Flash mob mortuari, suicidi di massa come mode del nuovo millennio: atti estremi, devoti e decisivi per un istante, uno solo, di popolarità. Con "Suicide Club", uno dei film più importanti degli anni zero, l'estetica pop incontra la dimensione sacra. Il virus di una società alienata germoglia nella rete: non c'è più un solo portatore, non c'è più un unico responsabile, la "malattia" ha contaminato ormai case e scuole, tetti e strade. Il punto è essere connessi con se stessi, ventiquattro ore su ventiquattro.
Film fondamentale, attualissimo e devastante, dove i primi cinque minuti con la scena dolorosissima del suicidio nella stazione ferroviaria sono il punto di non ritorno di tutto un cinema (nonché il perfetto compendio dell'arte di Sion Sono che col successivo "Noriko's Dinner Table" firmerà uno dei suoi film migliori).