I metodi fascisti di Informazione corretta

Creato il 27 novembre 2011 da Istanbulavrupa

Ho parlato varie volte – su questo blog – di Informazione corretta: il sito gestito da pasdaran del sionismo – per i quali Israele ha sempre ragione, qualunque cosa faccia – che prendono di mira chiunque osi contestare i loro mantra. Sono fastidiosi, ma anche divertenti nelle loro colorite e strampalate rivendicazioni. Stavolta però hanno esagerato: perché hanno chiesto la rimozione – dal sito di Ansamed – di un dispaccio sui prigionieri palestinesi liberati da Israele nell’ambito dello scambio col soldato franco-israeliano Gilad Shalit ed esiliati in Qatar. Quel che è più grave, sostengono che il direttore dell’Ansa – Luigi Contu – gl’avrebbe assicurato che l’articolo sgradito ai tifosi di Israele nostrani verrà cancellato dal web (anzi, hanno già cantato vittoria: “grazie alle proteste arrivate a ANSA, l’articolo di Alma Safira è stato cancellato dal sito di ANSAmed. Riconosciamo con piacere al direttore Contu il merito di essere intervenuto per cancellare un articolo indegno di apparire in un paese, il nostro, che si vanta di avere una informazione libera e democratica, mentre troppo spesso è asservita alla propaganda palestinese.” Insomma, il bue che dice cornuto all’asino!). Per il momento è ancora online: e credo che in ogni caso debba rimanerci, perché la libera informazione in uno stato democratico non può essere ostaggio di lobby che usano metodi fascisti; sì, metodi fascisti: da squadristi dell’era digitale!

L’articolo lo riproduco integralmente in questo post, spero che chi crede nella libertà in questo paese gli dia la massima visibilità:

(di Alma Safira) (ANSAmed) – DOHA, 24 NOV – A metà ottobre l’israeliano Gilad Shalit è stato liberato in cambio di 1.027 prigionieri palestinesi di cui 15 sono stati trasferiti in Qatar in accordo con Israele. Sono giovani, solo tre hanno qualche capello bianco, quasi tutti studiavano all’università prima di finire nelle prigioni israeliane. Sono arrivati a Doha il 19 ottobre e ora sono ospitati dal Qatar che si occupa di ogni loro esigenza materiale e anche spirituale. Appena liberati infatti il Qatar in accordo con l’Arabia Saudita ha portato gli ex detenuti a fare l’Haj, il pellegrinaggio pilastro dell’Islam, durante il periodo di Eid, festa islamica del sacrificio. Ora vivono in un albergo nella zona residenziale di Al Dafna, West Bay, al centro della capitale Doha. E’ passato oltre un mese dal loro arrivo, per ora non lavorano né studiano, ma sono pronti a crearsi una vita in Qatar dal momento che per ora non gli è consentito tornare in Palestina.

Mosa Dodeen è stato quasi 20 anni in carcere, prima era uno studente di chimica all’università di Hebron. Ha continuato a studiare anche in prigione e ha ottenuto un master in Business Administration all’Università di Washington e ora vorrebbe continuare a studiare. Majde Amro ha 33 anni di cui un terzo passati in carcere avendo una condanna per 190 anni di galera.

Studiava ingegneria elettronica al Politecnico e ora vorrebbe continuare a studiare anche lui. “Penso di rimanere in Qatar per circa 5 anni. Passato questo periodo forse avrò la possibilità di tornare in Palestina e voglio continuare a combattere per la mia gente”, ha dichiarato Amro. Sembra che tutti vogliano riprendere la loro vita da dove l’avevano lasciata prima della prigionia come se si potessero annullare quegli anni in carcere, una esperienza però difficile da cancellare. Quando raccontano della loro vita prima del carcere sembra che stiano parlando di un’altra persona, non di sé, perché ormai quel passato è così lontano da sembrare quasi estraneo, ma si aggrappano con tutte le loro forze a quella gioventù in libertà per ritrovare un punto da cui ripartire.

Tarq Ziad ha 30 anni di cui 9 passati in carcere. Prima lavorava come calzolaio, mentre ora vorrebbe studiare in Qatar.

Quasi nessuno di loro ha una moglie o dei figli, ma tutti hanno una famiglia in Palestina che ora si sta cercando di far venire in Qatar. “Sono felici di essere liberi, ma non possono tornare a casa loro in Palestina. Potrebbero passare mesi o anni prima che possano ritornare a casa e intanto il governo qatarino si sta occupando di loro anche attraverso una futura integrazione nel mercato del lavoro locale”, ha dichiarato Munir Ghanam, ambasciatore palestinese in Qatar.



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