Qui Dostoevskij mette subito le mani avanti e si affretta ad assicurarci che il suo eroe non è un perdigiorno o un inetto, ma è un uomo di azione (dejatel'). Interessante, perché nell’Idiotagli uomini dejatel’nye, perfino nella loro accezione più positiv,a erano tipi come il principe Šč., personaggi intraprendenti che sapevano piegare la realtà alle proprie esigenze, un po' limitati nonostante una certa brillante intelligenza. Dostoevskij li sferza a dovere e non mi pare che l'attributo "dejatel'nyj" venga mai attribuito a Myškin.Certo, Aleša è un uomo di azione particolare, si schermisce Dostoevskij: un po' "indeterminato" e ancora non manifesto. Chiedendersi perché il più giovane dei Karamazov sia interessante (primečatelen) significa anche porre la questione dell’universalità della sua immagine. Aleša è un tipo stravagante (strannyj e čudak): saremmo, cioè, di fronte a un caso particolare, un episodio. E invece a questo punto Dostoevskij vira con forza la sua argomentazione e apoditticamente sostiene che proprio il čudakha qualcosa di generale, si eleva al generale (“porta in sé qualche volta il cuore della totalità", il midollo dell'intero). Cioè il massimo del particolare è interessante per la generalità delle persone. Dostoevskij si propone qui di raggiungere l'’universalità attraverso l’individualità più estrema. Il succo del tempo e dell’animo umano sembra stare nel mantenere la propria particolarità. Era una riflessione che Dostoevskij aveva iniziato da tempo, fin dalle Memorie del sottosuolo, quando diceva che nell’eroe del sottosuolo non raffigura chissà che caso particolare, ma un “rappresentante della generazione attuale”.
Qui Dostoevskij mette subito le mani avanti e si affretta ad assicurarci che il suo eroe non è un perdigiorno o un inetto, ma è un uomo di azione (dejatel'). Interessante, perché nell’Idiotagli uomini dejatel’nye, perfino nella loro accezione più positiv,a erano tipi come il principe Šč., personaggi intraprendenti che sapevano piegare la realtà alle proprie esigenze, un po' limitati nonostante una certa brillante intelligenza. Dostoevskij li sferza a dovere e non mi pare che l'attributo "dejatel'nyj" venga mai attribuito a Myškin.Certo, Aleša è un uomo di azione particolare, si schermisce Dostoevskij: un po' "indeterminato" e ancora non manifesto. Chiedendersi perché il più giovane dei Karamazov sia interessante (primečatelen) significa anche porre la questione dell’universalità della sua immagine. Aleša è un tipo stravagante (strannyj e čudak): saremmo, cioè, di fronte a un caso particolare, un episodio. E invece a questo punto Dostoevskij vira con forza la sua argomentazione e apoditticamente sostiene che proprio il čudakha qualcosa di generale, si eleva al generale (“porta in sé qualche volta il cuore della totalità", il midollo dell'intero). Cioè il massimo del particolare è interessante per la generalità delle persone. Dostoevskij si propone qui di raggiungere l'’universalità attraverso l’individualità più estrema. Il succo del tempo e dell’animo umano sembra stare nel mantenere la propria particolarità. Era una riflessione che Dostoevskij aveva iniziato da tempo, fin dalle Memorie del sottosuolo, quando diceva che nell’eroe del sottosuolo non raffigura chissà che caso particolare, ma un “rappresentante della generazione attuale”.