Anni ’80. Dopo un lungo periodo di ritiro in una missione di un’isola lontana, don Giulio (Nanni Moretti) fa ritorno a Roma e tenta di ristabilire i rapporti con famiglia e amici. La situazione è però dolorosamente cambiata: tra perbenismi, ipocrisie e situazioni familiari allo sfascio (i suoi genitori si separano a causa del tradimento del padre, evento che causerà il suicidio della madre), Giulio comprende l’impossibilità di cambiare le cose e decide di fuggire.
Una delle migliori opere del regista Moretti, summa della sua poetica: il disagio causato da una situazione sociale e generazionale in stallo è qui trattato con maggiore serietà ed essenzialità, senza quella carica satirica che è il marchio di fabbrica morettiano e per questo ancor più efficace, soprattutto se si fa riferimento al periodo storico, decennio di vera rottura nel panorama italiano. Amaro, moralista, necessario. Due scene in particolare restano impresse: il ballo sulle note malinconiche e sognanti di Ritornerai cantata da Bruno Lauzi e il monologo di Giulio alla madre sul suo letto di morte. Presentato al Festival di Berlino, il film vinse l'Orso d'argento e il gran premio della giuria e ottenne una menzione speciale.
Imperdibile.