I film dimenticati. “Big bad wolves” il noir israeliano che non dimenticherete molto facilmente

Creato il 01 aprile 2015 da Fabio Buccolini

Viene da Israele uno dei film più interessanti dell’anno. E’ una storia nera di vendetta che sa impressionare, ma è anche così abile da contaminare di continuo il proprio incedere verso l’inferno di momenti di grande comicità che non alleggeriscono ma addirittura appesantiscono la materia trattata.

Adoro la figura del grande lupo cattivo. Perché il grande lupo cattivo non è altro che malvagità fatta di furbizia e stupidità, radicata nei contesti sociali (politici) e istituzionali. Il grande lupo cattivo è il male riconosciuto e accettato che, la maggior parte delle volte, si riesce a fingere agnello. Ed è proprio di tutto questo che parla, secondo me, un film come Big Bad Wolves.
Arrivato con la benedizione di Quentin Tarantino, che l’ha inserito nella personale top ten dei migliori film del 2013, “Big bad wolves” non deluderà le attese dei tarantiniani doc, vista la gran dose di cinefilia, humor e violenza gratuita che regala. Il film conferma inoltre l’ottimo stato del cinema israeliano, qui testato su un versante più di genere che autoriale.
Stato d’Israele. Una serie di brutali omicidi fa incontrare e scontrare la vita di tre uomini: Il padre dell’ultima vittima in cerca di vendetta, un investigatore che usa spesso operare aldilà dei confini della legge e il principale sospettato degli omicidi, un insegnante di religione arrestato e rilasciato a causa di un errore della polizia.
Se al loro esordio i due registi si erano avventurati nel filone dello slasher piegandolo alla loro personale (e abbastanza originale) visione, in questa seconda prova affrontano il thriller e il genere torture.
“Big bad wolves” è un film che, inizialmente, potrebbe far pensare a opere come “Prisoners”, ma pian piano si distacca da una certa visione occidentale del tema, andando a cadere nell’analisi sociale con un certo distacco emotivo. Riesce persino ad evitare la trappola del già visto, infatti siamo di fronte ad un film che tutto ciò che mostra è fine alla storia e niente è gratuito.
Lo spunto di partenza è abbastanza semplice e tutto sommato anche risaputo: c’è in giro un serial killer che si dedica a rapire, seviziare e uccidere bambine, c’è un poliziotto dai metodi spicci che esagera nell’interrogare un sospetto e per questo motivo viene sospeso, c’è il padre di una vittima, disperato, in cerca di vendetta e convinto che il sospetto di cui sopra sia in effetti il colpevole. Il bello è che il tutto viene raccontato mescolando assieme tre film diversi. Da un lato c’è il thriller con mistero, poi c’è il film più truce, quello dedicato all’accanimento sul pover’uomo, infine c’è la commedia, assolutamente dark, che davvero a tratti fa schiantare dal ridere, perché propone personaggi che scivolano spesso nella macchietta.
Ovviamente, la chiave per poter apprezzare “Big bad wolves” sta anche in una questione di sensibilità personale, nel non farsi problemi di fronte a un racconto che mescola in maniera assolutamente organica tutte le componenti di cui sopra. “Big bad wolves” si prende tremendamente sul serio, ma allo stesso tempo non lo fa, scherza un sacco mentre sferra pugni nello stomaco, unisce e amalgama tutto, senza alternare. In questo, ha qualcosa che ricorda la sensibilità del cinema dall’estremo oriente e può risultare spiazzante, soprattutto nel momento in cui ti dice chiaro e tondo che stai ridendo di cose sulle quali non c’è proprio nulla da ridere. Dove invece non può lasciare dubbi è sull’incredibile cura per l’immagine, che esplode fin dal primo secondo e non molla un attimo fino alla fine.
Bellissimo da vedere. Solo nella sequenza di apertura c’è più cinema che negli ultimi dieci anni di film italiani. Verrà rivalutato negli anni.

FABIO BUCCOLINI



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