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I miei (bellissimi) ricordi nello Judo tradizionale (parte 3ª)

Da Stefano Bresciani @senseistefano
Data: 26 febbraio 2016  Autore: Budo Friends judo tradizionale

Ed ecco la terza e (per ora) ultima parte di “ricordi” sullo Judo tradizionale dell’amico budoka e fotografo Mario Madei.

Buona lettura e… riflessione sul tema che rimbalzerò sempre più spesso sulle pagine di BudoBlog:

“Meglio lo Judo sportivo o lo Judo tradizionale?”

Quanto ho appreso dal Grande Maestro Franco Cappelletti quando da ragazzo facevo Judo? Un’enormità! Ricordo come fosse ieri…

Il Maestro ci spiegava che c’erano diversi modi di fare, di intendere lo Judo, e ci spingeva a meditare sull’essenza delle Tecniche; apprendevamo che c’erano così diversi modi d’interpretare e mettere in pratica l’arte , c’era un modo di conoscenza dove Uke era l’insostituibile mezzo che ti serviva per imparare (a “fare” judo) e c’era un modo (così lo definiva) più pesante dove questo veniva quasi messo da parte e si sviluppava invece lo studio della supremazia (per vincere in gara) sull’avversario.

In un modo studiavi e capivi come controllando IL TUO baricentro potevi avere dominio di quello dell’altro, nell’altro studiavi e mettevi in pratica come fare la giusta presa per tirare (vocabolo che usava spesso il Maestro Cappelletti) un judo che era si di tecnica ma anche *di forza*. I due mondi sembravano separati, ma Lui era bravo a mostrarci come in realtà fossero uniti e solo un “determinato indirizzo” (politico, sportivo) ci tenesse a far prevalere un modo sull’altro. Oggi mi è tutto più chiaro, e un velo di malinconia mi assale quando penso a quanti non capiranno l’essenza del judo a causa dell’impostazione che gli è stata data nel tempo (judo di forza, contrapposto allo judo Kodokan) . In un tipo di Judo lo studio dei “movimenti” , degli “spostamenti” e degli “squilibri” aveva un unico scopo: scoprirsi il meno possibile e impedire ad Uke di mettere in atto le sue difese.

Gli spostamenti “ayumi-ashi” e “tsugi-ashi” erano spasmodicamente tesi a creare un Kuzushi (squilibrio) che premettesse il corretto inserimento di Tori (nella sua tecnica) e con questa di prevalere sull’altro, non c’era studio filosofico ne meditativo sul concetto del Tai; nell’altro invece si capiva come lo Shintai fosse e dovesse essere in armonia con la scelta di come muovere i piedi e le gambe, non più quindi Ayumi-Ashi e Tsugi-Ashi ma bensì Ayumi-ashi e Tsuri-ashi, non più piedi che si susseguono in forme preordinate nel movimento ma la scelta a livello addominale di muovere il piede (e la gamba) ora strisciando sul terreno (tatami) ora sollevando (il piede) come se si dovesse camminare alla occidentale.

In un tipo di Judo ci si spostava per colpire, nell’altro lo studio sul concetto del “Tai” portava ad utilizzare al meglio il Tai-sabaki per portarsi fuori dall’azione vitale dell’avversario , sfruttare così la sua forza d’urto e impiegarla contro di lui, e vincere con minimo sforzo, il massimo risultato e il massimo controllo, nel Kodokan nessuno dei due doveva ferirsi, nel Judo agonistico invece talvolta accade.

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