I libri di questa estate 2014 (Pt.2)

Creato il 18 luglio 2014 da Theobsidianmirror
Prosegue e si conclude oggi la piccola presentazione dei libri che mi hanno accompagnato quest’estate in vacanza. Per chi si fosse perso la prima parte con tutte le relative chiacchiere introduttive, suggerisco di fare un salto prima qui, dopodiché ritornare indietro e proseguire con questa seconda parte.Una seconda parte che arriva praticamente due settimane dopo la fine delle vacanze e che, se aspettavo ancora un po’ a scriverne, c’era il rischio che mi resettassi completamente la memoria. Anche perché, come dicevo la volta scorsa, gli impegni di lavoro mi hanno subito travolto, azzerando completamente quel piccolo “pieno di benzina” che il sole di Karpathos mi aveva regalato. Spedito di qua e di là come un pacco postale, da quando sono rientrato praticamente ho passato più notti in albergo che a casa. Anche in questo preciso momento, mentre il post si pubblica automaticamente, il sottoscritto dovrebbe trovarsi da qualche parte in Emilia Romagna (non troppo lontano dal mare, ma vestendo un abbigliamento non proprio ideale per il periodo). Vacanze finite, come dicevo, ma solo per il momento. Ho ancora una settimanina arretrata da giocarmi e pensavo di conservarmela per settembre, per poter assaporare l’ultimo sprazzo di libertà prima di rituffarmi nel malefico e interminabile inverno. Ci sono diverse idee che stanno facendo di tutto per venire a galla nella mia mente. L’unica cosa certa è che non sarà un’altra settimana di mare. Basta mare per quest’anno! Non dico nient’altro per una semplice questione di scaramanzia ma, se un viaggetto andrà in porto, lo saprete senz’altro a tempo debito.Ed è quindi illuminato da quella piccola luce in fondo al tunnel che oggi mi rimetto qui a scrivere delle mie recenti letture estive. A proposito di “TUNNEL”…..
Quasi senza farlo apposta è proprio con l’autore de “Il tunnel” che iniziamo oggi la nostra piccola rassegna. Credo sia superfluo presentare Friedrich Dürrenmatt, probabilmente uno dei più famosi autori del Novecento. Di lui avevo già letto diverse cose, da “Il tunnel” (ovviamente) a “La morte della Pizia” passando per vari altri. Poco prima di partire, quando la valigia era ormai quasi pronta, è però sbucato insistentemente dalla polvere della mia libreria questo “Il giudice e il suo boia”, datato 1952. Non ho potuto resistergli e, in men che non si dica, è partito con me. Dalla quarta di copertina: “Friedrich Dürrenmatt, proprio agli esordi della sua attività letteraria, mentre si dichiarava consapevole degli schemi ripetitivi e immobili ai quali si richiama il romanzo giallo, ha costruito con "Il giudice e il suo boia" un congegno perfetto, che seduce il lettore fino all'ultimo, senza scoprire, neppure per vaghi accenni, l'identità del colpevole. Il protagonista è il vecchio ispettore Barlach, incaricato, insieme con il giovane agente Tschanz, di indagare sull'assassinio del tenente della polizia di Berna, Schmied.” Un romanzo giallo quindi, e addirittura il primo romanzo poliziesco dello scrittore svizzero. Personalmente lo trovo distante anni luce di vertici espressivi de “Il tunnel” ma, va detto, l’intreccio che è stato in grado di realizzare Dürrenmatt non ha nulla da invidiare ai grandi gialli di Agatha Christie o di Ellery Queen. Mentre leggevo una strana sensazione di déjà-vu però mi assaliva. Forse lo avevo già letto in passato e me ne ero dimenticato? La risposta me l’ha poi suggerita la mia ragazza, la quale mi ha fatto notare che, diversi anni fa, avevamo visto assieme l’omonimo sceneggiato RAI, diretto da Daniele D'Anza, con i mitici Paolo Stoppa e Ugo Pagliai. Un déjà-vu perfettamente giustificato quindi. Se potete recuperate il romanzo (in realtà poco più che un racconto) oppure andate a cercarvi la riduzione televisiva. Personalmente, se dovessi scegliere, credo che propenderei per quest’ultima: uno dei pochi casi in cui lo schermo ha avuto ragione della parola scritta.
Passiamo oltre. Dalla svizzera di Dürrenmatt facciamo un salto di diverse migliaia di chilometri e sbarchiamo in Giappone. Il periodo è praticamente lo stesso. Siamo nel 1958 e Yasunari Kawabata (川端 康成), uno degli scrittori nipponici più noti nel mondo, anche per essere stato il primo giapponese a vincere il premio Nobel per la letteratura nel 1968, dava alle stampe una meravigliosa raccolta di racconti intitolata “Prima neve sul Fuji”, una raccolta rimasta inedita nel nostro paese fino solo a una decina di anni fa. Dalla quarta di copertina: “Coppie sul filo del tradimento, matrimoni che non funzionano, vecchi amanti che si ritrovano, grandi amori che sembrano realizzarsi, ma si consumano nella bellezza di un gesto e si sciolgono nel rimpianto, effimeri come la prima neve sul Fuji o le gocce di rugiada sulle foglie di bambù. In questi racconti dell'inquietudine amorosa Kawabata è a un passo dal sentimentalismo: basterebbe una parola in più e saremmo nella letteratura di genere; e invece c'è una parola in meno, quel pizzico di non detto che trasporta la banalità del quotidiano in un'ambiguità rarefatta, in una malinconia assoluta. Dove il dolore, l'arte e la morte sono molto vicini, almeno per un attimo, alla perfezione della natura.”I racconti che compongono “Prima neve sul Fuji” sono stati scritti in periodi anche molto diversi tra di loro ma sembrano avere una loro continuità espressiva, una continuità di movimento e di sentimento che li fa apparire quasi monchi fuori dal contesto generale.Lo stile di Kawataba è inconfondibile: egli cattura il lettore, lo trascina in un vortice e lo costringe ad affogarci dentro. Poi, quando ormai i giochi sembrano fatti, ecco che Kawataba abbandona improvvisamente il lettore, lasciando a lui (e solo a lui) l’onore di completare il quadro con gli ultimi ritocchi (o, se vogliamo, lascia al lettore l’incombenza di districarsi dalla sua morsa). Yasunari Kawabata era già apparso in passato su questo blog: ricordate tutti la recensione del suo “La casa delle belle addormentate”, vero? All’epoca per me fu una rivelazione e, oggi più che mai, Kawabata mi ha definitivamente vinto. Questa raccolta di racconti, in particolare, merita ben più di queste poche righe e, se tutto va come spero, ritornerò presto a parlarne (mi sta salendo quasi la voglia di dedicargli addirittura un’articolata serie di post… staremo a vedere).
Chiudiamo la rassegna parlando di Hanif Kureishi, drammaturgo, sceneggiatore, scrittore e saggista britannico (ma di origini pakistane). Ultimo nell’elenco delle mie letture estive, il suo romanzo “Il corpo”, datato 2003 ed edito in Italia da Bompiani. In questo romanzo ritrovo, solo pochi giorni dopo aver letto “Il senso di una fine” di Julian Barnes (vedere il mio post precedente), la possibilità di immedesimarmi in una persona in là con gli anni. Una persona la cui vita (o morte, che dir si voglia) è ormai pronta a portargli il conto. Ma, a differenza di tanti altri comuni mortali, al protagonista di questa storia viene presentata una nuova, inaspettata chance: “Cosa succederebbe se tu fossi un uomo non più giovane e ti venisse offerta la possibilità di cambiare il tuo corpo ormai malandato con quello di un trentenne, bello, sano, che ha ancora tutta la vita davanti a sé? In Il corpo, Hanif Kureishi gioca con l’idea di identità personale, in quanto legata alla nostra persona fisica. Il risultato è un romanzo ironico e insieme toccante, che è anche una riflessione sui nostri tempi, sul senso e la qualità della vita.”Un romanzo davvero molto divertente, pur nella sua apparente drammaticità. Cosa fareste voi se vi fosse data l’opportunità di un nuovo corpo a vostra scelta, bello e giovane? Potreste anche scegliere di mantenere il vostro sesso o di entrare in un corpo di sesso opposto (giusto per provare). Fareste ciò che magari non avete mai avuto l’opportunità di fare? Se vi fosse data l’opportunità di cominciare da capo, vi iscrivereste ad una scuola diversa? Pianifichereste una carriera diversa? O forse vi dedichereste, grazie al vostro nuovo corpo bellissimo, solo al sesso più sfrenato? Pensate anche però a tutte le implicazioni. Come giustifichereste la sparizione della vostra vecchia identità e la comparsa di quella nuova, del tutto estranea sia agli occhi della comunità che della vostra stessa famiglia? Senza un posto nella società, lcome sopravvivreste? Hanif Kureishi ci spiega come tutto ciò non sia esattamente facile come sembra. Il volume contiene inoltre una selezione di racconti incentrati sulle relazioni fra genitori e figli, sulle gioie e i dolori dell’adolescenza, sulla necessità terribile del cambiamento.
Queste sono state le mie letture estive del 2014. E voi? C’è qualcuno di questi libri che potrebbe ispirarvi al punto da trovare spazio nella vostra valigia? Quali altri libri, se non questi, avete già individuato essere i vostri compagni di vacanza?

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