Shakespeare è sicuramente l’autore della cristianità che ha più profondamente reinterpretato il concetto di Hybris. Basta prendere ad esempio quattro opere della maturità: Amleto, Macbeth, Re Lear e La tempesta. L’esposizione più lineare del concetto appare nel Macbeth, nel protagonista giocato dalla sua ambizione, fino all’illusione di poter piegare anche il soprannaturale ad essa; le streghe e la Lady, personificazioni della sua ambizione, alla fine si rivelano come mezzi messi in atto dal divino per punire la sua Hybris; il soprannaturale che pareva legittimare la sua ambizione viene spazzato dall’imprevedibile logica della natura (il non nato di donna e la foresta che cammina, inedita ibridazione uomo-pianta). In Amleto, l’Hybris è più sofisticata: il Principe danese, come Prometeo, è mosso da una volontà di giustizia; il suo peccato è credere di poter essere lui a rimettere il mondo in sesto. La sua Hybris, questo suo voler sperimentare su sé stesso d’essere oltre i limiti umani, anticipa quelle di due archetipi del contemporaneo come Achab e Raskolnikov. La bestialità, il fratricidio (senza contare che Amleto considera il rapporto tra Claudio e Gertrude un incesto), viene annunciato dallo spettro e smascherato dal teatro.
In Re Lear, l’Hybris si fa frammentaria: il protagonista, per vanagloria, nega l’amore paterno alla figlia Cordelia, l’unica a provare un sincero sentimento filiale; lei stessa, d’altronde, per eccesso di sincerità, compie comunque un’insubordinazione nei confronti del padre, anche se meno grave di quella commessa dalle due sorelle Regana e Gonerilla. La bestialità non è più circoscritta, ma dilaga sulla scena del dramma, rendendola apocalittica; anche i vincoli di sangue, primi baluardi sui quali si regge la civiltà, vengono sepolti dalla Hybris generale. Re Lear non ha contatti col soprannaturale, ma tratta gli elementi naturali come se fossero personificazioni della punizione per la sua Hybris; il suo rapportarsi ad essi, nella celebre scena della tempesta, rappresenterebbe una nuova Hybris, se non fosse un delirio di impotenza palesemente patetico.
Prospero supera la Hybris, in una rinnovata armonia con gli elementi naturali e soprannaturali. La bestialità si fa caricaturale, assumendo le sembianze mostruose di Calibano. Prospero è l’uomo nuovo che ha raggiunto l’equilibrio, capace di sfruttare al meglio le proprie conoscenze, senza oltrepassare i limiti imposti dal divino. Nel rapporto col soprannaturale, si compie la parabola dell’Hybris shakespeariana: da Macbeth che crede di averlo piegato alla sua ambizione e finisce per esserne completamente in balia, ad Amleto che relega il soprannaturale ad indizio per l’accertamento della verità, da comprovare con la messa in scena teatrale; da Re Lear, orfano del soprannaturale che cerca negli elementi naturali il dialogo con la volontà divina, a Prospero che raggiunge l’armonia di tutti gli elementi attraverso la conoscenza e la saggezza.