I LIBRI DEGLI ALTRI n.115: Esercizi di attesa. Valerio Magrelli, “Il sangue amaro”

Creato il 10 maggio 2015 da Retroguardia

Esercizi di attesa. Valerio Magrelli, Il sangue amaro, Torino, Einaudi, 2014

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di Giuseppe Panella

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Sesta raccolta di versi del poeta “laureato” Valerio Magrelli, Il sangue amaro mette insieme alcuni versi “d’occasione” (scritti in situazioni e pubblicazioni molto diverse tra loro) con almeno due sezioni liriche rilevanti per impegno e vocazione di scrittura. In una di esse, non a caso intitolata Timore e tremore (dove al richiamo paolino si unisce il rimando a Kierkegaard), l’angoscia quotidiana della contemporaneità si mescola al ricordo di situazioni del quotidiano che alla paura dell’ignoto e della morte sapientemente si riannodano:

«E noi eravamo a letto / piccoli, spersi, ignari / mentre da fuori i Ladri / provavano a buttare giù la Porta. / Ce ne accorgemmo solo il giorno dopo; / ma cosa sarebbe successo, / se fossero riusciti a entrare in Casa? / Io, dopo tanti anni, tremo ancora / per lei, per me. / L’incubo a volte irrompe, / un fiotto di violenza, / a volte invece basta appena un perno, / ostinato, che tenga, regga, salvi / – un cardine custode» (p. 32).

L’irruzione dei Ladri rimanda al timore di eventi incomprensibili e certo incontenibili e il senso remoto di una religiosità laica presente in questi versi è indubbio. Il tremore di fronte a ciò che sarebbe potuto accadere allude forse alla volontà di innescare un processo che lo trasformi da incubo in visione salvifica, da fatto spaventoso in evento numinoso. Ma questo non accade: predomina la paura della morte (definita”guardia al tesoro del non-essere”) e subentra la malinconia, sentimento che produce “il sangue amaro” e impedisce di cogliere un attimo di felicità:

«Invisibile e invincibile / è lo stampo che porto dentro me / stampo del mondo impresso a me nel mondo / e che mi fa essere al mondo / soltanto nella forma dello stampo. // Dov’è la libertà, se la malinconia / raccoglie le sue nuvole senza nessun perché? / Sto qui e subisco il loro lento transito / solo aspettando / all’ombra di me stesso» (p. 127).

La ricerca di una possibilità nuova di uscire dal circolo di timore, tremore e ripetizione di ciò che è sempre accaduto (“lo stampo del mondo”) si fa vana e il risultato di questo vano attendere un cambiamento qualitativamente superiore al presente è, in realtà, l’ansia che brucia i desideri e il flusso vitale e rende l’incendio che divampa dentro qualcosa di vero anche se puramente soggettivo nello stesso tempo:

«Sono una città incendiata, / ma le fiamme non mi bruciano. / Queste fiamme sono l’ansia / che mi brucia ma non brucia. / L’ansia avvampa e non consuma, / come falso fuoco, eppure / la tortura è vera, e vere / sono queste medicine / per curare solo un sogno / in cui sogno di bruciare» (p. 129).

L’ansia, la sofferenza dell’isolamento e della ripetitività della vita, la paura della solitudine in “piccole stanze d’albergo” (momenti che ritornano continuamente nelle pagine del suo libro) sembrerebbero implicare una volontà di ripiegamento e di sottomissione all’esistente.

Dopo gli esercizi filosofico-percettivi dei suoi primi libri (in particolare Ora serrata retinae del 1980 – il suo sfolgorante esordio giovanile), Magrelli potrebbe risultare attestato pazientemente su posizioni di sobrio quanto accorato riporto esistenziale alla quotidianità e alla sua desolata descrizione se non fosse per certe impennate di indignazione civile, per certi improvvisi sobbalzi di critica spietata dell’esistente:

«Natale, credo, scada il bollino blu / del motorino, il canone URAR TV, / poi l’IMU e in più il secondo / acconto IRPEF – o era INRI? / La password, il codice utente, PIN e PUK / sono le nostre dolcissime metastasi. / Ciò è bene, perché io amo i contributi, / l’anestesia, l’anagrafe telematica, / ma sento che qualcosa è andato perso / e insieme che il dolore mi è rimasto / mentre mi prende acuta nostalgia / per una forma di vita estinta: la mia» (p. 17).


ULTIMA PUNTATA DE “I LIBRI DEGLI ALTRI”

I LIBRI DEGLI ALTRI è il titolo della raccolta delle lettere editoriali di Italo Calvino indirizzate agli autori poi accettati e pubblicati dalla casa editrice Einaudi presso la quale lo scrittore ha lungamente lavorato. Utilizzando questo titolo, mi sono proposto di scrivere e valorizzare al meglio testi quasi sempre non adeguatamente messi in evidenza nelle usuali recensioni librarie anche nell’ambito delle riviste letterarie sul web. Dopo aver superato i cento titoli recensiti mi sembra opportuno ora cambiare registro e utilizzare nuovi strumenti per raggiungere lo stesso obiettivo.

La cadenza della scrittura sarà meno intensa e la pubblicazione dei testi più rara rispetto all’ultimo periodo. Questo non certo perché ho intenzione di annullare questo compito per dedicarmi ad altro o perché lo ritenga ormai completamente esaurito ma perché la natura (e la struttura) del web cambia vorticosamente e non concede stabilità e durevolezza anche ai migliori propositi. La rubrica, quindi, deve cambiare anch’essa di natura e singolarità – la sua metamorfosi la poterà a essere più agile e flessibile e meno legata al compito di cui si diceva precedentemente. Le recensioni continueranno a svolgere e seguire il filo del loro destino ma sarà opportuno che siano più agili, più veloci, più sintetiche – habent sua fata libelli, scriveva Catullo, e lo stesso vale per chi li recensisce in maniera più o meno professionale. Inoltre la minore rigidità della rubrica permetterà al recensore di toccare anche altri campi finora poco considerati et pour cause (il teatro, il cinema, la saggistica non esclusivamente letteraria) e di usare lo strumento che gli viene offerto anche per polemizzare e criticare in maniera più incisiva il “costume letterario” degli italiani…

(Giuseppe Panella)

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[Leggi tutti gli articoli di Giuseppe Panella pubblicati su Retroguardia 2.0]

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I libri degli altri è il titolo di una raccolta di lettere scritte da Italo Calvino tra il 1947 e il 1980 e relative all’editing e alla pubblicazione di quei libri in catalogo presso la casa editrice Einaudi in quegli anni che furono curati da lui stesso. Si tratta di uno scambio epistolare e di un dialogo culturale che lo scrittore intraprese con un numero notevolmente alto di intellettuali e scrittori non solo italiani e che va al di là delle pure vicende editoriali dei loro libri. Per questo motivo, intitolare una nuova rubrica in questo modo non vuole essere un atto di presunzione quanto di umiltà – rappresenta la volontà di individuare e di mettere in evidenza gli aspetti di novità presenti nella narrativa italiana di questi ultimi anni in modo da cercare di comprenderne e di coglierne aspetti e figure trascurate e non sufficientemente considerate dalla critica ufficiale e da quella giornalistica corrente. Si tratta di un compito ambizioso che, però, vale forse la pena di intraprendere proprio in vista della necessità di valutare il futuro di un genere che, se non va “incoraggiato” troppo (per dirla con Alfonso Berardinelli), va sicuramente considerato elemento fondamentale per la fondazione di una nuova cultura letteraria… (G.P)

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