Oggi l'attenzione è puntata sul fatto (ovviamento osceno) che un giornale di partito come l'Unità, fallito, rinato coi soldi di palazzinari, sparito dai Dati Accertamento Diffusione (si vergognano?), diventato un tazebao di Renzi più che un giornale di partito, possa far pagare il conto del proprio fallimento allo stato (cioè a noi) piuttosto che al partito che di questo disastro è responsabile.
Indignazione giusta, ma mirata. La legge che regola il finanziamento dei giornali di partito (e le procedure fallimentari eventuali) non riguarda solo l'Unità (meglio noto come "l'Unirenzità"), ma TUTTI i giornali che fanno riferimento a partiti, a volte esistenti solo nel percorso stamperia-macero. Come tutti sanno, infatti, i contributi ai giornali di partito venivano erogati non già in base alla diffusione reale, ma al numero di copie stampate. Avete capito bene. Un giornaletto poteva stampare 50.000 copie, venderne 1000, regalarne 2000, portarne al macero 47.000, e prendeva i contributi su 50.000 copie.
Così fan tutti. Ma ovviamente in termini assoluti il vantaggio maggiore lo traevano i giornali più grandi, ma quello proporzionalmente più truffaldino era quello dei giornaletti introvabili... Qualcuno ha mai visto in edicola l'Avanti di Lavitola? E quanto copi vendeva l'Europa di Sergio Menichini, strafallito primo organetto del renzismo? E qualcuno sa che i soldi li prendeva anche "Libbbero" del fustigatore Feltri, come organo di un fantomatico Movimento Monarchico?
Dopo il pregevole servizio di Report (che ha denunciato il fatto che i debiti dell'Unità morta li pagherà la Presidenza del Consiglio - e cioè il nuovo padrone di fatto del tazebao), si parla solo dei debiti e dei contributi all'Unità. Ebbene, ad euro 2015, il danno fatto dall'Unità è di circa l'11% del danno totale fatto dai c.d. "giornali di partito". Apprezzo l'opera di Milena Gabanelli, ma l'avrei apprezzata molto di più se avesse dato a TUTTI i giornali la giusta dose di legnate.
Oggi, cercando sui motori di ricerca, si trova quasi solo la storia dei debiti dell'Unità. Tanto più meritevole, quindi, l'opera di Elio Veltri e Francesco Paola, che hanno dedicato un libro-inchiesta sui danni prodotti da TUTTI i giornali di partito. Questa la recensione che del libro potete leggere sul corriere.it/cultura:
In un libro di Elio Veltri e Francesco Paola le opacità dei finanziamenti dal '90 a oggi. I 21 milioni andati all'«Avanti» di Lavitola
ROMA - Nelle statistiche del finanziamento pubblico della politica manca una voce importante: i soldi che ogni anno vanno ai giornali. Un libro che esce oggi per i tipi di Marsilio prova adesso a fare qualche conto. Dal 1990, anno in cui è stata approvata la legge che stabilisce quei contributi, al 2009, ultimo anno per cui le cifre sono disponibili, sono andati ai giornali di partito, o che si sono presentati come organi di movimenti politici, 697 milioni 182.863 euro. Ma se rivalutiamo questa somma in base all'inflazione si arriva allora a 850.851.746 euro.
Titolo del libro è: «I soldi dei partiti - Tutta la verità sul finanziamento alla politica in Italia». Gli autori sono Francesco Paola ed Elio Veltri. Il primo, avvocato e saggista. Il secondo, medico e politico di lungo corso.
Sono tanti soldi, 850 milioni. E a sentire gli autori del volume non sono nemmeno tutti: «I contributi complessivi a quotidiani, periodici, radio e televisioni di partito o contigui ai partiti sono molti di più. Nel 2009, ultimo anno di erogazione dei contributi, lo Stato ha distribuito 178 milioni 657.891 euro per mezzi di comunicazione di partito, vicini ai partiti e indipendenti, come lo si può essere in questo Paese. Orientarsi è difficile, perché la legislazione è complicata e sovrabbondante». Il capitolo dei soldi ai giornali politici rispecchia in pieno l'opacità che qui circonda il finanziamento pubblico dei partiti. Norme che non impongono il necessario e doveroso rigore nei bilanci.
Trasparenza inesistente, come dimostra il fatto che per legge i contributi privati di importo inferiore a 50 mila euro possono restare anonimi. E disposizioni ipocrite, al pari di quella sui rimborsi elettorali. Basta dire che per le politiche 2008 i partiti hanno avuto diritto a 503 milioni di euro pur avendo documentato spese per 136 milioni. E hanno il coraggio di chiamarli rimborsi.
Nati con il motivo di garantire il pluralismo democratico si sono trasformati in alcuni casi in rendite di posizione, andando ad alimentare surrettiziamente anche organi d'informazione che con i partiti avevano poco o nulla a che fare. Raccontano per esempio Paola e Veltri che l'Avanti edito da Valter Lavitola, che Bobo Craxi definì «un foglio di spionaggio politico», ha ottenuto dal 2003 al 2009, «stando al sito del governo», 21 milioni di euro. Una somma enorme, anche in rapporto ai contributi, non proprio esigui, ottenuti dagli altri giornali. In cima alla lista dei maggiori beneficiari l'Unità, quotidiano fondato nel 1924 da Antonio Gramsci: 169 milioni, attualizzati al 2010. Segue il Secolo d'Italia: 76,4 milioni. Quindi Liberazione: 63,6 milioni. La Padania: 63,6 milioni. Il Foglio, giornale diretto da Giuliano Ferrara, che figura come organo del movimento politico Convenzione per la giustizia: 44,6 milioni. Il Popolo: 41,8 milioni. L'Opinione: 30,5 milioni. Il Roma: 29,4. Europa: 26,6. La Voce Repubblicana: 31,3. Notizie Verdi: 24,3. E Libero: 24,9.
Sergio Rizzo