Se penso a quanto ero candida, da bambina, non so se avere tenerezza per me stessa oppure darmi della sciocca per quello che sono stata. In inverno quando mamma sbucciava un arancio, aspettavo con ansia che lo schiudesse. Quale stupore scoprire all’interno del frutto un frutto più piccolo, quasi un tesoro, fatto ad immagine e somiglianza di quello più grande. A toglierlo via rimaneva la piccola forma concava, ricavata negli spicchi più grandi, una navicella dalle forme armoniose e dal colore allegro. Magari poi l’arancio neppure lo mangiavo, allora i frutti erano aspri, non contaminati da quel sapore addomesticato che gli agrumi hanno adesso. Così quell’arancio con figlio finiva nel piatto del nonno che versava sugli spicchi tagliati, la benedizione dell’olio e del sale, un’antica insalata incomprensibile al mio palato, al pari del solo arancio. ( quale bambina conserva ancora questa forma di stupore per le piccola cose? e l’insalata di arance, a chi verrebbe in mente di prepararla per sé? ma forse sì, qualche furbo masterchef potrebbe inventarsi un nuovo piatto… salade aigre! )