I LIBRI DEGLI ALTRI n.94: Pensieri di un malpensante. Gli aforismi maledetti di Enzo Raffaele

Creato il 07 settembre 2014 da Retroguardia

Pensieri di un malpensante. Gli aforismi maledetti di Enzo Raffaele

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di Giuseppe Panella

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Enzo Raffaele è un malpensante. Non si fida di nessuno, ha opinioni iconoclaste e si concede giudizi che, a dir poco, non hanno nulla del politically correct oggi imperante.

In realtà, a Raffaele importa poco di essere popolare: dice fondamentalmente solo e soltanto quel che gli sembra opportuno, che reputa buono, giusto e suo dovere annunciare al mondo.

Che non sia troppo popolare lo dimostra il fatto che i libri se li pubblica da sé: i nomi delle improbabili case editrici che essi recano sulla copertina (Ri(n)surrezione, Parusìa) sono troppo belli per essere veri e per poter essere attribuibili ad un “autentico” editore.

Anche i titoli (Popolo sovrano un ca…! , D’Io sono Io !, entrambi pubblicati nel 2013) non sono certo adatti a riconciliarlo con lettori (e non sono certamente pochi) meno disponibili ad accettare le sue impostazioni così radicali e violentemente critiche.

Raffaele se la prende con tutto e con tutti e – bisogna dirlo – spesso in maniera giustificatamente dimostrata. Per lui si potrebbe recuperare l’ironico epitaffio che Paolo Giovio scrisse per il grande scrittore Pietro Aretino (una penna perfida e straordinariamente affilata come poche) : “Qui giace l’Aretin, poeta Tosco che d’ognun disse mal, fuorché di Cristo scusandosi col dir: “Non lo conosco”!” ma, naturalmente, Raffaele, più che un poeta o un autore di versi comici, va definito uno scrittore di aforismi puntuti e sanguinosi che, nella maggior parte dei casi, andrebbero presi sul serio. Il fatto è che il loro stesso autore è troppo avvertito per prenderli come “perle di saggezza”.

Nei suoi libri, egli cerca di costruire, a partire dagli argomenti di cui si occupa, proprio una teoria dell’aforisma fondata sulla loro natura conoscitiva, anche se in apertura di Popolo sovrano un ca…/ scrive desolatamente : “Un aforisma preferirebbe restarsene in silenzio, un aforisma dire niente”.

Eppure egli “dice” a sufficienza intorno a ciò che gli sta più a cuore e su cui vuole intervenire.

Parla di Dio & della Creazione in termini assai dissacranti (“Tutte le prove dell’esistenza di Dio confermano la sua colpevolezza”), di Gesù Cristo e dei suoi miracoli (“E’ dalla resurrezione di Lazzaro / che è prassi la visita necroscopica e il seppellimento trascorse almeno ventiquattro ore dal decesso”), della Chiesa Cattolica e del suo rapporto con i poveri (“Alla Chiesa piacciono troppo i poveri per dargli uno stipendio”) e il peccato tra gli uomini ( “Una Chiesa senza peccato non avrebbe futuro”), degli avvocati (“La legge è il vitalizio degli avvocati e la mortificazione della giustizia”) e dei banchieri (e su di essi si sofferma a lungo).

“Con Dio i conti li puoi rimandare, col Banchiere li devi fare subito” (scrive a p. 73). Ma le citazioni potrebbero essere molto più numerose. Eccone un’altra : “L’invenzione dell’uomo che più lo rappresenta è il portafogli” e ancora: “Io non amo il denaro, ma sfortunatamente sono ricambiato”. Eppoi ci sono i sionisti, gli americani ma soprattutto gli italiani (di cui Raffaele ha pochissima stima) : “Equilibrista. L’uomo si ostina a camminare su due zampe quando con quattro sarebbe più comodo. L’italiano lo fa su una, quando non se ne sta seduto” (questo aforisma ricorda certe battute folgoranti di Leo Longanesi e poi di Curzio Malaparte).

Raffaele si diverte molto ad enunciare i suoi paradossi e a lanciarli come bombe di Carnevale sui suoi bersagli : “L’Opinione Pubblica in privato si vergognerebbe” (Popolo & Politica).

Anche i politici ricevono la loro razione di lazzi e di vistose pernacchie : “Un bravo politico non ha niente da dire, ma lo dice con competenza” e inoltre “La politica non ha bisogno di idee né di fatti, bastano poche promesse promosse e premesse bene”. Anche Lavoro & Tempo libero non ne escono bene : “Un grande lavoratore avrebbe potuto sprecare meglio il suo tempo” e “Rivalutiamo l’ozio, il padre di tutti i vizi, è il lavoro, patrigno di tutte le virtù”. Infine viene anche il momento di fare i conti con le Storie & Geografie del nostro tempo : “La Storia non si ripete, quello che si replica è sempre la stupidità umana”. Anche se il destino dell’uomo è inscritto nel tempo della sua evoluzione e, quindi, tutto ciò che lo concerne è fondamentalmente già accaduto da troppi secoli per cambiare in maniera radicale : “Le scimmie sceme sono diventate uomini, quelle intelligenti sono rimaste scimmie” e “Vai avanti, cretino! disse la scimmia all’uomo che s’incamminava verso l’Evoluzione…”. Raffaele, alla fine del suo primo volume di aforismi, si sente “depresso per l’umanità” e certo ne ha ben donde !… ma non demorde certamente e rincara la dose.

In D’Io sono Io !, il secondo volumetto dei suoi aforismi, il tono è più rilassato ma non per questo meno accanito nell’attacco. Nella sezione intitolata Illusione & Immaginazione, le riflessioni di Raffaele hanno un carattere più marcatamente psicologico : “ Sii te stesso, anche se non sai chi sei. Lo saprai” e anche “La fantasia è un posto dove è bello pure se piove”. E’, in fondo, un elogio dell’immaginazione e della creatività umana.

Il suo scetticismo può portarlo ad una pacata forma di fiducia nella sua possibile salvezza: “Il pessimista si accontenta di niente, l’ottimista di tutto. Lo scettico del poco che riesce a dimostrare”.

Sicuramente Raffaele vuole mostrarsi sotto l’abito dello scettico e, infatti, rincara la dose: “Non è vero che al cinico non importa di niente, non gli serve niente”.

E’, quindi, in un’ideale di autarchia (avrebbe detto il vecchio Epitteto caro a Leopardi) che l’autore degli aforismi intende muoversi e collocare la propria riflessione.

“Se prendi tempo, lo perdi” e “Se hai tempo da perdere, fallo dove puoi ritrovarlo” – è un esempio di esortazione positiva cui Raffaele sollecita il suo lettore.

“Pensa l’impensabile, è realizzabile” – è un’altra indicazione di vita che prelude a una possibilità di riscatto del presente. Ma è negli aforismi su Ignoranza & conoscenza e in quelli sul matrimonio che la cattiveria letteraria di Raffaele si dispiega inarrestabile :“ Quanto più le tue opinioni si discostano da quelle ufficiali tanto più sei vicino alla verità” viene dichiarato a p. 48 del secondo volume dei suoi aforismi. E poi “ La conoscenza deve dubitare di quello che conosce se vuole conoscere altro”.

Lo scetticismo gnoseologico di Raffaele – come si può vedere – non è assoluto, anzi si presenta come incitamento alla conoscenza. Ma è, invece, sul piano dei rapporti personali, dell’amore, del matrimonio che egli si rivela caustico e, insieme, del tutto sconsolato : “Oramai ci si sposa già con la speranza di divorziare”, “L’amicizia spesso scade in amore” e “Il matrimonio è bello, se ripetuto spesso” mi sembrano tre esempi abbastanza felici del suo modo di orizzontarsi nella vita.

Ma ormai dovrebbe essere emerso che i due volumi di aforismi di cui si è discusso finora rappresentano una vera e propria concezione del mondo espressa senza risparmio dall’autore e che probabilmente per essere apprezzata va presa o lasciata in blocco, con tutte le sue contraddizioni e le sue felici indicazioni, piuttosto che analizzata acriticamente parte per parte (Raffaele è vegano, vegetariano e critico della medicina tradizionale, tra le altre sue peculiarità)

E, allora, che cosa resta della sua piacevole lettura, alla fine, a parte un serio e motivato sconforto sulle sorti dell’uomo e della sua prospettiva per il futuro ?

Molto poco da salvare e da ritrovare tra le pieghe del presente. Alla fine, tutto risulta “elettrocardioencefalogrammaticamente piatto”.

Eppure, nonostante tutto, se qualcuno continua a scrivere e a pensare sui destini dell’umanità, anche se pessimista e solitario, vuol dire che c’è forse ancora la possibilità di riflettere e di provare a realizzare qualcosa di nuovo per le sorti del mondo che ci circonda e al quale, bene o male, noi tutti apparteniamo senza scampo.

FONTE IMMAGINE: http://www.extremamente.it/wp-content/uploads/2011/08/uomo-scimmia.jpg

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I libri degli altri è il titolo di una raccolta di lettere scritte da Italo Calvino tra il 1947 e il 1980 e relative all’editing e alla pubblicazione di quei libri in catalogo presso la casa editrice Einaudi in quegli anni che furono curati da lui stesso. Si tratta di uno scambio epistolare e di un dialogo culturale che lo scrittore intraprese con un numero notevolmente alto di intellettuali e scrittori non solo italiani e che va al di là delle pure vicende editoriali dei loro libri. Per questo motivo, intitolare una nuova rubrica in questo modo non vuole essere un atto di presunzione quanto di umiltà – rappresenta la volontà di individuare e di mettere in evidenza gli aspetti di novità presenti nella narrativa italiana di questi ultimi anni in modo da cercare di comprenderne e di coglierne aspetti e figure trascurate e non sufficientemente considerate dalla critica ufficiale e da quella giornalistica corrente. Si tratta di un compito ambizioso che, però, vale forse la pena di intraprendere proprio in vista della necessità di valutare il futuro di un genere che, se non va “incoraggiato” troppo (per dirla con Alfonso Berardinelli), va sicuramente considerato elemento fondamentale per la fondazione di una nuova cultura letteraria… (G.P)

 

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