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Sembrerebbe, in questa sordida storia, che sia sbagliato il contesto, ma se invece ammettiamo che il nostro agire, nella fattispecie il rispetto che noi occidentali abbiamo storicamente attribuito al cane, possa essere preso come modello universale, come diceva Kant, allora è condannabile sia l’azione compiuta da quel giovane toscano, sia la macellazione compiuta in estremo oriente, da buongustai con gli occhi a mandorla. In altre parole, dovremmo accettare, in un’ottica relativistica, che l’occidente non abbia prodotto niente di buono che possa essere applicato all’umanità intera, o possiamo ammettere che di alcuni principi morali noi bianchi possiamo andare fieri, principi che dovrebbero essere presi a modello da africani, asiatici e altre popolazioni non occidentali?
Se è vero che il fenomeno mafioso germoglia su un substrato culturale idoneo alla prevaricazione, ovvero in una cultura meridionale in cui i rapporti di forza fra individui sono meno lubrificati che nel nord Italia, forse si può trovare un’analogia anche con l’odiosa macellazione del cane. Nel senso che forse si può vedere tale atto come la punta di un iceberg, l’apoteosi di un substrato culturale antropocentrico, di matrice contadina, che non ci permette ancora di vedere nemmeno nell’animale domestico un membro della famiglia.
Il gatto della foto, per esempio, ha preso una botta sul muso, da una macchina o direttamente dal piede di un essere umano. E’ rimasto dieci giorni in attesa o della morte o di qualche anima pia che lo portasse dal medico. Per fortuna è arrivata la seconda e la frattura alla mandibola è stata curata. Così, applicando la campana di Gauss, abbiamo una minoranza di minorati che uccide e mangia animali d’affezione, una minoranza di buoni samaritani che si prende cura di loro e la stragrande maggioranza di persone che restano indifferenti. Se la nostra specie si estinguerà fisicamente, poiché moralmente siamo già estinti, senza essercene resi conto, non sarà per colpa dei minorati mentali, ma della maggioranza di indifferenti. Ed è giusto che sia così. In fondo, anche l’universo resterà indifferente alla nostra estinzione.