I giorni dell'abbandono - Elena Ferrante

Creato il 05 agosto 2015 da Luz1971
Incipit: Un pomeriggio d'aprile, subito dopo pranzo, mio marito mi annunciò che voleva lasciarmi. Lo fece mentre sparecchiavamo la tavola, i bambini litigavano come al solito nell'altra stanza, il cane sognava brontolando accanto al termosifone.
Poche volte mi sono imbattuta in libri da leggere "tutto in un fiato" o divorare come piace dire a molti quando un romanzo coinvolge in modo particolare. Un romanzo di diversi anni fa che ancora troviamo nelle librerie, accanto a libri più recenti e decisamente ormai notissimi di questa autrice per molti aspetti controversa. Su Elena Ferrante, e in generale sui ghostwriters, voglio scrivere in altro momento, mi soffermerò invece su questo abbandono e sulla sua forza prorompente. Si sa, quando un romanzo è buono sono due gli aspetti che funzionano all'unisono: il cosa e il come. In questo caso si tratta di una tematica estremamente attuale, la separazione, narrata attraverso uno stile pulito e armonico e direi diretto. Tutto in prima persona, ed è Olga, la protagonista a narrare, generosamente e onestamente, la sua discesa negli inferi. Olga è una donna del sud, napoletana, trapiantata a Torino, dove ha messo su assieme al suo conterraneo Mario una bella famiglia con due figli e un cane, in un bell'appartamento, con ottimi amici e ogni comodità e agio possibile. Su questo quadro, comunissimo forse ma molto ben progettato e sul quale si è lavorato per decenni, irrompe la tragedia dell'abbandono, mediante il solito cliché dell'uomo quarantenne in bilico fra lo scorrere degli anni e l'età che fa guardare sempre più al tempo trascorso piuttosto che a un futuro da immaginare. Mario perde la testa per una ragazzina figlia di un'amica di famiglia e decide di andare a convivere con lei, lasciando il suo progetto esclusivamente nelle mani di Olga. Ciò può bastare per delineare una breve trama, quello che è interessante è proprio questa discesa negli inferi di Olga, il suo precipitare in un pozzo nero.

Il film tratto dal romanzo

Olga incarna la donna di questo nostro tempo che si trova nell'identica situazione. Una donna che subisce la volontà di suo marito e che perde completamente ogni punto di riferimento, perché ciò che la investe è un vortice in cui è costretta a mettere in discussione tutto, e anzitutto se stessa. Attribuirsi la colpa della sconfitta, vedere l'altro come un vincitore che se ne va, voltando le spalle e volgendo lo sguardo verso una prospettiva di felicità. Lei è una donna ormai verso i quaranta, l'altra è una fresca diciottenne con la quale è impossibile competere. Olga perde l'orientamento, trascina i suoi figli nel vortice di squilibrio e non riesce a essere la madre di sempre. Si identifica con "la poverella", una donna che molto tempo prima, negli anni della sua infanzia, subì la stessa sorte e scelse il suicidio per sfuggire a vergogna e disperazione. Sono talmente intensi i momenti in cui la vede nella sua stessa casa, immaginandola come una voce-guida che cerca di rimettere le cose in sesto. La disperazione e la rabbia le fanno toccare il fondo e lo choc è totale. Deve per forza accadere qualcosa di scioccante perché Olga cominci a risalire dal baratro in cui si è perduta. Il romanzo quindi offre una prospettiva di salvezza e la narrazione vira improvvisamente verso un mutamento di prospettive. Decisamente nulla è fuori posto in questa storia. Ne è stato tratto un film da Roberto Faenza, che non ho ancora visto ma che pare essere stata una trasposizione interessante di questo mirabile "viaggio". Diverse le nomination e vincitore del Globo D'oro per la migliore sceneggiatura, oltre a una menzione speciale per l'attrice protagonista. 

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