«In onda. Senza saperlo». La tag-line del film ci fornisce, in estrema sintesi, un perfetto riassunto del soggetto di uno dei film più importanti degli anni ’90 (e non solo), diretto da Peter Weir (Picnic ad Hanging Rock, Un anno vissuto pericolosamente, Witness – Il testimone, Mosquito Coast, L’attimo fuggente), regista australiano tanto importante quanto sottovalutato nel panorama cinematografico contemporaneo. Truman Burbank, trentenne solare e disponibile a cui la vita sembra non aver negato nulla, ha sempre vissuto nell’idilliaca comunità di Seahaven. Un bel giorno si accorge che, fin dalla nascita, è stato l’inconsapevole protagonista di un gigantesco reality show, incentrato sulla sua vita, sulle sue emozioni, sulle sue azioni quotidiane, in cui il paese, costruito ad hoc e costellato di micro telecamere, è un immenso set televisivo e i gli abitanti sono tutti attori. Superato lo shock iniziale, Truman è costretto a superare le sue paure e insicurezze per riuscire a fuggire, nel tentativo disperato di (ri)appropriarsi di una vita “vera”. Geniale e complesso, leggibile a più livelli (politico, religioso, sociale), The Truman Show è un incubo tragicomico terribilmente attuale, che sorprende per lucidità di sguardo e profondità di contenuti. Memorabili Jim Carrey, perfettamente a suo agio nel difficile ruolo del protagonista, e Ed Harris, produttore-demiurgo che manipola le vite degli altri.
Capolavoro.