I fatti sono pigri, i fatti sono matti
I fatti dipendono dal punto di vista
Se non fai attenzione ti portano fuori pista
Così cantavano i Talking Heads, la band che più di tutte credo riassuma la scena newyorkese degli anni Ottanta. Così cantavano e queste parole ritrovo in Le mille luci di New York di Jay McInerney, romanzo divorato solo questa estate, molti anni dopo essersi imposto come best-seller, con tanto di film a ruota.
"Come hai fatto ad andare in rovina?" chiese Bill.
"In due modi", rispose Mike, "gradatamente prima, e poi di colpo"
E così nel libro di McInerney ritrovo anche le parole del grande Hem, in Fiesta.
Due citazioni che ci portano perfettamente dentro questa storia. Perché, in effetti, quali sono i fatti che hanno portato "fuori pista" il protagonista (il cui nome, in un libro imperniato sulla seconda persona, non è dato sapere)? Com'è che è andato in rovina?
Ecco, è questa la storia che si racconta, la storia di un giovane che è una nave che si incaglia su un fondale basso, che è un sipario che scende e non si sa se si riaprirà per un secondo atto, che è un'auto che ha innestato la retromarcia per tirarsi indietro da tutto ciò che sarebbe ragionevole e raccomandabile.
Non sarà granché originale, la trama. Ma poi metteteci la New York degli anni Ottanta, con i suoi locali, i ritmi che pulsano nelle notti e nelle vene, le luci che seducono e illudono, i fiumi di cocaina. Metteteci una buona pena capace di scavare dentro, a volte perfino di commuovere (penso allo scampolo di vita conclusiva della madre). E allora sì, questo è un libro che si fa davvero leggere.