Poi passato il primo scoglio le cose si fanno, singhiozzanti, ma più facili.
L'ometto piccolo ha in genere il compito di rassicurare quello grande, "non piangere, ci saranno i giochi da fare".
Per strada mi prendono la mano, uno da una parte, l'altro dall'altra, e quando si arriva alla scuola materna l'ometto grande è pronto, suo malgrado, all'aspro distacco. Ma diventa quasi dolce, con quella sua silenziosa rassegnazione. Conclusa poi su un bacio mestamente sorridente dato al fratellino e a me che lo lasciamo lì.
Poi è il turno di quello piccolo. Ci incamminiamo per l'asilo nido, una decina di minuti che facciamo un po' a piedi, un po' caricato sulle spalle a cavalluccio. E lui sopra le mie spalle, stamani, con il piccolo zainetto sulla schiena e il cagnolino di peluche in mano che mi chiacchiera di tutto e di più. Per poi mettersi a canticchiare la canzone dei tre porcellini. Ecco, sentire quello scricciolo di voce che intona "siam tle piccoli polcellin, siamo tle, flatellin..." ripaga tutto, di più, ogni lunedì che verrà, ogni ansia da affrontare, ogni lacrima da succhiare via.
Ecco, ora può cominciare qualsiasi lunedì.