I gatti neri portano fortuna

Creato il 29 ottobre 2014 da Blackcat80
Perché questo blog si chiama "Souvenirs of a Black Cat"?
Perché per i gatti neri ho sempre avuto un affetto particolare, un vero e proprio debole.
Il loro manto lucido e morbido, del colore della notte, i loro occhi verdi intensi ed intelligenti, per me rappresentano l'apoteosi della felinità.
Chi ama e conosce i gatti, sa che quelli neri solitamente sono caratterizzati da una particolare intelligenza, da una curiosa predilizione per tutto ciò che è cartaceo e da uno spirito ancora più avventuroso e ribelle della media felina.
Se lo volessimo antropomorfizzare (anche se non sono molto sicura che gli farei un piacere in questo modo), il gatto nero sarebbe senza dubbio un gatto viaggiatore e scrittore - quindi il mio alter ego perfetto, la mascotte ideale per il mio blog di viaggi, osservazioni e misteri.
Ma non è solo questo...

Il vantaggio dei gatti neri è che si mimetizzano bene sulle valigie nere...


Io sono cresciuta circondata da gatti - neri, bianchi, grigi, rossi, di ogni razza e carattere, ognuno con le sue peculiarità e caratteristiche. Non so se sia per questo motivo che ho imparato ad amarli: non sono sicura che l'amore si impari, come una regola o una lezione; però di sicuro si semina, e poi riesce a germogliare se il terreno è fertile.
Mia mamma ha seminato tanti gatti nel mio cuore fin da quando ero piccola.
E uno in particolare di questi gatti era nero.

[immagine presa dal web]


La vigilia di Natale del 2000 mia mamma se ne tornò a casa con una micetta nera che aveva trovato dentro un vecchio frigorifero fuori uso, nella cantina di una persona che non lo voleva e che sperava di liberarsi di lei lasciandola chiusa lì.
La Nera era una gatta già adulta ma giovane, minuta e vivace. Le piaceva dormire sui miei libri e sui miei diari. Saltava sul tavolo quando scrivevo e mi faceva cadere le biro per giocarci; oppure rubava il mio ciondolo a forma di gatto nero e se lo portava in giro. Le piaceva il colore rosa: ho una sua foto incorniciata dove ha in testa una piuma fucsia che si era messa da sola (e continuo ad ignorare dove l'abbia trovata). Correva come una matta per il corridoio sgommando con le zampe per poi saltarti in braccio.
La Nera non è più con noi dal 2006.
Qualcuno ce l'ha portata via. Non so chi, e soprattutto non so perché, ma quando l'abbiamo trovata aveva una ferita trasversale sulla testa, come se fosse stata colpita con un oggetto contundente.
Forse preferisco non sapere, perché ancora oggi provo una rabbia forte, il genere di rabbia suscitata dalla crudeltà gratuita, sommata alla fitta della perdita di un essere vivente caro, e quindi preferisco non avere un soggetto su cui poterla dirigere.
Eppure in molte civiltà antiche uccidere un animale inutilmente era considerato un atto portatore di sfortuna.
Anche quando gli animali venivano uccisi con lo scopo di cibarsene, e, quindi, per sopravvivere, si eseguivano rituali di purificazione e di scuse.


Agli animali veniva attribuita un'anima, spesso più saggia ed arcaica di quella degli esseri umani, tanto che venivano considerati reincarnazioni degli dei.
Per i gatti questo avveniva nell'Antico Egitto ed in India, dove venivano adorate le dee Bastet e Sasti, entrambe con sembianze feline.
Sempre in India, inoltre, il principio dell'equilibrio cosmico fra luce ed ombra, fra giorno e notte, era rappresentato da un gatto bianco e da una gatta nera.
Anche nei paesi islamici erano considerati sacri, e lo stesso Maometto aveva una sua gatta, alla quale era molto legato.
Presso gli Etruschi, i Romani ed i Greci i gatti erano benvoluti, come animali da compagnia ed in quanto abili cacciatori di topi.
La dea nordica Freya viaggiava su un carro di fuoco trainato da due gatti. Freya era la dea dell'amore e della fertilità, rappresentante del principio femminile nel pantheon vichingo, e, per invocare il suo aiuto o ringraziarla di una grazia ricevuta, i contadini solevano offrire delle ciotole di latte ad i gatti randagi.

E quindi? Poi cos'è successo?
Il Medioevo è stata un'epoca cupa e scura, che ha gettato molte ombre dove prima brillavano luce e saggezza - e in queste ombre la paura è cresciuta generando mostri orrendi fatti di ignoranza e superstizione, che hanno distrutto molte cose.
Alcune cose le hanno distrutte soffocandole, altre negandole, altre ancora bruciandole sul rogo.
Nel Medioevo è stato compiuto il più crudele e vasto genocidio della storia dell'umanità: uno sterminio fatto in nome di Dio a base di torture e roghi, conosciuto come caccia alle streghe.

In questo cieco delirio omicida di superstizione sappiamo che perirono in maniera atroce centinaia di migliaia di donne, che avevano come sola colpa quella di essere portatrici di una saggezza antica che si voleva soffocare nel buio dell'ignoranza - ma la maggior parte delle volte neppure quello.
La maggior parte delle volte la loro colpa era solo quella di essere donne, di essere in qualche modo diverse, di manifestare in una certa misura di libertà ed indipendenza che non piaceva a chi voleva imporre un dominio non solo spirituale, ma anche temporale.
Un popolo si domina se si riesce a dominarne la mente, se gli si impedisce di pensare. Un popolo si domina se gli si impone ignoranza e paura - ed è questo il dominio che imponeva la Chiesa medioevale, che non si preoccupava più del vero messaggio insegnato da Cristo, ma preferiva concentrarsi sul potere, la ricchezza, la dittatura spirituale ottenuta attraverso la minaccia dell'Inferno per chi non si voleva assoggettare ai suoi dogmi.
Ed era un dominio al maschile, in un mondo di uomini, in cui anche Dio si era incarnato sotto sembianze maschili, e non più in entrambi i principi come accadeva ai tempi antichi.
La donna era diventata un mezzo per generare, ma non conteneva più in sé stessa il principio divino. L'atto sessuale era diventato peccato, non più dono divino e manifestazione di quanto di sacro riesce a contenere la natura umana, ma manifestazione del Male - e con esso la donna, il corpo femminile che innesca tale istinto nella mente maschile, distogliendolo dalla dimensione spirituale, dalla comunione con Dio.
Il gatto da sempre è stato associato al principio femminile, per la sua grazia, la sua eleganza, ma anche per quello spirito indipendente, quello sfuggente mistero che facilmente poteva fare da metafora di tutto quello che si stava cercando di soffocare dentro il buio della superstizione.
Il nero è un colore dal significato simbolico potente: è il colore della notte, dell'assenza di luce; ma la notte fa paura solo a chi la vede come la fine di un giorno, e non come l'inizio di un altro.
Il gatto nero è quindi una creatura speciale, che da sempre è stato associato a figure femminili speciali, portatrici di antica saggezza che sapevano vedere la notte come un nuovo principio. E con queste donne ha legato il suo destino anche nell'ora più dolorosa.
Papa Gregorio IX nel 1233 emanò una bolla per scomunicare ufficialmente i gatti - a suo dire non creature di Dio, ma di Satana. Era sufficiente essere notati a prendersi cura di un gatto nero per essere bruciati al rogo come streghe.
E, fra le fiamme, oltre a migliaia di donne, persero la vita anche migliaia di gatti.
Secondo alcuni storici, questo genocidio felino fu una delle cause principali della diffusione della Peste Nera in Europa, il cui morbo veniva trasmesso dai ratti - pullulanti all'inverosimile in tutti gli agglomerati urbani liberi dalle loro nemesi feline.

[immagine presa dal web]


In alcune zone d'Europa, però, apparentemente le tradizioni provenienti dai tempi antichi finirono per essere più forti di quanto brutalmente imposto dall'Inquisizione: in Inghilterra ed Irlanda tutt'oggi i gatti neri portano fortuna.
In Cornovaglia è diffusa la leggenda del Matagot, uno spirito benevolo che si aggira per le campagne sotto le sembianze di un micio dal pelo corvino: se questo gatto decide di entrare in casa di qualcuno, lo si deve trattare come il più riguardevole degli ospiti, offrendogli il cibo migliore ed un giaciglio caldo, poiché lo spirito saprà ricompensare la generosità di chi l'ha accolto a peso d'oro. Ovviamente non c'è modo di sapere prima se si tratti di un qualsiasi gatto randagio o di un prodigo folletto che ha assunto sembianze feline; ma nel dubbio è meglio non sbagliare.
Una leggenda simile si trova in Irlanda, ed anche in Turchia; mentre nello Yorkshire la specializzazione del gatto nero è più orientata verso il campo sentimentale, aiutando le ragazze nubili che lo accolgono in casa a trovare il loro Principe Azzurro.

...ora capite perché amo così tanto il Regno Unito??


Nel Galles i marinai ritengono di buon auspicio far salire a bordo un gatto nero, e su questo punto concordavano anche i Fenici, ma per loro non era tanto una questione di superstizione quanto di utilità concreta nel ripulire le stive dai topi: i gatti neri (ve lo posso confermare) sono sempre stati mediamente più dotati nella caccia rispetto alla media felina, e il loro colore permetteva loro di mimetizzarsi egregiamente nel buio delle stive.
Forse è proprio da qui che deriva la credenza popolare relativa al fatto che un gatto nero che ti attraversa la strada sia presagio di malasorte: c'era stato un tempo in cui, in certe città di mare del Mediterraneo, vederne uno aggirarsi, significava che una nave di pirati fenici aveva appena attraccato nelle vicinanze, e saccheggi e distruzione stavano per arrivare.

...ecco perché!


Che derivi da questo o da altro, la superstizione è sempre frutto di ignoranza, di credenze che vengono inculcate per caso o per convenienza e rimangono inculcate per secoli, per generazioni - perché nessuno si prende la briga di verificarne la veridicità con criteri razionali, o semplicemente perché un'altra delle conseguenze dell'ignoranza è la paura.
Ciò che non si conosce si teme, e la paura del mostro fa diventare mostri anche noi, per difenderci prima che ci mangi.
Però viviamo in un'epoca ed in una fetta di mondo dove il welfare e la cultura di massa rendono alla portata di tutti la possibilità di conoscere e di aprire la mente.

L'ignoranza non è una colpa, ma oggi non può più bastare come scusa quando diventa un mezzo per sfogare i propri istinti più bassi e meschini contro chi non è in grado di difendersi.
Il piccolo contributo di questo post è di mostrare come i gatti neri siano stati considerati in maniere radicalmente opposte a seconda del tempo e del luogo, e, conseguentemente, di sfatare la validità di una superstizione che ha solo una valenza strettamente culturale.
Fede e credenze vanno rispettate, ma al di sopra di tutto dovrebbe esserci il rispetto per la vita di qualunque creatura vivente - che in fin dei conti dovrebbe essere anche il primo dettame di qualunque religione.
E' questo quello che credo io, ed è questo il messaggio che vorrei passare.

Oltre al fatto che la fortuna e la sfortuna dipendono in gran parte dal nostro atteggiamento e dalle azioni che (non) intraprendiamo: incolpare agenti esterni del tutto non correlati significa non volersi prendere la responsabilità di adoperarsi per costruire la propria fortuna; fare del male a chi non centra nulla significa spezzare in maniera cruenta e crudele un equilibrio, che difficilmente predisporrà l'Universo, Dio o chi per esso ad inviare energia positiva e fortunata verso chi ha compiuto questo gesto.
Groucho Marx diceva che "se un gatto nero ti attraversa la strada, significa semplicemente che l'animale sta andando da qualche parte".

Io aggiungo che, tutti i gatti neri che hanno attraversato la mia strada, la Nera e quelli che sono venuti dopo di lei, mi hanno sempre solo portato tanta fortuna: quella che deriva dal dono del loro affetto e della loro bellezza.

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