di Aldo Casu
Sono proprio questi macinelli a meritare particolare attenzione. Prodotti nel sito, un’industria litica di vaste proporzioni, sono stati ritrovati anche a grande distanza. Nel sito originario gli archeologi ne hanno trovati di piccole dimensioni (25 cm x 10 cm), troppo ridotti per essere utilizzati come macinelli. Ricordiamo che cronologicamente un'industria litica è inquadrabile all'inizio del III Millennio a.C.
E’ facile capire che scolpire un macinello a chiglia di nave fosse decisamente difficile. Tutti i macinelli mostrano segni di usura dovuta all’uso, ma quelli con la chiglia mostrano una lavorazione completamente diversa rispetto agli altri. Una forma non ergonomica e, considerando che la realizzazione avveniva senza l’utilizzo di metalli, chi faticava per ottenerla era spinto da motivazioni che andavano oltre il semplice utilizzo come macinelli. Se osserviamo le navicelle bronzee, riproducenti nei minimi dettagli le navi dell’epoca, si nota che la forma dello scafo è identica a quella dei “macinelli” di Sant’Andrea Frius.
Naturalmente, questi manufatti in pietra non potevano avere la precisione di quelli in bronzo, ma la loro forma particolare induce a pensare che gli artigiani di Su Coduaxiu realizzarono navicelle in pietra, commemorative di un passato lontano, e che l’utilizzo come macinelli avvenne secondariamente, quando, con l’uso dei metalli, ci fu la sostituzione con quelle in bronzo. La componente simbolica dei macinelli in pietra a forma di chiglia di nave, utilizzati per la macinazione delle granaglie, rimase viva nei possessori di questi manufatti.
Le ridotte dimensioni di alcuni reperti trovati recentemente, non lasciano dubbi: questi manufatti non potevano avere utilizzi pratici ma solo una funzione simbolica e commemorativa di un evento o di un’epoca importante in cui le navi ebbero un ruolo fondamentale.
I modelli in pietra più grandi erano più facili da scolpire, ma il ritrovamento di pezzi piccoli suggerisce un tentativo di miniaturizzare questo simbolo. La loro successiva realizzazione in terracotta fa pensare a un tentativo di agevolarne la realizzazione e migliorarne la qualità rappresentativa, raggiungendo il culmine solo con la scoperta del bronzo e della sua malleabilità. Il passaggio dalla pietra alla terracotta forse fu il risultato di un processo spontaneo: col passare del tempo, le riproduzioni in pietra non erano più sufficienti a rappresentare l’importanza di ciò che volevano tramandare ed era necessario realizzare manufatti più particolareggiati. La comparsa, però, delle navicelle di bronzo, sorprendentemente ricche di particolari, pare non sia avvenuta gradualmente in quanto non si conoscono esempi di un progressivo miglioramento delle tecniche di realizzazione.
Si può pensare, pertanto, che in questo passaggio dalla rappresentazione delle navi dalla pietra e dalla terracotta al bronzo, ci sia stata un’influenza esterna, forse l'arrivo nell'isola di genti già esperte nella bronzistica miniaturizzata. Le navicelle in bronzo risalgono al periodo compreso tra il IX e il VI a.C. e nel territorio di Sant'Andrea Frius ci sono degli elementi inediti che inducono a credere che proprio intorno al VII a.C., la cosiddetta "età delle aristocrazie", nell’area si sia stabilita una colonia di genti originarie dell'Anatolia, esperte nell'estrazione e nella lavorazione dei metalli.
Ma la presenza nel territorio di Sant'Andrea Frius di questa etnia non autoctona è un discorso che merita di essere approfondito a parte. Considerando che le navicelle in pietra sono di diverse dimensioni e variano nella forma, più tozza e larga o più stretta e affusolata, sembrerebbe che, nonostante la difficoltà della lavorazione, coloro che realizzarono questi manufatti tentarono di riprodurre i vari tipi di navi, da carico o da combattimento. Se ciò dovesse trovare conferma significherebbe che l'impegno di questi artigiani è stato superiore di quanto possa sembrare a prima vista. Il sito è localizzato sulle montagne, lontano dal mare, e quegli antichi sardi scolpivano ed esportavano navicelle in pietra.
Forse le motivazioni non erano esclusivamente commerciali. Si volle idealizzare il passato, per tenere vivo il ricordo di quell’epoca in cui le navi sarde solcavano il Mediterraneo portando benessere nell’isola.