Scandalosamente ignorato al Festival di Cannes, dove venne presentato in concorso, Mystic River, girato in soli 39 giorni, è probabilmente il capolavoro assoluto di Clint Eastwood, regista di un fertile classicismo ormai raro nelle produzioni hollywoodiane.
Splendidamente sceneggiato da Brian Helgeland, sulla base del romanzo La morte non dimentica (2001) di Dennis Lehane, il film è un potente dramma al maschile in cui la perdita dell’innocenza, l’impossibilità di liberarsi del passato, l’assordante silenzio di Dio e la presa di coscienza del Male assoluto che permea la società, sono temi che fluiscono come un fiume nero per comporre l’opera più dolorosa e pessimista di un regista capace sondare il lato oscuro dell’animo umano rifiutando ogni convenzione melodrammatica. Boston: 25 anni dopo la violenza sessuale subita da due pedofili, Dave (Tim Robbins) incontra, a causa di un tragico evento, i suoi amici Jimmy (Sean Penn) e Sean (Kevin Bacon) che, all’epoca, avevano assistito impotenti al suo rapimento, ignari dell’orrore che si sarebbe consumato. Di nuovo riuniti, i tre saranno vittime di un’inesorabile destino. Densa, straziante, quasi insostenibile, la pellicola colpisce per l’implacabile sviluppo narrativo che Eastwood riesce a tessere, approfondendo la psicologia dei personaggi come pochi altri autori contemporanei. I protagonisti, interpretati da attori in stato di grazia, illuminati dalle luci torve di Tom Stern, si muovo in una dimensione cupa e opprimente, segnata da un fatalismo tragico che non lascia scampo. 2 Oscar (Penn e Robbins) più altre quattro nomination.
Capolavoro assoluto.