetta dietro le quinte; fino al giorno in cui la loro compagnia viene ingaggiata per intrattenere i nazisti che stanno invadendo la Polonia e, così, salvare dei partigiani in clandestinità.
E, al di là della notevole cura di costumi e scenografie, è soprattutto sull’ottima prova del cast che si reggono i circa 102 minuti di visione; destinati a costruirsi in maniera esilarante tra improbabili travestimenti, inverosimili personaggi e perfino un numero musicale, attuati con il solo fine di mettere in difficoltà il romantico colonnello delle SS Erhardt – cui concede anima e corpo il Charles Durning che ottenne una candidatura all’Oscar come miglior attore non protagonista proprio per questo ruolo – e un suo corrotto collaboratore polacco.
Rimanendo sempre in ambito bellico, ma tutt’altro che volto alla risata nonostante la presenza di un pizzico d’ironia, la
Una vera e propria pietra miliare del genere che, con il veterano Stewart Granger tra gli attori e quattro mostri sacri del grande schermo protagonisti, testimonia la provenienza del cineasta nella sua impostazione tipica del cinema di guerriglia di qualche anno prima.
Nel corso della prima parte, infatti, vengono presentati i diversi personaggi, dal colonnello di ventura Allen Faulkner alias Richard Burton, incaricato di liberare il presidente di uno Stato africano prigioniero del golpista Zembala, ai tre fidati collaboratori coinvolti nella missione: il capitano Rafer Janders, interpretato dal Richard Harris di Un uomo chiamato cavallo (1970) e impegnato anche nel rapporto con il figlioletto, e i tenenti Shawn Fynn e Pieter Coetze, rispettivamente con i volti di Roger Moore e dell’Hardy Krüger de Il marsigliese: Storia del re dello scasso (1973).
E’ solo durante la seconda che si entra nel vivo dell’azione, con molta spettacolarità e non indifferenti dosi di violenza; tanto da lasciare avvertire parte delle basi su cui, qualche anno dopo, si sarebbe sviluppato il cosiddetto machismo reaganiano cinematografico, rappresentato dagli eroi d’azione incarnati da nomi noti del calibro di Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e Chuck Norris.
Mentre lo sviluppo della storia non risulta mai banale, soprattutto nella fase conclusiva dei circa 129 minuti di pellicola.
Francesco Lomuscio