I liceali III – la recensione

Creato il 25 maggio 2011 da Rory

Miei amati, vi scrivo in un momento di pausa mentre sono qui al Consulate. Se faccio qualche errore e’ perche’ ho una tastiera ammeregana… o forse perche’ mi hanno chiamata in qualche altra stanza e quindi non ho ricontrollato con perizia. I’ m so sorry!

Contrariamente a quanto avviene di solito, non mi sono trovata d’accordo col mio amato Aldino Grasso per la recensione di questa fiction prodotta dalla Taodue.

Il problema e’ che questo genere di cose in Italia non funzionano molto, temo sia un problema degli sceneggiatori che non sono troppo avvezzi alla serialita’ ed esauriscono le idee in un baleno. Diciamoci la verita’: tutte le serie che hanno fatto fino alla nausea, dall’indimenticato Fantaghiro’ fino a Il maresciallo Rocca, passando per soap tipo Un posto al sole e affini, al giro di boa del terzo anno sono cadute orribilmente in basso. Trame scontatissime, attori abbaianti, noia mortale.

Il problema de “I liceali” e’ che non era un granche’ nemmeno alla sua prima serie. C’era Tirabassi che faceva il professore sfigato con l’accento ciociaro, la Pandolfi nel ruolo della prof pazza e amenita’ varie che non mi hanno mai convinta. Giustamente, questi due signori hanno deciso di abbandonare la nave prima di colare a picco ma i produttori non si sono arresi e hanno messo in cantiere un’altra serie, facendo diventare il protagonista principale il prof di matematica (con cui la Pandolfi aveva avuto una liason nella scorsa stagione).

E qui parte la prima idiozia della serie. Tirabassi aveva una figlia che frequentava pure lei il liceo e per questo assurdo motivo, hanno piazzato un’adolescente anche in casa del prof di mate (scusate non so come si chiami l’attore), che e’ sua nipote di 15 anni. La domanda e’: come mai la nipote vive con lo zio? i genitori sono morti per caso? NOOOOO, ovvio: la nipote ha chiesto ai genitori di trasferirsi a Roma dallo zio per affrancarsi dalla triste condizione di vivere in un paesello. E certo, perche’ tutti i genitori del mondo mandano a vivere un figlio quindicenne da altri parenti perche’ questo “si sfastidia” di vivere in un paesello. Ovvio. [Non so voi, ma mia madre non mi avrebbe mandato da mio zio manco se viveva a Pollena Trocchia, quindi figuriamoci].

Come accadeva per Tirabassi, pure la nipote e’ una bruttina sfigata e si innamora del fighetto interpretato da Ivan Olita (che ha la mia eta’, percio’ fa il ripetente, anche se onestamente e’ poco credibile pure come tale, anche se almeno e’ un bel ragazzo) che sembra ricambiarla (!!!!). E a proposito di Olita, c’e’ la parentesi dei ragazzi della scuola. C’e’ l’indiano vittima di ostracismo da parte dei compagni di scuola, sia perche’ e’ indiano, sia perche’ e’ bravissimo in matematica, c’e’ la ragazzina ricca e viziata che sicuramente passera’ qualche guaio che la fara’ diventare buona e altruista, come in ogni romanzo di formazione che si rispetti, non c’e’ il gay ma ho fiducia nelle puntate a venire. Tra i prof, brilla la Filangieri, nel ruolo di una docente di italiano con marito stalker annesso, che fa molto Mara Carfregna.

Come al solito, la fiction e’ recitata maluccio, la trama e’ abbastanza inconsistente e si sbadiglia in piu’ punti. Ho visto soltanto una puntata, quindi penso che, se ci riesco, ne guardo un’altra giusto per capire se la situazione migliora ma, fino ad adesso, tutto mi sembra un gradino superiore agli horror mocciani ma non di piu’.



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