Non sappiamo quanto Van Sant credesse o meno in questo progetto, che ha dovuto far suo soltanto in corsa, quello che però appare piuttosto evidente è che il suo tocco registico si vede davvero poco.
Damon veste i panni di Steve Butler, un venditore di una compagnia del settore energetico, mandato in una piccola cittadina agricola (insieme a una collega, interpretata da Frances McDormand) per convincere gli abitanti a vendere il loro terreno: arrivato sul posto molti ostacoli intralceranno il suo lavoro.
Si capisce presto dove la trama vuole andare a parare (Steve è cresciuto in un posto simile a quello dove viene inviato) e, per forza di cose, il film appare ben poco suggestivo e originale.
Se l’idea di base poteva dare adito a un’interessante riflessione sulla crisi economica, è la sceneggiatura stessa che procede piattamente, perdendo di solidità col passare dei minuti.
La possibile portata artistica della regia di Van Sant è decisamente limitata e Promised Land si trascina senza grandi guizzi per tutta la sua durata.
L’autore di Elephant e di Belli e dannati svolge il suo compitino senza rischiare nulla di più, lasciando inoltre troppo spazio a una retorica un po’ didascalica e un po’ forzata, soprattutto con l’approssimarsi della conclusione.
L’unico che sembra davvero credere completamente nel progetto è proprio Matt Damon, che s’impegna in tutti i modi per dare credibilità al suo personaggio.
Decisamente più artefatta la performance di John Krasinski, che si conferma attore più adeguato a un contesto televisivo (The Office) che cinematografico (American Life).
Voto: 2/4