Non sono un esperto di brevetti, ma due cose vorrei dirle. La prima riguarda gli errori di biologia molecolare presenti nel testo firmato dalla Corte (leggete qui). Mi chiedo: è possibile legiferare in modo corretto su un argomento che non si conosce perfettamente? Faccio un esempio. I giudici americani hanno scritto che cDNA sta per “composite DNA”, quando invece tutti gli studenti di biologia sanno che la “c” sta per “complementary”. Ora, il giudizio sarebbe stato differente se la Corte avesse dato il nome corretto a questa molecola? Forse (ma non ne sono sicuro), la parola “complementare” avrebbe segnalato ai giudici che in realtà il cDNA, pur essendo creato artificialmente dall’uomo, è una semplice copia di qualcosa che in natura esiste già. Magari, questo avrebbe portato la Corte a vietare i brevetti anche per il cDNA.
La seconda cosa che mi sento di sottolineare è che il DNA è sicuramente una molecola, e nemmeno troppo complessa, ma è anche e soprattutto “informazione”. Dice bene Iddo Friedberg su Byte Size Biology. Ha senso brevettare un’informazione? Anche i libri sono entità fisiche molto concrete, sono fatti di molecole anch’essi, ma quando pensiamo a un libro non pensiamo a dei fogli di carta con delle macchie d’inchiostro. Pensiamo alla storia che raccontano, alle informazioni che ci trasmettono. E infatti i libri, così come i cd musicali, non si possono brevettare. Romanzi e canzoni vengono protetti da un’altra forma di tutela, il diritto d’autore. Invece di associarlo a una lunga molecola di acido desossiribonucleico, dovremmo pensare al DNA come a una poesia o a un racconto. Se facessimo così, ci verrebbe naturale dire che né il DNA genomico presente in natura, né quello isolato in laboratorio, e nemmeno il cDNA possono essere brevettati: dovrebbero semmai essere protetti dal diritto d’autore. In quel caso, le aziende come Myriad Genetics, avrebbero però un grosso problema: sui geni umani troveremmo infatti la scritta “Copyright: Evolution”. E davanti a un autore così illustre, non c’è Corte d’Appello che tenga.
Nota a margine: considerando il DNA come informazione, ci sarebbe comunque la possibilità di proteggere con una forma di tutela simile al diritto d’autore i geni realmente “sintetici”. Non il cDNA, quindi, ma geni (o combinazioni di geni) completamente nuovi, magari dotati di funzioni particolari che in natura non esistono, e che sicuramente usciranno dai laboratori di synthetic biology nei prossimi anni. Su questi ultimi, le aziende potranno ancora farci dei soldi. E io non avrei nulla in contrario: i prodotti dell’ingegno umano – se lo sono veramente – devono essere protetti.