Però vorrei fermare la vostra attenzione sul "uans apon ettaim", ovvero sul c'era una volta e lo dico con una punta di nostalgia, credetemi.
Una volta era diverso, una volta io, giovane Nina senza ambizioni procreative e aspettative gravidiche puntualemnte disattese, mi vivevo la cosa come si vive uno svago, con la leggerezza tipica del cazzeggio.
Bei tempi quelli. Prendevo l'amichetta di turno e andavamo a scorrazzare per le vie del centro, adocchiando vetrine, provando vestiti e accessori improbabili solo per il gusto di giocare alle modelle nelle sfilate pret-a-porté. Quelli si che erano momenti. Spavalde e allegre donzelle non avevamo occhi che per i manichini, i baretti lungo le vie, e qualche culetto con anensso tipetto sportivo, va detto. Queste erano le uniche aspettative che nutrivo sulla giornata dedicata allo shopping: svagarmi e riportare a casa qualcosina di utile che avrei indossato con disinvoltura e orgoglio. Niente di più. E non era poco.
Adesso devo sperare di tornare a casa conservando almeno un quarto della fiducia che nutrivo sulla vita prima, cioè quando sono uscita di casa. Di non perdere per strada l'obiettivo primario della mia missione e mantenere quel minimo di amor proprio che mi contraddistingue.
Perchè? Perchè i tempi so cambiati, ovvio! Perchè io non sono più quella di prima, disinvolta e fancazzista. Perchè adesso capitano certe giornate in cui un'attività come lo shopping diventa:
primo un'urgentissima necessità, alla stregua di "o vita o morte", della serie è l'ultima cosa che farei di sabato pomeriggio ma mi tocca troppo, ho l'armadio che implora - Rinnovami! - i pantaloni che mi gridano dietro - Rassegnati all'evidenza, è inutile che ti ostini, non ci entri più! - e le scarpe che supplicano - Mettici via, la primavera è passata da un pezzo! -.
Secondo è anche un modo per allentare la presa (o la pressa? tanto siamo lì) di certi pensieri ossessivi, ridondanti e petulanti, un modo per staccare la spina e riappropriarmi della mia femminilità, che ultimamente langue da qualche parte, in qualche angoeltto buio della casa e non so più nemmeno io dove l'ho lasciata.
E così prendo il Lui di turno (perchè adesso si ottimizza il tempo a disposizione e si uniscono i bisogni e anche le forze) che necessita di un paio di pantaloni nuovi e cerco di motivarlo e renderlo operativo nel più breve tempo possibile.
E' sabato mattina, faccio una breve seduta di auto-training al bagno e mi auto-convinco che mi va, oddiosemivà muoio dalla voglia di andare a fare shopping di sabato pomeriggio, insieme ad altre migliaia di persone che hanno avuto la mia stessa idea perchè se lavori, ma quando ce vai?
Faccio un summit con me stessa e scarto l'evntualità centro commerciale: troppa gente chiusa nello stesso spazio uguale claustrofobia, troppi riscaldamenti a palla uguale poi m'ammalo sicuro come l'ultima volta che mi sono svegliata la mattina e avevo al voce da trans, e soprattutto troppo family style. E poi esco carica, a mille e comincio col motivare Lui:
- Ammooore? Allora andiamo oggi? - pensavo bastasse buttarla lì così, strusciandomi un pochino, visto che era tutta la settimana che ne parlavamo (ci serve tempo per interiorizzare certe scelte a noi)
- 'Ndo? - Mi sbagliavo, è evidente
- Daaai che lo sai! Devo comprarmi qualche pantalone e gli stivali, ricordi? -
- Ahaaaaaggià! Si e dove? -
- Via del corso no?-
- Ma che stai fuori? Di sabato pomeriggio? - e qui è partita mezz'ora al meno di "ma ne avevamo già parlato mo non puoi ritrattare, si ma ti ricordi che quando ci siamo andati l'ultima volta ti sei lamentata tutto il tempo che c'era troppa gente e non ti piaceva gnente e non riuscivi a vedere nada, e allora dove vuoi andare se nn ti andava basta che lo dicevi prima" e bla bla bla fino all'lluminazione, la mia. Viale Libia.
Ci ha messo d'accordo a entrambi.
Ringuardandomi indietro, cioè se torno a quell'attimo lì, precisamente esattamente quello lì, quello della scelta, mi chiedo dove siano andate a finire le mie migliori intenzioni, il mio entusiasmo, perchè lo giuro che quando sono uscita di casa le portavo con me queste cosette, il mio indispensabile bagaglio personale, la mia cassetta degli attrezzi. Ma poi devo essere stata derubata per strada, pefforza, perchè a tutt' oggi mancano all'appello.
Vi spiego, che sennò non mi seguite. Io pensavo davvero di andare, vedere, provare, comprare in allegria, più qualche intermezzo piacevole con Lui, tipo sosta in libreria, caffettino al bar, chiacchiere disimpegnate da passeggio, quelle a portar via per capirci.
E invece è andata così, esattaemnte così. Ecco la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità su quel maledetto sabato a viale Libia.
Eravamo io, Lui, donne incinta, nani in libertà vigilata e nani carrozzati, coppiette felici con marsupietti vari di ogni fattura e modello, padri con figlio barra a e mamme con figlia barra o. E sporadicamnete qua e là qualche coppia attempata, qualche coppia di sbarbatelli, amichette pischelle "ascasa" "a nacapito" (chi è di Roma sa tradurre).
Ora, voglio dire, anche a impegnarmi, a mettercela tutta ma proprio tutta, secondo voi, come facevo anon pensarci? E di che siamo finiti a parlare secondo voi? Esatto, proprio di quelle cosacce lì! Ma come avete fatto a indovinare?
Io: - Guarda quella lì -
- Chi? -
- Quella che si lamenta che non ce la fa più, quella col cocomero over size. Dico io ma perchè non se ne sta a casa co sto freddo e visto che nun jaregge? -
Sempre io: - Guarda, guarda quei due -
- Quali? -
- Cooosa? Come quali? Quelli che occupano tutto il marciapiedi per quanti figli c'hanno. Che li dovrebbero far pagare per occupazione indebita di suolo pubblico e oltraggio al pubblico pudore. Uno schiaffo in faccia alla povertà! -
Ancora io: - Guarda, guarda quella coppia lì che carini -
- Dove? -
- Lì...lì davanti a quel negozio di carrozzine e vestitini e robette per nani...- sospiro - beaaati loro...chissà quando succederà pure noi, pensi che ci riusciremo? -
(...)
Di nuovo io: - Tesooooro! Guarda che amore quel bambino, vedi come mi guarda...non vedo l'ora di andare pure noi a fare shopping per il nano...-
For ever io: - Ommiodio amore guarda lì, laggiù...laggiùùùùù!-
- Che c'è? Che hai visto adesso? -
- Una coppia come noi. Una coppia senza figli. Miraacolo! - Poi si avvicinano. Quarant'anni. In due però. Malimortà.
-E per fortuna che evitare il centro commerciale era una buona idea, di quelle che ti evitano certi incontri.
E meno male che in Italia il tasso di natalità è tra i più bassi, tutti qua stanno, c'era un raduno e non ne sapevamo nulla? Maledetti! -
- No, è che dobbiamo ricominciare a fare cose in altri orari, quando le coppie coi nani non escono.
- Vero. Dobbiamo uscire dippiù la sera -.
Pragmatismo maschile. Io, per intanto, mi sto attrezzando per gli acquisti on-line.
Epperò il mio bottino di guerra l'ho portato a casa. Alla fine ce l'ho fatta, mi ci sono buttatta ancora più agguerrita nella mia missione. Tre paia di pantaloni. Un cappellino di lana, Due paia di calzini antiscivolo per il Pilates e un paio di stivaletti bassi, molto rocker anniottanta. Devo ancora farci l'occhio, la verità. E una botta di cultura con un libro di Roth che mi mancava all'appello.
Una cosa non ho digerito ancora, gli stivali che cercavo, quelli di cui mi sono follemente invaghita, avevano finito il mio numero. Per non pensare a tutto il resto ora sto riversando tutte le mie energie nella spasmodica ricerca dei suddetti.
La marca è Lucchi. E' un'azienda di Bologna che fa scarpe dal 1978. Di Bologna, appunto e io sto a Roma e l'unico negozio (misà tanto) che le smercia qui dalle mie parti l'ha finite, damned!
Sto impazzendo per trovarle su ebay, ho contattato anche il sito della figlia, tale Cristina Lucchi, per sapere chi le vende qui a Roma. Ma te pare... Date un'occhiata al sito, ce n'è per tutti i gusti: dalle pip-toe a quelle più classiche, da quelle più trasgressive (anche per serate un po' fetish), agli stivali...quelle di cui mi sono innamorata le indossa la modella che sta cercando di saltare sull'albero con le gambe in modalità spaccata.
Sono neri, hanno il dippio collo e vi giuro che addosso sono fichissime. Devo trovarle, devono essere mie.
PREGHIERINA DELLA SERA:
Caro Gesù bambino,
puoi esaudirmi almeno questo di desiderio? Sono convinta che questo sia alla tua portata.
Almeno stavolta mi caghi? Puoi farlo per me? Eh? O chiedo troppo anche così?
Grazie
P.S. Però con una certa rapidità che il freddo, quello serio, è alle porte.
Visto che il post sull'amoredezia ha riscosso grande successo (a chi non è capitato almeno una volta di avere a che fare con le domande imbarazzanti dei bambini? Tenere e dolci creature dalla faccia come il culetto...passatemela) vorrei chiudere con le ultime dal fronte, perchè pare che quello fosse solo l'inizio e il nipotino adorato ci si sia messo proprio di punta.
Sabato mattina. L'amoredezia in modalità esterno giorno.
- Zia guarda? -
- Cosa amore mio? -
- Lì! - e sorriso a trecentottanta denti. Dove li prenderà tutti sti denti...
- Ahemmm...si. - e una gran voglia di spaccarglieli. Con amore, semprecomunque.
- Ziaaa guarda! -
- Cooosa? -
- Lì! - ghigno soddisfatto
- Ziaaaa? Ziaaa? Ziiiiaaaa? -
- Eheee checc'è ancora? Che vuoi adesso? -
- Gurda! -
- No! -
- Ho detto guarda! Guarda che bello! -
- Ho detto NO! No, non mi va! Punto. Emmobasta veramente! -
- Ma perchè? -
Perchè? Perchèèè? Ma perchè te lo chiedo io a te! So dieci volte che mi chiami per indicarmi ogni carrozzino che passa nel raggio di un kilometro perchè ci tieni tanto a farmi ammirare il contenuto!
Ma che c'hai che t'è preso? Che è mo sta fissa?
Ci pensa già zia da sola a trastullarsi con atteggiamenti morbosi al limite del patetico e ad esibire un'interesse smodato per i bambini di tutte le taglie e tutti i modelli, che le mamme spesso mi imbruttiscono perchè pensano che sono una maniaca che vuole rapirgli il figlio. E' chiaro il concetto?
Ora non serve che ti ci metti pure tu. Zia fa da sola. A zia non serve aiuto.
Davvero, ti ringrazio per la premura ma per uno che riesco a perdermene di nano carrozzato, che magari sono occupata in una conversazione, non succede nulla. Davvero.
Misà che non capirebbe comunque.
Ah, per la cronaca, oggi sono in una di quelle giornate non-mi-va-bene-gnente mode. Ma i motivi sono più che validi, no?