Aix-en-Provence ha vari motivi per sorridere: innanzitutto è una città universitaria, frequentata da giovani (molti italiani!) che hanno voglia sì di studiare, ma anche di vivere la città a tutte le ore del giorno e della notte; poi è una meta turistica del sud della Francia, e tanti sono i negozietti e i ristorantini turistici che si aprono nelle strette strade del centro storico. E i bistrot, vera anima autentica della Francia. La città è un brulicare di gente, ma soprattutto sono gli abitanti di Aix a percorrere le stradine e le piazze e a frequentare, oltre ai bistrot, i mercati che qui e lì si aprono per la gioia dei miei occhi. I mercati sono per gli abitanti di Aix, non per i turisti; sono una tradizione che giorno dopo giorno, anno dopo anno, decennio dopo decennio si rinnova, ed è talmente radicato nella città da averne occupato quasi ogni piazza disponibile. Il mercato è un rito mattutino al quale i Provenzali difficilmente rinunciano: e i mercati di Aix ne sono la conferma.
Uno dei banchi del mercato alimentare di Aix
Eh sì, Aix-en-Provence è città di mercati. Mercatini di ogni sorta, dall’abbigliamento al mercato alimentare passando dall’antiquariato, ai libri e ai fiori… ogni giorno Aix si riempie di mercati. Che meraviglia.
Il banco del miele – mercato alimentare di Aix-en-Provence
Il corso principale, Cours Mirabeau, ospita il grande mercato dell’abbigliamento e delle scarpe. Banchi su banchi si susseguono dalla statua di re Renato di Provenza, colui che grande impulso diede alla regione e allo sviluppo di Aix, fino in fondo alla strada alberata, che durante il mercato è resa pedonale e sulla quale si affacciano eleganti caffè e negozi. Ma poi basta addentrarsi un minimo nella rete di vicoli che da qui si diparte, prendere una via a caso, che corre tra stretti palazzi e che più o meno tortuosamente compie il suo percorso, e sbucate in una piazza dove il cibo è protagonista. Prodotti del territorio: miele prodotto da api dei dintorni che trasformano il nettare di fiori ed essenze di Provenza, quali la lavanda, le erbe aromatiche, la castagna… è un anziano apicoltore che vende il suo oro liquido con un malcelato orgoglio. Tocca poi ai formaggi di capra, che qui vanno per la maggiore, e a ragione: sono particolarmente aromatici e meritano un assaggio. Non mancano i classici banchi di verdure, della carne, da una parte il pesce (che si sa, puzza) e delle spezie: perché le erbe di Provenza, un mix di essenze del Mediterraneo, è la scusa per vendere anche anice stellato, cannella, curcuma, curry e insomma tutte le spezie che caratterizzano il Mare Nostrum, su qualsiasi sponda noi vogliamo approdare.
I fiori, nella piazza del municipio, sono coloratissimi. Sembra che non potrebbero stare altrove, questi banchi, all’ombra dei grandi alberi dalle foglie dorate che a breve cominceranno a cadere. La piazzetta si presta: il grande palazzo in pietra con la sua porta ad arco veglia da sempre sui commerci. Qua e là anziane signore scrutano i fiori recisi, scelgono i mazzi più belli, buttando sempre un occhio, però, al banco più in là, non si sa mai avesse qualche fiore diverso. Un vecchio col bastone e il cappello calcato sul capo si aggira un po’ sperso invece, alla ricerca, forse, della sua panchina che i banchi ora nascondono alla vista. Ognuno dei passanti potrebbe raccontare una storia, nello svolgersi quotidiano dei mercati.
Il bello di Aix-en-Provence è vagare senza meta per le sue strade, senza consultare la cartina, ma semplicemente camminando. È così che, naturalmente, si arriva alla Cattedrale di Saint Saveur, una bella chiesa gotica che ancora conserva al suo interno il battistero paleocristiano, segno dell’antichità del culto cristiano in Provenza: la cosa non deve stupire, dato che poco lontano da qui, a Saint-Maximin-la-Sainte-Baume si trova, nella sua splendida chiesa gotica, la presunta tomba di Maria Maddalena, alla quale è dedicata una chiesa anche qui a Aix-en-Provence.
Stupisce che i nomi delle strade siano scritti in due lingue, il francese e l’occitano (provenzale). E stupisce come l’occitano sia più simile all’italiano o allo spagnolo che non al francese. Una lingua antica che non vuole farsi dimenticare, che vuole restare incisa sulla pietra, la pietra antica degli antichi palazzi della città. Una città che profuma di una bellezza senza tempo, sospesa, nella sua pigrizia, abbandonata al sole di un Mediterraneo che, forse, non è poi così distante.