Due settimane fa abbiamo parlato dei grassi, andando ad assolvere i grassi saturi: biochimicamente e fisiologicamente parlando, non esistono motivi per dire che i grassi saturi facciano male. Tuttavia, è innegabile che alcuni grassi -saturi e non- siano dannosi per il nostro organismo: oggi analizzeremo quali.
Parlando di grassi nocivi, dobbiamo andare ad individuare le cause della loro nocività: i fattori in gioco sono tre.
1. La loro forma chimica (grassi naturali o trans).
2. Il loro utilizzo (grassi crudi, cotti o fritti).
3. Quello che il grasso porta con sé.
E’ solo grasso?
Partiamo proprio dall’ultimo punto.
Il grasso, nei mammiferi, non è solo una riserva energetica, ma anche un magazzino di tutto ciò che è pericoloso per l’organismo: il nostro corpo, saggiamente, accumula nel grasso tutte le tossine che non riesce ad eliminare in altro modo. Tossine che possono provenire dall’aria che respiriamo, da quello che mangiamo… e, almeno secondo le filosofie orientali, anche da quello che proviamo: accumuliamo tossine dello stress, della rabbia, della tristezza.
Il grasso è un tessuto che ha un metabolismo molto basso: subisce poche modificazioni, è alquanto statico. Ecco perché il corpo lo sceglie come “magazzino” (o sarebbe meglio dire “discarica”?): se si accumulano tossine nel grasso, rimarranno imprigionate lì, e difficilmente andranno in circolo, causando danno e ossidazione cellulare.
Così come l’uomo accumula tossine nel grasso, anche per gli animali è la stessa cosa: ecco perché sarebbe bene prediligere tagli magri di carne, ed evitare insaccati come wurstel o mortadella o salsicce. Il problema non è *il grasso in sé* ma *quello che il grasso porta con sé*.
Quale pesce contiene più mercurio?
Attenzione, è doverosa una precisazione: la qualità di un grasso animale varia a seconda che un animale sia allevato allo stato brado (o semibrado) oppure con tecniche di allevamento intensivo.
Questo per due motivi:
1. Un animale libero di razzolare o pascolare è più magro di uno che ha passato tutta la vita in stalla, senza muoversi.
2. Gli animali allevati intensivamente sono soggetti a maggiori cure sanitarie, per evitare le infezioni che soventemente si verificano quando in un piccolo spazio (una stalla) c’è un’alta densità di capi di bestiame. Questo già di per sé comporta una “intossinazione” maggiore delle loro carni e del loro grasso. Inoltre, la sinergia tra cure igienico-sanitarie e mangimi (non proprio uguali alla fresca erba dei pascoli) determina la formazione di un grasso più “duro”, chimicamente diverso da quello di animali bradi.
Per quanto riguarda i pesci, è doveroso ricordare che i pesci grassi, soprattutto se di grande taglia (come tonno e spada), tendono ad accumulare un maggior residuo di metalli pesanti provenienti dagli scarichi delle grandi navi che attraversano mari e oceani. E’ bene dunque preferire pesce piccolo e mediterraneo: alici, acciughe, suri, sgombri, boseghe, branzini, pesce spatola…
Come usi il grasso?
Tutti gli alimenti che vengono sottoposti a cottura subiscono delle trasformazioni a carico dei macronutrienti (carboidrati, proteine e grassi).
I grassi, nello specifico, cambiano la loro conformazione chimica nel momento in cui raggiungono il cosiddetto punto di fumo, ossia la temperatura alla quale cominciano a formare sostanze volatili dannose per il nostro organismo. Per questo motivo è bene usare i grassi preferibilmente a crudo, e riservare alla cottura solo quelli che abbiano un elevato punto di fumo.
Se andiamo ad analizzare il punto di fumo dei diversi grassi scopriamo che i valori più bassi, e quindi più inadatti alla cottura, sono propri degli oli vegetali ricchi di grassi polinsaturi, come ad esempio olio di girasole, soia, riso, semi misti, mais. Ad un punto intermedio si colloca l’olio extravergine di oliva (ricco di monoinsaturi), mentre i grassi saturi risultano avere punto di fumo molto elevato.
I grassi migliori per cuocere ad alte temperature sono, controintuivamente, quelli saturi: perché?
Il calore ha la capacità di modificare i legami esistenti tra gli atomi di carbonio che compongono un grasso: quando i legami sono “saturi” diventano più difficili da intaccare e rompere.
Un ottimo olio di cottura è l’extravergine di cocco, che contiene l’86% di grassi saturi, e che viene estratto a freddo dalle noci di cocco. Lo potete acquistare nei negozi bio o online, controllando che sia vergine o extravergine, e non semplicemente “olio di cocco” (processato e industrializzato). Va conservato al buio, non in frigorifero. Io lo uso spesso per fare crepes, pancake, per spadellare verdure o per le crocchette vegetali.
Olio di cocco vergine: lo conosci?
Evitate di usare oli vegetali, o peggio ancora margarine, per le vostre cotture in forno o in padella: si deteriorano molto facilmente, creando acidi grassi trans. Inoltre, nel momento in cui i grassi reagiscono ad alte temperature con i carboidrati o le proteine del cibo da cuocere, formano sostanze potenzialmente tossiche per il fegato, come ad esempio l’acreolina.
I grassi trans: li conosciamo davvero?
Tutti ne hanno sentito parlare, ma in pochi saprebbero dare una definizione, cominciamo quindi con l’identificarli chimicamente: i grassi trans sono grassi insaturi che contengono legami in isomeria trans tra due atomi di carbonio. Avete capito tutto immagino…
Proviamo a spiegarlo in parole semplici.
I grassi di qualsiasi tipo sono formati da catene di atomi di carbonio, che possono essere uniti da legami saturi o insaturi. Se il legame è saturo si identifica graficamente da una linea singola: C-C. Se invece è insaturo la linea è doppia: C=C.
I singoli atomi di carbonio legano anche atomi di idrogeno, che possono posizionarsi “al di qua” (cis) o “al di là” (trans) della catena carboniosa. Graficamente abbiamo questo:
Acidi grassi cis e trans
La conformazione spaziale dei grassi insaturi cis o trans determina il loro comportamento all’interno del nostro meraviglioso corpo: entrambi si possono posizionare all’interno delle membrane cellulari, ma solo i grassi trans le irrigidiscono. La rigidità di membrana è estremamente deleteria nei confronti degli scambi cellulari e dell’indurimento dell’endotelio vascolare. Inoltre, i grassi trans determinano il blocco di un enzima chiave nella produzione di molecole antinfiammatorie (prostaglandine, leucotrieni ed eicosanoidi): traducendo, questo significa che più grassi trans introduciamo minore sarà la nostra protezione antinfiammatoria.
I grassi trans sono un prodotto al 99% artificiale: in natura troviamo solo minime tracce di grassi trans, poiché vengono prodotti dalla flora batterica degli animali ruminanti (come bovini o ovini) e si trovano in certe foglie, generalmente non commestibili. Si tratta di quantitativi talmente bassi da risultare completamente irrisori.
E’ l’uomo che produce grassi trans: essi si formano per trasformazione dei grassi naturali dopo che vengono sottoposti ad alte temperature o modificazioni chimiche, come l’idrogenazione.
In definitiva, è l’uomo che si sta scavando la fossa.
I grassi trans sono estremamente pericolosi per la salute. Sono connessi ad un’aumentata mortalità da infarto o da tumore: non stiamo parlando di un fattore trascurabile nella nostra alimentazione, tutt’altro. I grassi trans vanno evitati sempre e comunque: i ricercatori ritengono che il quantitativo massimo giornaliero entro il quale il loro effetto negativo è poco influente sia di appena 1 grammo. Se mangiate una merendina al giorno, è molto probabile che stiate sconfinando il limite: capite perché i prodotti confezionati fanno male?
La natura non crea grassi cattivi
Il caso della margarina
Negli anni Cinquanta si era verificato un evento degno di nota, che aveva visto protagonisti la margarina e il burro. In quegli anni si era convinti che i grassi saturi e il colesterolo causassero infarto e problemi cardiovascolari: fortunatamente quest’ipotesi è stata ampiamente smentita, e si è dimostrato che gli studi sui quali si fondava erano inconsistenti. Purtroppo all’epoca si tentò di ridurre il consumo di grassi saturi sostituendo il burro con la margarina: la margarina è un prodotto al 100% industriale, ricavato da oli vegetali sottoposti ad idrogenazione. In questo modo si otteneva una consistenza simile a quella del burro: un grasso spalmabile, che era possibile utilizzare anche per preparare dolci e prodotti da forno. Il mondo occidentale si convertì alla margarina: niente saturi, niente colesterolo, solo grassi vegetali!
Peccato che, a distanza di appena due decenni, gli studi epidemiologici evidenziarono che questa cambiata abitudine alimentare si correlava ad un’incidenza maggiore di infarto, ictus ed eventi coronarici, ovvero proprio l’opposto di quello che si voleva ottenere.
Perché accadde questo? Perché gli oli vegetali idrogenati formano una quantità enorme di grassi trans. Quindi, se state sostituendo il burro con le margarine, vi state predisponendo a problemi cardiocircolatori.
Dove troviamo i grassi trans?
I grassi trans nascono dai processi di idrogenazione, raffinazione e cottura dei grassi vegetali, in particolare quelli insaturi.
Attenzione! Raffinazione e idrogenazione non sono la stessa cosa, sebbene entrambe abbiano come conseguenza la produzione di grassi trans (in misura maggiore l’idrogenazione).
Idrogenazione: processo chimico che determina la trasformazione di un olio liquido in grasso solido. Viene utilizzata ad esempio per la produzione di margarine. E’ utile all’industria alimentare perché un grasso spalmabile permette una miglior consistenza di merendine e prodotti da forno.
Raffinazione: processo cui la maggior parte degli oli vegetali viene sottoposto per essere pressoché inodore, insapore, incolore, e quindi non interferire con le proprietà organolettiche e gustative del prodotto.
Una crema fatta con grassi buoni
Riprendiamo quanto detto a inizio paragrafo: “I grassi trans nascono dai processi di idrogenazione, raffinazione e cottura dei grassi vegetali, in particolare quelli insaturi”.
Già da questa affermazione capiamo tre cose:
1. Anche qualora evitassimo i grassi idrogenati, non possiamo dirci esenti dall’introduzione di grassi trans.
2. Gli oli vegetali insaturi come mais, soia, riso, colza, girasole sono quelli più a rischio di sviluppare trans, e non andrebbero mai, mai, mai, sottoposti ad elevate temperature (state per caso cucinando dolci da forno con olio di girasole…?).
3. I grassi vegetali acquistati per uso domestico dovrebbero sempre essere “estratti a freddo” (oli vergini), il che significa che non sono stati raffinati.
4. I grassi saturi (burro, cocco e palma, ma ne parliamo dopo) difficilmente sviluppano grassi trans, dal momento che i trans si formano dai grassi insaturi.
5. Evitare merendine contenenti “olio di palma”, ma acquistare quelle con “olio di girasole/mais” non è una scelta saggia: rileggete il punto 2.
Purtroppo la nostra legislazione non rende obbligatorio indicare in etichetta se il prodotto contenga o meno grassi trans: il consumatore medio potrebbe pensare che laddove siano contenuti “grassi non idrogenati” ci sia garanzia di assenza di trans, ma non è così. Se è vero che l’idrogenazione comporta una presenza massiccia di grassi trans, è pur vero che qualsiasi processo industriale degli oli determina la formazione di questi temibili composti.
Uno degli alimenti più ricchi di trans sono le patatine fritte
Per essere (quasi) certi di riuscire ad evitare i dannosi grassi trans dovremmo rispettare questi consigli:
1. Chiaramente, evitare qualsiasi tipo di prodotto che indichi in etichetta “grassi idrogenati”, “grassi parzialmente idrogenati”, “margarine”.
2. Evitare qualsiasi tipo di prodotto vegetale che contenga grassi vegetali, anche se biologici: niente olio di girasole, di semi, di mais, di soia… Si tratta in ogni caso di grassi che sono stati raffinati, e che quindi hanno sviluppato una certa percentuale di grassi trans.
3. Acquistare prodotti che contengano solo burro, olio vergine di cocco, olio extravergine d’oliva come fonte di grasso. State pensando che ne esistono ben pochi, di questi alimenti sani? Esatto. Perché fare prodotti sani, con materie prime sane, costa. Ricordate che i prodotti industriali, di qualsiasi tipo siano, sono superflui: non sono necessari. Se proprio dovete acquistarli, almeno che non contengano ingredienti dannosi.
4. Per uso domestico, usare solo olio extravergine d’oliva, olio extravergine di cocco e burro (di buona qualità, o ghee) per cucinare o preparare impasti che vanno in forno: sono i grassi che reggono meglio le alte temperature, e che al contempo non sono stati raffinati. Anche l’olio di arachide e diversi tipi di oli appositamente studiati per friggere potrebbero essere adatti, ma… sono raffinati.
5. Sempre per uso domestico, è possibile usare a freddo (per condire) diversi tipi di olio vegetale, purché sia indicato sulla bottiglia “estratto a freddo”: in caso contrario si tratta di nuovo di grassi raffinati. Tendenzialmente i grassi vegetali sono ricchi di omega-6, e se ne sconsiglia un consigli frequente (ricordate quello che avevamo detto qui?). Fanno eccezione l’olio di semi di lino e l’olio di canapa.
Olio di palma: cosa c’è di vero?
L’olio di palma sta diventando il grande capro espiatorio della tipica dieta occidentale, proprio come il burro negli anni Cinquanta. Da quando si è cominciato a dire che questo grasso fa male, tutti lo rifuggono come la peste: è giusto?
Cominciamo a far notare un particolare: il consumatore medio pensa che l’olio di palma faccia male perché contiene grassi saturi, ma in questo articolo abbiamo visto che i grassi saturi non incidono sul nostro stato di salute.
Se si cercano studi scientifici sull’olio di palma si rimane quantomeno perplessi: di fatto, non esiste alcuno studio che dimostri incontrovertibilmente la sua dannosità, anzi! Ci sono fior fiore di studi che parlano delle proprietà salutistiche e antiossidanti di quest’olio!
[Potete verificare voi stessi consultando Pubmed, il maggior motore di ricerca per studi scientifici. Controllate solo review e metanalisi, vale a dire gli studi più grossi e validi]
Che siano tutti finanziati dalle multinazionali che lo commercializzano? Non proprio…
Olio di palma raffinato
Esistono due tipi di olio di palma: quello vergine e quello raffinato. L’olio di palma vergine ha un colore rosso scuro, ed è ricchissimo ai flavonoidi antiossidanti; vanta proprietà antimicrobiche e antisettiche, è utile a stimolare l’ossidazione dei grassi e può essere efficacemente utilizzato nei protocolli chetogenici.
Costa tantissimo: 27 euro al litro, più di un ottimo olio extravergine d’oliva italiano.
Pensate forse che l’industria alimentare usi quest’olio? Assolutamente no! …
Alla luce di quanto detto risulta chiaro che l’olio di palma nasce come un ottimo prodotto, che tuttavia viene reso deplorevole dai trattamenti chimici che subisce.
Oltre alla concreta insalubrità di questo grasso usato dall’industria dobbiamo considerare l’aspetto etico e ambientale: la produzione di olio di palma sta letteralmente promuovendo la deforestazione di ampie aree tropicali, mettendo a repentaglio l’ecosistema del mondo intero e riducendo il “polmone verde” della nostra Terra.
In definitiva: sì, fate bene a evitare prodotti contenenti olio di palma.
Però, come detto in precedenza, dovreste evitare anche tutti i prodotti che contengano un qualsiasi olio vegetale, ad eccezione dell’olio extravergine d’oliva e dell’olio vergine di cocco. Perché? Perché solo questi grassi non sono stati raffinati *e* reggono bene le alte temperature, entrambe condizioni imprescindibili per avere un grasso che sia sano e non sviluppi acidi grassi trans. Ricordate quello che ho continuato a ribadire in questo articolo: i grassi trans si formano a partire dai grassi insaturi sottoposti a idrogenazione o raffinazione. Quanto è saggio usare per impasti che verranno cotti a 180-250° oli vegetali insaturi (girasole, mais, colza, soia…) che sono precedentemente stati raffinati o idrogenati?
Per cucinare usate olio extravergine d’oliva o cocco, burro e ghee
Riassumendo…
Per semplicità, vi lascio una lista di consigli per gli acquisti.
– Preferite tagli magri di carne, a meno che non si tratti di animali razzolanti, ruspanti, o allevati allo stato brado.
– Preferite pesce di piccola taglia e mediterraneo: sgombri, suri, sarde, acciughe e via dicendo.
– I grassi adatti a cucinare sono quelli saturi e monoinsaturi, non raffinati e non industrializzati: olio extravergine d’oliva, olio vergine di cocco, ghee e burro di buona qualità.
– Se volete acquistare oli vegetali come quello di girasole, germe di grano, lino o canapa, assicuratevi che siano venduti in bottiglie di vetro non trasparente e che sia riportato in etichetta “estratto a freddo”. Non usateli mai per cuocere o cucinare.
– Evitate tutti i prodotti che contengano oli vegetali di qualsiasi tipo: palma, girasole, mais e via dicendo. A meno che non siano “estratti a freddo” (e dovete cercarli proprio con il lanternino…).
– Fate del bene alla vostra salute: non rinunciate al grasso, ma rinunciate al grasso confezionato.
Nel prossimo (e ultimo) articolo sui grassi parlerò delle loro meravigliose proprietà metaboliche, e del perché sia sbagliato fare una dieta troppo “light”.