Abbiamo due paesi reali. Uno è quello inculcato nell'immaginario collettivo, veritiero per pochi eletti, un po' scanzonato e modaiolo. L'altro riguarda i dati che leggiamo tutti i giorni sui giornali, fatto di disoccupati, di giovani precari, tuttavia fortunati visto che la maggior parte di loro il lavoro neppure ce l'hanno. Sono reali entrambi, sul serio. C'era un tempo in cui ci si interrogava su quale dei due fosse più opportuno intervenire. Credevamo, sbagliando, che le circostanze – crisi economica e malcostume – fossero questioni sconnesse. Poi è iniziato a succedere qualcosa. Ci si sveglia in questi giorni, da Nord a Sud sarebbe il caso di chiarire, con la paura (non è mai troppo tardi) che tanti problemi abbiano origine dal nostro essere italiani. Ce lo siamo sempre detti, in verità, solo che non ce ne siamo mai curati abbastanza e ogni ciclo ha una sua, talvolta tragica, fine. Ci siamo riempiti la bocca di buoni, ma inutili, propositi. Tutti lo hanno fatto, tutti lo facciamo. Non è cambiato nulla. E forse, dico forse, abbiamo iniziato a comprendere che non è esclusivamente un fatto di ricambio generazionale.
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