Tra i due, seduto a terra, Pasolini, concentratissimo, seguiva quel ping-pong dialettico che si ripeteva: aveva un portatile aperto sulla pagina de “Il Corriere”. Lo chiuse, con un gesto stizzito delle sue bellissime dita nodose, sussurrando, come se parlasse da solo: “Se solo vi rendeste conto che l’omologazione fascista che impera da sempre in Italia ha fatto di voi due, due Stereotipi Imbalsamati, e di me un “controtipo morale” da citare a cazzo…”. Fellini, si guardò la punta delle scarpe; Visconti, au contraire, restò immobile come un doccione di Notre-Dame, assiso sul suo trono. Agitando il portatile, Pasolini continuò il proprio monologo, con l’enfasi tipica di chi sa di portare la Verità. Fra le eteree nubi del Valhalla, il suo volto scolpito nella corteccia di una quercia secolare, era di una bellezza che portava alla commozione: "E' un vero peccato che abbiate scelto la Turris Eburnea…Eppure voi, proprio voi, foste tra i primi ad urlare, a vostro modo, gli orrori della borghesia più famelica e dei suoi sicofanti…Federico, ti devo ricordare io la Gehenna catodica di Ginger e Fred?". Il vecchio amico, alzò gli occhi verso il Poeta, abbozzando un sorriso. “Ed anche lei, conte”- Visconti inarcò un folto sopracciglio- “non le dovrò ricordare la volgare tracotanza della Marchesa Brumonti e dei suoi scellerati figli?”. Visconti rimase un attimo silente poi, esalando un sincero sospiro di commozione, replicò: “che donna eccezionale, la Mangano…”. Pasolini abbozzò un sorriso: “E a me lo viene a dire, Conte?... Ma non è questo il punto…I detriti, le macerie fumanti, di una mutazione antropologica già cominciata col “boom” degli anni Sessanta, vi hanno portato via via ad allontanarvi sempre più da questa Italia inghiottita dal consumismo…E sapete perché? Perché se noi avevamo uno scopo nella vita era quello di cercare la Grande Bellezza, e sapevamo che non ci sarebbe riuscito neanche il Don Chisciotte di Cervantes…”.
Visconti e Fellini si guardarono, senza proferir parola. Continuò per loro Giacche Palance, come lo chiamavano i suoi adorati ragazzi: “Io
Visconti e Pasolini, per la prima volta, si sorrisero: “E tu Federico?...Ti ricordi quando mi costringevi a passar le notti fra Guidonia, Pietralata, il Tiburtino Terzo, a cercare “La Bomba”, quella melvilliana mignotta, che poi mai, ripeto mai, riuscimmo a trovare? Era quella, Federico, la Grande bellezza?”; Fellini rise, di gusto: “Ma secondo me mica esisteva la Bomba…”.
Nel Valhalla, ormai, albeggiava: le tre italiche Divinità spazzarono un paio di nuvolette, per meglio osservare i raggi del sole; tra le purpurei drappeggi dell’alba, già in procinto di raggiungere il proscenio, passò uno stormo di fenicotteri. “Straziante, meravigliosa, bellezza del Creato”, disse il Poeta, carcando le mani dei due amici.