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Creato il 25 ottobre 2013 da Ifilms

‘Twas a long time ago,
Longer now than it seems
in a place that perhaps
you've seen in your dreams
For the story that you are about to be told
began with the holiday worlds of old
Now, you've probably wondered
where holidays come from.
If you haven't I'd say
it's time you begun.
For the holidays are the result of much fuss
and hard work from the worlds that create them us
Well you see now, quite simply
that's all that they do,
making one unique holiday
especially for you
But once, a calamity ever so great
occured when two holidays met by mistake

 

E una porta a forma di zucca si apriva, portandoci per la prima volta in mezzo a fantasmi, streghe e mostri danzanti, spaventosi, ma allo stesso tempo affascinanti, rapendo i nostri occhi, prima del nostro cuore. Questo l’incipit – già di per sé da manuale di cinema – del film che ha cambiato la storia dell’animazione stop motion, che fino ad allora si credeva morta dai tempi di Ray Harryhausen, da molti consideratone l’inventore e padre. Tim Burton, che di Harryhausen è grande estimatore sin dall’infanzia, decide di realizzare finalmente un film interamente con questa complessissima tecnica d’animazione, fino a quel momento utilizzata solo per un cortometraggio, Vincent, nel 1982, quando ancora era animatore alla Disney.

Burton nel 1993 aveva già un curriculum di tutto rispetto, con all’attivo due Batman –uno più bello dell’altro – e un capolavoro come Edward Mani di Forbice, probabilmente il suo film migliore, ad oggi, quello in cui il regista ha messo tutto sé stesso, anche e soprattutto nel protagonista. Il paradosso vuole che a consacrarlo definitivamente e inciderlo nella memoria collettiva sia, tuttavia, un film “non suo”, anche se nessuno al mondo si sognerebbe mai di dire una cosa simile: se è vero che la regia è di Henry Selick, il soggetto, lo script, i concept, i personaggi e l’atmosfera sono tutte sue, tanto che il titolo orginale, di quel capolavoro di 20 anni fa, sia Tim Burton’s The Nightmare Before Christmas.

Si tratta di una favola gotica, macabra, dolce, divertente, contrastata e dilaniata sia nell’immaginario sia nel generale mood. Storia nota, tratta da un poemetto scritto da Burton in infanzia: Jack Skellington, il re delle zucche del paese di Halloween, è stufo della sua routine e durante una lunga passeggiata con il fido cagnolino fantasma, Zero, si imbatte nel paese del Natale: cosa sono tutto questo bianco e queste luci? Questa gioia? Dove sono i mostri? Perché i bambini dormono tranquilli? Idea! Perché non far riposare “papà nachele” e organizzare il Natale aiutato da tutti gli abitanti di Halloweentown? Sally, la dolcissima donna tutta cuciture segretamente innamorata di Jack, sembra l’unica ad accorgersi dell’errore gravissimo, ma è troppo tardi.

Come si può non rimanere stupiti, a bocca aperta, di fronte a tanta, rara bellezza? E nemmeno si può parlare di perfezione, perché la stop motion nasce (infatti ora è lievemente cambiata) proprio per essere grezza, per dare un senso di artigianale non impreziosito da alcuna tecnica digitale o da alcun artificio tecnologico. Eppure, visivamente parlando, è proprio in queste imprecisioni, in questi esseri orridi, brutti, spaventevoli ma allo stesso tempo così dolci che sta il fascino di questo capolavoro, personaggi che dovrebbero spaventarci e con cui, invece, entriamo in immediata empatia. E l’aspetto visivo riesce addirittura a cadere in secondo piano se si pensa alla profondità di ognuno dei personaggi che popolano i mondi burtoniani, cui il regista ha saputo regalare un’anima, facendo ciò che ogni animatore che si rispetti dovrebbe saper fare: risvegliare oggetti inanimati, rendendoli vivi. Ma qui si parla di geni come Tim Burton ed Henry Selick – regista dei meravigliosi gioielli in stop motion Jack e la Pesca Gigante e Coraline – ed ecco che si può incontrare Jack Skellington, il protagonista dilaniato, in piena crisi d’identità, che, spinto dall’entusiasmo a Christmastown, diventa cieco di fronte alla realtà, rischiando di combinare un pasticcio irreparabile, anche perché Mr. Boogie Man (tradotto Bau Bau, offrendo il fianco ai puristi della lingua) è in agguato per cercare di avere il comando nel paese del terrore. È come se si trattasse di una storia che, tra una critica sociale e l’altra («Jack, ti prego! Sono solo un povero sindaco che fa il suo mestiere! Non posso prendere le decisioni tutte da solo!»: meraviglioso personaggio, il sindaco), vuol farci capire che ognuno ha il proprio posto al mondo, il proprio “centro”, la propria natura, e che se la si combatte o la si rifiuta le conseguenze possono essere devastanti. Jack Skellington è senza dubbio una delle creature più carismatiche che il cinema d’animazione abbia mai dato alla luce, un personaggio impossibile da non amare e con cui difficilmente non si entra in totale sintonia, così reale nei sentimenti che prova, ed è impressionante pensare come un essere senza occhi possa avere un’espressività così marcata, inconfondibile ed indimenticabile. E Sally? La bellissima creatura del dottor Finklestein, angelo di pezza e pieno di cuciture, a tutti gli effetti co-protagonista, unica luce e fonte d’amore vero nel mondo di Jack, che non si accorge delle sue attenzioni e dei suoi sentimenti fino al meraviglioso e commovente finale, che è sicuramente un happy ending, ma lungi dall’essere scontato o prevedibile. Lezione di romanticismo, oltre che d’animazione. Senza dubbio Nightmare Before Christmas è l’esempio palese di come l’animazione non sia solamente rivolta ai più piccoli, visto il livello emotivo toccato, ma d’altro canto non va dimenticata la parte più infantile dell’opera, che la rende ancora più speciale e quasi perfetta: il carico di risate e di comicità che sprigiona è un valore aggiunto, che lascia i più piccoli incantati, ma anche parecchio divertiti.

Ma se l’aspetto visivo è impeccabile, il tutto è elevato ulteriormente dalla colonna sonora, in cui Danny Elfman, per altro, sfodera una performance musicale e canora che si adagia sulla perfezione e che, per quanto la versione italiana di Renato Zero sia comunque di ottima fattura, resta comunque inarrivabile. Basti pensare a This is Halloween – che nel 2006 Marilyn Manson ha saputo ulteriormente perfezionare con toni ancora più dark – all’allegra What’s This dell’approdo a Christmastown, arrivando a Sally’s song, che, con l’interpretazione di Amy Lee degli Evanescence, ha raggiunto vette irraggiungibili. Una colonna sonora intera in cui escludere dei pezzi sarebbe un delitto, tanto da poter parlare di (im)perfezione visiva e anche musicale, capace di amplificare ulteriormente il senso di meraviglia provato lungo tutta la pellicola. Musical? Si, ma lontano anni luce dai canoni Disney, cui molti erroneamente lo hanno accomunato: i testi di Elfman trasudano malinconia, rabbia, stupore e inquietudine. Sentimenti veri, forti, adulti.

È la notte di Halloween, o forse sono le vacanze di Natale? Poco importa, The Nightmare Before Christmas è quel tipo di sublime meraviglia che ci dice qualcosa in qualunque momento lo si guardi, lo si apprezzi, lo si ami. Ora, come 20 anni fa.


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