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di Giuseppe Panella
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In tempi di precariato diffuso e considerato come una condizione ormai insuperabile e senza possibilità di uscita da essa fors’anche da quegli stessi che la subiscono impotenti e attoniti (e come potrebbero fare altrimenti in una situazione di crisi permanente com’è quella che stiamo tutti vivendo?), anche i personaggi narrativi rischiano di fare la stessa fine.
Ne è una prova lampante questo piccolo e affascinante volumetto di Vanni Santoni che riprende un’impresa narrativa già iniziata parecchi anni prima e la porta a un primo (quanto anch’esso precario compimento). Ma va anche detto che le ragioni di questa precarizzazione dei personaggi di storie e vicende narrative ha anche ragioni, intrinsecamente stilistiche piuttosto che sociologiche, più profonde e legate allo stile di scrittura (multiforme e sperimentativi) di Santoni stesso.
Nel 2004, lo scrittore di Montevarchi aveva iniziato sul suo blog la pubblicazione dei primi testi che poi sarebbero andati a costituire i primi tentativi del libro a venire:
«I personaggi offerti da Personaggi precari sono disposti ad apparire indifferentemente in commedie, racconti, cortometraggi e lungometraggi, giochi di ruolo, serial tv, atti teatrali tradizionali e sperimentali, cartoni animati, romanzi, fumetti, trasmissioni radio e telefilm. I personaggi offerti da Personaggi precari sono disposti ad accettare ruoli sia primari che marginali, a tempo determinato o indeterminato, e autorizzano il datore di lavoro a disporre delle proprie prestazioni in modo assolutamente arbitrario, arrivando anche a umiliarli o ucciderli se la vicenda dovesse richiederlo. I personaggi offerti da Personaggi precari sono pienamente consapevoli della propria condizione di soggetti flessibili, atipici, interinali, sostanzialmente precari, e perciò non opporranno alcuna obiezione di utilizzo pur di lavorare. Perché la ripresa passa attraverso la flessibilità, o no ?»[1].
L’ironia di Santoni è palese: i personaggi precari sono flessibili e disponibili, la loro fungibilità è assoluta, il loro uso delegato al suo autore che di essi potrà fare quello che vuole e utilizzarli nel modo migliore, al servizio di un’idea e/o della propria visione del mondo.
In realtà, essi esistono solo per poche righe di racconto o di descrizione e poi ritornano nel mondo da cui sono sorti, ombre e fantasmi di una società letteraria che li ha dissipati per meglio rappresentarli e configurarli per quello che sono: esistenti solo per i loro tic, le loro esibizioni, le loro follie e il loro voler essere rappresentativi (spesso senza riuscirci) di un modo di essere.
Nel 2007 una delle metamorfosi del blog di Santoni fu un libro pubblicato da una piccolissima casa editrice, la RGB di Firenze, ormai scomparsa dalla scena culturale, in virtù, tuttavia, della vittoria in un concorso per inediti (quelli pubblicati sulla sua prima pagina) bandito dal “Corriere Fiorentino”, costola toscana del “Corriere della Sera”. Altre apparizioni ci furono via etere sull’emittente “Novaradio” e, in versione illustrata da Jacopo Vecchio, sulla rivista “Metromorfosi” e anche sulla significativa GAMMM diretta da Gherardo Bortolotti e Marco Giovenale e poi su “Nazione Indiana”, anch’esso un blog assai diffuso in Italia.
I “personaggi precari” sono ora ritornati sotto forma di un nuovo libro, accresciuti e spesso riscritti ma la struttura dell’opera è tale che essi possano continuare a vivere ancora sotto forma di altre edizioni e di altre epifanie, siano letterarie o artistiche, fedeli come sono alla loro assoluta precarietà di esistenza e alla loro difficoltà a sopravvivere in un mondo che di essi potrebbe fare tranquillamente a meno se non fossero sorretti e supportati dalle microstorie di cui sono protagonisti. La dimensione attiva della microstoria ha molto intrigato il postfatore Raoul Bruni che ne scrive con acutezza e competenza evocando una serie di altre figure di scrittori che potrebbero essere paragonati, nell’ambito del genere, allo scrittore di Montevarchi:
«Nella letteratura italiana del secolo scorso non mancano esempi illustri di raccolte di micronarrazioni / microromanzi: dal Bontempelli di La vita intensa al Manganelli di Centuria, dal Pontiggia di Vite di uomini non illustri al sottovalutato Scerbanenco di Centodelitti. Ai quali occorre aggiungere almeno (tenuto conto della forma dialogica, talora quasi teatrale, di non pochi dei frammenti dei Personaggi precari, nonché del frequente tono ironico) l’Achille Campanile delle Tragedie in due battute. Tuttavia, al contrario di questi precedenti novecenteschi, in Personaggi precari le fisionomie stilistiche del frammento sono assai più cangianti e multiformi, essendo dettate, come vuole il titolo, dai personaggi di volta in volta raccontati: si passa dalla microstoria al dialogo (brevissimo o più articolato), dall’epigramma al ritratto narrativo; ma non mancano brani composti in forma di stringata scheda anagrafica o addirittura di elenco di sigle. Si direbbe che ogni personaggio comporti una sua particolare forma letteraria, una sua propria trasfigurazione stilistica. Quindi, al di là di possibili apparentamenti letterari e genealogie, non è esagerato sostenere che, con i suoi Personaggi precari, Vanni Santoni abbia inventato un nuovo genere letterario, in sintonia con i ritmi del mondo attuale»[2].
Quello che Bruni scrive è certamente vero e costituisce una chiave di lettura assai preziosa per questa raccolta di Santoni che, a un primo sguardo, potrebbe apparire forse un po’ troppo sperimentalmente enigmatica e allusiva, dove figure spesso dagli strani nomi fanno dichiarazioni su se stessi, sugli altri e sul mondo in maniera folgorante e furtiva.
Alcuni esempi tratti dal libro dovrebbero bastare a coglierne la natura di campione espressivo:
«FREDIANA. “Sono uno spirito libero !”[trad. ho un fidanzato a cui faccio le corna]
“Adoro l’espressionismo!” [trad. ho notato che l’espressionismo, e altri movimenti artistici che ora non ricordo, piacciono a gente a cui vorrei assomigliare]
“Il bello dei tatuaggi, alla fine, è che ti ricordano un momento preciso della tua vita” [trad. sto aspettando solo che quella tecnica di rimozione col laser venga perfezionata ancora un po’]»[3].
Frediana è un tipico esempio di mentalità corrente in cui l’apparenza predomina e, al posto di convinzioni vere e profonde, subentrano opinioni superficiali e punti di vista basati su idee improvvisate e spesso bislacche. Il tutto rientra in un modo di vedere la cultura e la vita come identificazione con stereotipi ricavati dai mezzi di comunicazione di massa e con personaggi considerati importanti come maestri di vita (o comunque da imitare).
Ma anche altri “personaggi precari” attingono a quel modo di pensare o di vivere, tutto basato sul culto delle apparenze e delle convenzioni mondane, come accade a:
«NATALINA. Prima di lanciarsi dalla finestra, si è fissata la parrucca con la colla»[4].
Ma in Santoni non è tanto interessante la critica (sarcastica e impietosa) della in-civiltà italiana del presente quanto la capacità di racchiudere in poche battute, in modo semplice e diretto, microstorie e brevi momenti di vita vissuta (o immaginata, il che è lo stesso).
«NANDO. A tredici anni Nando era il più grosso della classe. A sedici un fortissimo giocatore di calcio balilla. A quarantadue, Nando è un autista d’autobus con due figlie bellissime»[5],
dove non si tratta tanto di puri stereotipi o di modulazioni sulla frequenza sociale ma di puro racconto. Una vita racchiusa in tre righe che evita e scarta tutti gli inciampi o gli inceppi della tradizione narrativa per ridursi all’essenziale volontà di mostrare il mondo come il suo semplice riprodursi e continuare, senza eccessivi problemi, ad essere se stesso.
NOTE
[1] V. SANTONI, Personaggi precari, con una postfazione di Raoul Bruni, Roma, Voland, 2013, p. 7.
[2] R. BRUNI, Postfazione a V. SANTONI, Personaggi precari cit. , pp. 155-156.
[3] V. SANTONI, Personaggi precari cit. , p. 66.
[4] V. SANTONI, Personaggi precari cit. , p. 92.
[5] V. SANTONI, Personaggi precari cit. , p. 44.
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I libri degli altri è il titolo di una raccolta di lettere scritte da Italo Calvino tra il 1947 e il 1980 e relative all’editing e alla pubblicazione di quei libri in catalogo presso la casa editrice Einaudi in quegli anni che furono curati da lui stesso. Si tratta di uno scambio epistolare e di un dialogo culturale che lo scrittore intraprese con un numero notevolmente alto di intellettuali e scrittori non solo italiani e che va al di là delle pure vicende editoriali dei loro libri. Per questo motivo, intitolare una nuova rubrica in questo modo non vuole essere un atto di presunzione quanto di umiltà – rappresenta la volontà di individuare e di mettere in evidenza gli aspetti di novità presenti nella narrativa italiana di questi ultimi anni in modo da cercare di comprenderne e di coglierne aspetti e figure trascurate e non sufficientemente considerate dalla critica ufficiale e da quella giornalistica corrente. Si tratta di un compito ambizioso che, però, vale forse la pena di intraprendere proprio in vista della necessità di valutare il futuro di un genere che, se non va “incoraggiato” troppo (per dirla con Alfonso Berardinelli), va sicuramente considerato elemento fondamentale per la fondazione di una nuova cultura letteraria… (G.P)
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