Ispirato al libro La disfatta di Joachim Fest, storico del Terzo Reich, e al diario Fino all’ultima ora di Traudl Junge, segretaria del Fuhrer, La caduta è il secondo film tedesco sulla fine di Hitler, dopo L’ultimo atto (1955) di Georg Wilhelm Pabst. La vicenda si svolge durante gli ultimi dieci giorni di vita di Adolf Hitler, a partire dal giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, il 20 aprile 1945, fino al suicidio nel bunker di Berlino, pochi giorni prima della resa incondizionata della Germania, il 2 maggio 1945. Frutto di accese polemiche in patria (e non solo), secondo le quali offre una visione della Storia parziale, limitata al solo punto di vista dei nazisti, il film in realtà è apprezzabile per il lucido distacco con cui affronta uno spaccato storico scomodo, per molti anni considerato tabù. Centrale è la figura mefistofelica del Fuhrer, ridotto ormai ad uno spettro fisicamente e mentalmente debilitato, personaggio disturbante a cui ognuno di noi si approccia in modo diverso. L’accusa di aver proposto un Hitler troppo “umano”, semplicemente perché mostrato alla fine dei suoi giorni, è la prova che il Male sfuggirà sempre a qualsiasi descrizione oggettiva. Grande Bruno Ganz, che riesce a rendere perfettamente credibili le esplosioni di violenza di un uomo che racchiude in sé la follia di tutto il genere umano. Nomination come miglior film straniero.
Per riflettere.