I Men in black di Craig Warwick

Da Straker

Il libro di Craig Warwick, scritto in collaborazione con Caterina Balivo, "Tutti quanti abbiamo un angelo", biografia del sensitivo nato a Londra, contiene un capitolo, " Men in black", che è di notevole interesse, in quanto conferma, secondo un'angolazione eccentrica, le principali informazioni a proposito degli enigmatici "Uomini in nero".
Bisogna qui precisare che quasi certamente l'autore non è a conoscenza della tradizione xenologica circa i Men in black, risalente agli anni '50 del XX secolo, ma, come la maggior parte delle persone, il suo immaginario è condizionato dalla pessima saga cinematografica con protagonista un patetico Will Smith. Eppure Warwick offre un ritratto somatico e psicologico dei M.I.B. quasi del tutto coincidente con le descrizioni fornite dai testimoni nei primi decenni dell'Ufologia: è un quadro in contrasto con l'edulcorata raffigurazione hollywoodiana.
Warwick riferisce che, recatosi a New York, in occasione del diciottesimo compleanno, cominciò a frequentare una "scuola" per sensitivi, illudendosi di poter migliorare le sue già ragguardevoli capacità. Il giovane si accorse, però, che l'istituto, i cui locali si trovavano in un anonimo edificio della Grande mela, era probabilmente la copertura per sinistre operazioni dei servizi segreti. Perciò, dopo un po' di tempo, egli si allontanò di soppiatto per rifugiarsi nella sede del consolato britannico.
Lo scrittore riporta la sua insolita esperienza nei seguenti termini: "Ero completamente insoddisfatto di come stava andando il mio soggiorno newyorkese. In più c'erano alcuni comportamenti del personale che mi lasciavano perplesso, per usare un eufemismo. Ogni sera, infatti, arrivavano nelle nostre stanze dei personaggi vestiti completamente di nero: giacca, pantaloni, cravatta, persino gli occhiali da sole, anche se il tramonto era già passato da un pezzo. Ricordavano un po' i Men in black del film con Will Smith. La differenza era che in quella pellicola era raccontata una storia divertente: qui, invece, c'era poco da ridere [...] Questi personaggi mi inquietavano. La cosa più strana era che, pur concentrandomi al massimo, non riuscivo ad entrare nelle loro menti. Non potevo leggere alcunché di quello che sapevano o pensavano, nonostante in quel campo stessi compiendo molti progressi. Era come se fossero vuoti ed impermeabili".
I Men in black appartengono al novero delle leggende metropolitane o qualcosa di vero si annida nei resoconti che li riguardano? Esistono anche delle registrazioni video che li immortalano. Il rebus pare lungi dall'essere risolto...
Fonti:
C. Warwick con C. Balivo, Tutti quanti abbiamo un angelo, Milano, 2011, pp. 83-94
R. Malini, U.F.O. il dizionario ufologico, Firenze, 2007, s.v. inerente. L'autore ci ricorda che il primo a scrivere dei M.I.B. (agenti di un potere occulto? Alieni dotati di straordinari poteri telepatici? Androidi?) fu l'ufologo Gray Barker nel 1956 il primo a scrivere di M.I.B., sebbene la prima segnalazione sia del 1947.
N. Redfern, The real Men in black, 2011

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APOCALISSI ALIENE: il libro

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