«Gentlemen, you can't fight in here. This is the War Room!». Liberamente tratto dal romanzo Red Alert (1958) di Peter George, il film rappresenta l'unica iincursione di Kubrick nel registro comico. Il risultato è, ovviamente, un capolavoro.
Un paranoico generale americano, deciso a salvare il mondo dal complotto comunista, ordina di attaccare l'Unione Sovietica con armi nucleari. Gag ed equivoci a non finire. Finale amarissimo, sulle note di We'll Meet Again di Vera Lynn. Memorabile mix di black comedy, cinica satira e fanta(?)politica, il film è un lucidissimo atto d'accusa, grottesco eppure tremendamente credibile, contro la follia atomica ed il militarismo forsennato, con la consapevolezza che il destino dell'umanità dipenda da poche menti (deviate). Farsa lugubre e beffarda sulla corsa agli armamenti, che non risparmia il falso pacifismo, l'ossessione del controllo globale sul pianeta e la ricerca dei più sofisticati automatismi perché non avvengano errori umani. Importante componente sessuale. Apologo sulla fine di una prolungata agonia che raggela e diverte, in cui Kubrick manifesta ancora una volta la sua smisurata genialità. «Nel contesto dell'imminente distruzione del mondo, l'ipocrisia, le incomprensioni, la lascivia, la paranoia, l'ambizione, gli eufemismi, il patriottismo, l'eroismo e anche la ragionevolezza possono evocare un'orribile risata» (Stanley Kubrick). George C. Scott e Sterling Hayden in stato di grazia ma Peter Sellers, all'apice del suo istrionismo, interpretando ben tre ruoli (il dottor Stranamore, il capitano Mandrake e il Presidente degli Stati Uniti d'America) ruba la scena a tutti. Fotografia in b/n di Gilbert Taylor e splendide scenografie del grande Ken Adam. Quattro nomination (film, regia, Peter Sellers, sceneggiatura non originale), nemmeno una statuetta: troppo caustico ed intelligente per trionfare agli Oscar.
Immenso.