Leone d’Argento alla Mostra del cinema di Venezia, Essential Killing è l’ultima opera di uno dei grandi registi europei che hanno contribuito al radicale rinnovamento del cinema dagli anni ’60 in poi.
Dopo aver aderito ai canoni stilistici della Nouvelle Vague, il talentuoso regista polacco Jerzy Skolimowski (Il vergine, La ragazza del bagno pubblico, L’australiano, Moonlighting) ha subito dimostrato una personalissima marca autoriale nel mettere in immagini vicende che intrecciano acute riflessioni sull’incomunicabilità tra gli individui, costretti a muoversi in una realtà ostile, il più delle volte specchio di un’oppressione politica. Nel suo settantaduesimo anno d’età, Skolimowski ci regala il suo film più asciutto, stringato, radicale. Vincent Gallo (straordinario, Coppa Volpi a Venezia), combattente talebano catturato da un gruppo di militari americani sul suolo afgano in seguito ad un attentato terroristico, riesce a fuggire durante il trasferimento in un campo di prigionia. Inizia così una fuga disperata. L’isolamento del protagonista (sordo a causa di un’esplosione e muto per scelta) è esemplificato dalla natura primitiva, ferina dei suoi comportamenti. La sua psicologia, ridotta al puro istinto, è perfettamente aderente ad una pellicola essenziale che è espressione diretta di pulsioni primigenie. La Natura, ostile e selvaggia, filtrata attraverso l’arido deserto afgano o una sconfinata foresta innevata, è più di un semplice paesaggio di sfondo. Girato in Polonia, Norvegia, Israele. Il modello sembra essere Caccia sadica (1970) di Joseph Losey.
Grande cinema d’autore.