Sono piccoli, ma forti. Hanno denti aguzzi e mascelle di ferro: i loro morsi lasciano il segno. Le loro mani appiccicose si insinuano ovunque sporcando, stropicciando, devastando. Lanciano urla agghiaccianti nel cuore della notte, singhiozzi lugubri che riecheggiano sinistramente nel buio. Una striscia di bava viscosa accompagna il loro cammino gattonante: masticano, succhiano e sputazzano tutto quello che trovano ricoprendolo di saliva. E si fanno la pipì addosso. Sono i nauseabondi, infetti, terrificanti bambini, visti dagli abitanti di Mostropoli. Un paese allegro e colorato, dove fra brulicare di tentacoli e annodarsi di code si vive in pace gli uni con gli altri. Le rapide incursioni nel mondo degli umani attraverso le porte-armadio servono solo a spaventare quegli orrendi marmocchi: dalle loro urla, Mostropoli sintetizza l’energia elettrica. Ma quando un giorno la piccola Boo decide che Sullivan, il mostro dei mostri, il re degli spaventi, è un tenero orsacchione e lo segue nella sua folle dimensione, tutto cambia.
Nel capolavoro Pixar Monsters & co. è il mondo alla rovescia a farla da padrone: qui sono i mostri che hanno paura (e schifo) dei bambini e il difforme è il canone. In altre parole, più sei mostruoso più hai successo. Un film indimenticabile, esilarante, grazie soprattutto ai siparietti della “spalla” (se così si può chiamare un occhio gigantesco) Mike e dalle trovate visive sorprendenti (la fabbrica dei mostri, la sequenza delle porte). C’è spazio anche per la commozione (tanta) e per il disneyano (ma allora la Pixar faceva ancora storia a sé) ribaltamento dei presupposti, con conseguente abbandono dei pregiudizi e unione felice di mostri e bambini.
Uno dei migliori film della casa di animazione digitale, da rivedere al cinema in un’inedita veste 3D, fazzoletto alla mano, in attesa del prequel Monsters Unversity che arriverà nelle sale a fine agosto per raccontarci l’incontro tra Mike e Sully ai tempi del college.