Film a episodi diretto da Sergio Martino, Zucchero, miele e peperoncino racconta le disavventure dei tre protagonisti, narrate davanti al giudice di un tribunale (cornice in voga durante il periodo: vedi Ricchi, ricchissimi, praticamente in mutande).
L’innocuo Valerio Milanese (Lino Banfi) viene scambiato per un pericoloso criminale e “aiutato” da una giornalista (Edwige Fenech) a caccia di scoop; Giuseppe Mazzarelli (Pippo Franco), laureato in cerca di occupazione, si traveste da donna per lavorare; Plinio Carlozzi (Renato Pozzetto), tassista ossessionato dalla sua auto, è coinvolto nel rapimento di una ragazza siciliana a scopo matrimoniale. Tipico esempio di commedia trash all’italiana (il cui periodo d’oro stava tramontando agli inizi degli anni ’80), genere balzato agli onori delle cronache nell’ultimo decennio grazie a registi come Quentin Tarantino, Robert Rodriguez ed Eli Roth (la cui passione per un certo cinema ha dato il via ad una lieve sopravvalutazione), Zucchero, miele e peperoncino risulta superiore ad altri film di questo tipo grazie ad una comicità meno volgare del solito: ne sono esempio i primi due episodi, in cui la verve dei protagonisti (Banfi in primis) rende la pellicola davvero piacevole. Meno riuscito l’episodio con Pozzetto.
Per una nottata all’insegna del disimpegno (a volte davvero necessario).