La sceneggiatura del film, comunque, avanza e Fellini riesce a convincere Dino De Laurentiis, rimasto scottato dall’essersi fatto scappare l’immortale La Dolce Vita. Tutto sembra proseguire nel migliore dei modi, ma il regista comincia a mal sopportare la rigidità stilistica di Buzzati, la sua perenne volontà di smussare gli angoli, di ingentilire con una ventata di “magico realismo” le zone d’ombra, le pagine più misteriche ed inafferrabili. Nella tarda primavera del 1966 parte il titanico carrozzone produttivo, tipico di ogni pellicola felliniana, ma ecco giungere il terzo segnale nefasto: un giorno, mentre Fellini è solo nel suo ufficio, ha un incredibile incubo a occhi aperti: ha, pur se per pochi secondi, l’atroce sensazione che il Duomo di Colonia (scelto come modello per l’imponente chiesa del film) gli crolli addosso. Quando riprende coscienza, Federico si accorge di aver fatto- senza rendersene conto - un volo di 4 metri che lo ha schiantato contro la parete di fronte. Per il Maestro è panico allo stato puro: comincia ad esser sempre più insofferente verso il progetto “Mastorna”, anche perché lo stimatissimo (e temutissimo) Gustavo Rol, veggente torinese, pare gli abbia fatto scivolare in tasca un biglietto con scritto “Non fare questo film”. Dopo tira e molla (anche giudiziari) legati alla scelta dell’interprete (De Laurentiis impone Ugo Tognazzi) e alle fughe e “variazioni sul tema” di Fellini, nell’aprile del ’67 pare si debba cominciare quello che ha assunto il titolo di Assurdo Universo ma, nella notte del 10, Fellini viene ricoverato d’urgenza in ospedale per una infezione polmonare (i giornali, maligni, parleranno di “Tognazzite” vista la nota avversione del Riminese per la “scelta” di De Laurentiis). E’ la fine. Sul Mastorna viene definitivamente posta la pietra tombale.
Scampoli, di tale mostruoso “Opus Magnum”, di questo erratico viaggio nella Citta' dei Morti, comunque si troveranno, in tutte le opere successive del Maestro: il corteo del Papa, col Pontefice mostrato su di una immensa sedia gestatoria, al pari di un Dio Assiro, conclude la sequenza della “sfilata di moda ecclesiastica” presente in Roma; il tragico motel ove prende alloggio il Mastorna sarà poi quello di Ginger e Fred; la premiazione di vecchie mummie incanutite, su di un palco avvolto da fumi catacombali, è la stessa del successivo Toby Dammit…
Ma che cos’è esattamente il Viaggio di G. Mastorna? E’ il Punto di Non Ritorno.
Da qui in poi, dopo questo viaggio di sola andata nella città di Dite, è come se Felllini - ex abrupto - dalla lettura, che so, di Gogol, fosse passato al “Necronomicon”…
E’ per colpa di quella cittadina mitteleuropea fagocitata da perenni nebbie che le successive “città” immortalate dal Grande Mistificatore, persino l’amatissima Roma (vedasi l’omonima opera del 1972), sembreran cupi agglomerati urbani rubati alle pagine più cupe di un Hoffmann, e più putrescenti di un doccione descritto da Baudelaire…