Non è facile spiegare perché sia un film, comunque, notevole. Nonostante tutto.
Una trama inesistente, ridotta all'osso, banale, ridondante, telefonata. Una storia di vendetta come tante, ambientata ai giorni nostri a Bangkok.
Eppure non si può smontare frettolosamente una pellicola di questo tipo.
Only God Forgives è un film notturno, glaciale, illuminato unicamente dalle luci al neon (spesso di colore rossastro) dei locali e dai tenui lampioni della metropoli thailandese.
Nicolas Winding Refn si conferma uno dei migliori metteur en scène del cinema europeo contemporaneo: la sua è un'ennesima lezione di regia, di tempi di montaggio, di movimenti rallentati di una macchina da presa sempre alla ricerca di una via di fuga, apparentemente, impossibile per i personaggi in scena.
Il talento del danese (già mostrato ampiamente, in particolare, nei precedenti Valhalla Rising e Drive) viene ancora più allo scoperto in Only God Forgives, sperimentale concerto audiovisivo dove suoni e immagini danzano mano nella mano, fermati soltanto da rumori intensi e violenti, dal sapore lynchiano, che accrescono l'inquietudine e l'angoscia di una visione tutt'altro che rilassante.
Diversi i fischi al termine della proiezione stampa, comprensibili ma ben poco rispettosi verso un film che fa (ingenuamente?) del Cinema il suo unico punto di forza.
Nel cast, Ryan Gosling è meno efficace del solito, mentre è da segnalare l'ottima performance di Kristin Scott Thomas, in panni molto diversi da quelli a cui siamo abituati a vederla ultimamente.
Voto: 3/4