Capostipite della torrenziale saga che vide la nascita di uno dei serial killer più famosi del cinema horror, Jason Voorhees (icona del genere a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 insieme a Leatherface [Non aprite quella porta], Michael Myers [Halloween] e Freddy Krueger [Nightmare]), Venerdì 13 si colloca nell’ambito dello slasher movie: un maniaco dà la caccia ad un gruppo di persone, generalmente adolescenti fastidiosi e dissoluti, e le uccide in modo cruento.
Lo schema è rispettato alla lettera dal regista e produttore Sean S. Cunningham che mette alla mercé dell’assassino di turno alcuni teenager recatisi al campeggio di Crystal Lake, in fase di riapertura dopo l’annegamento di un bambino avvenuto anni prima a causa dell’inadempienza di due sorveglianti. La vendetta arriverà implacabile, risparmiando solo la vergine di turno (come da manuale). Assai meno brillante e coraggioso rispetto ai suoi colleghi (Carpenter, Hooper, Craven), Cunningham riesce comunque a confezionare un buon prodotto: la suspense è efficace, la tensione progredisce con gli eventi, l’ambientazione naturale contrasta con le efferatezze degli omicidi. In ogni caso, impossibile perdersi la nascita di una leggenda. Seconda apparizione di rilievo per Kevin Bacon, eliminato con un’esecuzione splatterosa e stracensurata. Soggetto di Victor Miller, avvolgente fotografia di Barry Abrams, trucco di Tom Savini, ossessiva e dissonante colonna sonora di Harry Manfredini.
Cult.