I libri del mese: dicembre.

Da Mariellas

Gabriele Romagnoli: SOLO BAGAGLIO A MANO.


Autore: Gabriele Romagnoli
Titolo: Solo Bagaglio a ManoEdizioni: FeltrinelliPagine: 87Prezzo: 10 euro




Conosco e stimo l'autore e giornalista bolognese da molto tempo. Seguivo i suoi editoriali su Vanity Fair e il suo blog quando era direttore di GQ. I suoi viaggi attorno al mondo e il suo vagabondare di vita da una nazione all'altra, da un continente all'altro. Ho voluto visitare un po' di mondo dopo averne letto sui suoi articoli; ci sono angoli meravigliosi di Manhattan che ho scoperto e amato grazie a lui. Sempre in perenne movimento, sempre alla ricerca di qualcosa sperando di non ingombrare senza essere ingombranti. Ho letto molti dei suoi libri e apprezzo il suo stile scevro, privo di fronzoli che arriva diretto al punto. Senza sospensioni. Senza incertezze. Nel suo ultimo romanzo riflette sul significato della "dipartita", dell'addio definitivo. E lo fa partecipando ad un bizzarro rito-esperimento in Corea. Quello di fingersi morto e di farsi rinchiudere in una cassa di legno con addosso solo una vestaglia senza tasche (perché, come si dice a Napoli, "l'ultimo vestito è senza tasche") arrivando a storie, riflessioni, pensieri ossessivi che hanno a che fare con la moderazione. Il bagaglio a mano per esempio. Un bagaglio che è necessariamente indispensabile, poco propenso a spazio per accessori inutili, alla necessità della parola "senza". Ti chiede di scegliere. E in questo modo ci si stacca dal superfluo di questa nostra pazza cultura occidentale, troppo piena, molto inutile.Quindi viaggiamo leggeri, per avere una speranza di salvezza. 

"Ogni vita è unica, anche nel non vissuto. E proprio perché unica non può consentirsi di fronte al bivio, di qua o di là, la risposta: in entrambe le direzioni. La non scelta porta alla tragedia. Come nei casi di Ziyad Jarrah e Salvatore Parolisi. Che l'esistenza sia unica non è un limite, ma la sua bellezza. Nel viaggio, eliminare dal bagaglio la "vita di scorta" è un'operazione necessaria e sacrosanta. Non ci sono due vite e una morte: i conti non tornano.I limiti in generale sono un vantaggio, non un diminuzione delle possibilità.Se decidi di viaggiare leggero ti devi dare delle regole e le regole non complicano la vita, semmai l'opposto." 

Isabel Allende: L'AMANTE GIAPPONESE.

Autore: Isabel Allende
Titolo: L'Amante Giapponese
Traduzione: Elena Liverani
Edizioni: Feltrinelli
Pagine: 281
Prezzo: 18 euro


"Ci sono passioni che divampano come incendi fino a quando il destino non le soffoca con una zampata". Esordisce in questo modo nel suo nuovo romanzo, la mia scrittrice preferita. Mio corazon. Ci aveva lasciato con un thriller mozzafiato, Il gioco di Ripperin cui era stato evidente quanto la sua bravura e il suo coraggio sono incontenibili qualsiasi approccio allo scritto voglia dare. E ora torna nella sua solita veste, raccontando l'amore come solo lei sa fare. A cavallo del tempo e dello spazio, dalla Polonia della Seconda Guerra Mondiale alla San Francisco dei nostri giorni, regalandoci una nuova prova di quanto sia tutto possibile. Se passione c'è. Non è quel gran capolavoro della Casa degli Spiriti. Da tempo ormai non raggiunge più la grandezza di quelle pagine, bisogna riconoscerlo. Ma di sicuro è il genere in cui sguazza nel modo migliore. Chi la ama come me, apprezzerà al solito la sua grande capacità di farci pensare che comunque lo si chiami a volte, l'amore esiste. E arriva a tramortirci quando meno ce lo aspettiamo.
"A otto anni si era innamorata di Ichimei con l'intensità degli amori dell'infanzia e di Nathaniel con l'amore sereno della vecchiaia. Nel suo cuore entrambi ricoprivano funzioni diverse ed erano ugualmente indispensabili: era certa che senza Ichimei e senza Nathaniel non sarebbe sopravvissuta. Aveva amato Ichimei con veemenza, aveva bisogno di vederlo in ogni momento, di sgattaiolare via con lui nel giardino di Sea Cliff, che si estendeva fino alla spiaggia, pieno di stupendi nascondigli in cui scoprire insieme il linguaggio infallibile delle carezze."


Azar Nafisi: LE COSE CHE NON TI HO DETTO.

Autore: Azar Nafisi
Titolo: Le Cose Che Non Ho Detto
Traduzione: Ombretta Giumelli
Edizioni: Adelphi
Pagine: 342
Prezzo: 19,50  euro


"La maggior parte degli uomini tradisce la moglie per avere un'amante. Mio padre tradiva mia madre perché non si sentiva amato".  Se un romanzo parte così, in maniera diretta e amara, rivela dal primo istante che chi ci racconta la storia non ha alcuna intenzione di tralasciare o nascondere qualcosa. Con grande coraggio. Dopo qualche anno da Leggere Lolita a Teheran l'autrice tornò con la seconda parte della storia che racconta la sua vita e la sua famiglia. Nel mezzo la fine di un impero e l'inizio di una dittatura che allungherà i suoi tentacoli fino ai giorni nostri. Proprio accanto al paese in cui è nato quel gran buco nero che rischia di travolgerci tutti. Mi piace parlavene proprio ora, non è difficile immaginare perché.Bisogna leggerla, per capire, per cercare di trovare alcune risposte ai nostri perché di oggi. Quel regredire che ci spaventa diventato il futuro di un intero popolo. L'unico? O possiamo ancora sperare?"Raccontare era una passione di famiglia. Mio padre scrisse due libri di memorie, il meno interessante dei quali venne pubblicato e più di millecinquecento pagine di diari. Mia madre invece, ci raccontava le storie del suo passato, che di solito finivano così: Io però non ho detto una parola, sono rimasta zitta. Credeva di essere molto riservata sulla sua vita privata ma, a suo modo, non parlava d'altro. Non avrebbe approvato che io scrivessi un libro di memorie, soprattutto di famiglia, e del resto nemmeno io avrei mai immaginato che un giorno avrei raccontato dei miei genitori. Fa parte della cultura iraniana non rivelare le faccende private-non si lavano i panni sporchi in pubblico avrebbe detto mia madre; inoltre, spesso sono banali e non vale la pena di scriverne. Io non credo che si debba rimanere zitti. De resto, non restiamo mai davvero zitti, perché, in un modo o nell'altro, ci raccontiamo le persone che diventiamo".