I fuochi della rabbia

Creato il 19 febbraio 2016 da Catia D'Antoni @viaggingiro

Ieri sera ho voluto vedere la tv,
ho visto una trasmissione in un canale che non vedo quasi mai.

Non amo molto queste trasmissioni di attualità,
non le amo perché tutti sembra prendano in giro tutti;
o meglio… diciamo che tutti prendono in giro noi poveri comuni mortali.

Sì, perché chi è in trasmissione non ha idea di come si vive di qua dell’ex tubo catodico,
di qua dello schermo ora;
i conduttori, gli ospiti, i politici che quotidianamente, settimanalmente parlano di problemi economici legati agli stipendi, alle pensioni… insomma che ne sanno loro?

Nulla ne sanno, non ne sanno nulla.
Noi invece sappiamo che non ci basterebbero due o tre vite per guadagnare come loro.

Comunque, ieri sera ho visto questa trasmissione,
l’ho vista perché sapevo si sarebbe parlato di un argomento che mi sta a cuore,
questo come un altro di un’altra Terra italiana.
E poi un’amica mi aveva avvisata che si sarebbe parlato della sua piccola nipote e di tanti cuccioli come lei.

L’argomento era sui terreni infuocati nei dintorni di Napoli,
quella Napoli che mi ha fatto innamorare con i suoi suoni, colori e sorrisi;
ma che sa far piangere se ci si mette sul serio.

No, ho sbagliato, Napoli non fa piangere,
sono gli altri che fanno piangere Napoli.

Ho atteso che arrivasse il servizio in questione, ero assonnata e tesa,
tesa sì ma non come le mamme intervistate, però piangevo come loro; ho visto poi la mia amica e sua nipote, ho visto poi i bambini e la piccola Giada, il suo sorriso e i suoi occhi, i suoi capelli e…
ho letto la voglia di gisutizia negli occhi della sua mamma.

La mamma di Giada parlava e in me cresceva la rabbia; non verso lei no no… verso tutto l’insieme;
il suo essere calma (forse) e mi chiedevo se sarei stata capace altrettanto.
Non lo so.

La stessa rabbia mi sale quando scopro la mia impotenza davanti a queste cose, perché cosa si può fare avanti a certi crimini?
Difficile rispondere, lo so, ma se sei toccato nel più profondo del cuore, allora le cose cambiano.

Mi sono chiesta come si faccia, mi sono chiesta come si possa,
come si riesca a far del male ad una popolazione intera partendo dai più piccoli.

Un medico intervistato ha analizzato i fatti, ha esposto chiaramente la sua opinione, senza metterci la faccia, perché… comprensibile?
Penso di sì, non lo so.
Un poliziotto ha lanciato a suo tempo l’allarme, prima di andarsene per sempre.
I fatti ed i dati parlano chiaro, la tossicità dei luoghi non dà scampo e non perdona nessuno;
allora io mi faccio una domanda.

Se è vero che questi rifiuti tossici sono stati portati dove sono stati portati, ora che son venute fuori le patologie, come si sentono i signori che non hanno voluto a casa loro queste robe?
Non hanno figli anche loro? Non hanno nipoti? Non hanno Giadine anche loro?
E si chiedono cosa accadrebbe se si iniziasse a far ritornare indietro il tutto?
Non si scherza coi tumori, non si gioca con le leucemie, non si scherza con le chemio… con le medicine pesanti che questi bambini devono prendere;
i bambini devono vivere fuori dagli ospedali, devono giocare, ridere correre e mangiare caramelle non medicine.

E cosa vogliamo dire riguardo gli allevamenti?
Cosa vogliamo dire delle coltivazioni… di quello che si dovrebbe mangiare?
Se non ci si ammala respirando, ci si ammala mangiando… non c’è scampo davvero.

Io non perdono questa gente, mi vien solo rabbia, la rabbia di impotenza, il non poter fare nulla,
mi faccio però una domanda a cui non so ancora rispondere senza lacrime:
se uccidiamo il nostro futuro, che futuro avremo?

Un futuro fatto di denaro sporco, a che serve?

Ciao Giada, appena posso verrò a darti un bacio grande, nel frattempo te lo mando da zia Bianca.

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