Parlare di Cosa nostra, denunciare i suoi malaffari e le inevitabili collusioni con la politica, però, non significa affatto “diffamare” questo territorio, “gettar fango” su un’intera regione e sui suoi cittadini!
Vuol dire, piuttosto, denunciare “il male” alla radice affinché venga finalmente diagnosticato e curato dalle Istituzioni e dalla Società civile insieme.
La Sicilia non è solo terra di “boss, picciotti e colletti bianchi”.
Quest’Isola “maledetta”, piuttosto, è soprattutto terra di gente per bene che ha lottato contro l’arroganza mafiosa, spesso pagando a caro prezzo il proprio coraggio, orgoglio o senso dello Stato.
Scorrendo il lungo elenco di protagonisti dell’antimafia vittime della mafia, dunque, non a caso si scopre una verità di certo scontata ma spesso sottovalutata: a morire per mano mafiosa sono spesso siciliani, gente onesta che pagato al prezzo della vita il proprio rifiuto a sottostare al racket mafioso o il coraggio di denunciare certi malaffari o il semplice adempimento del proprio dovere al servizio delle Istituzioni!
Spesso a rimanere nella memoria collettiva, però, sono solo in pochi: i giudici Facole e Borsellino su tutti, ad esempio, certamente protagonisti di una lotta a viso aperto contro la Mafia “fuori” e “dentro” le Istituzioni.
Così ragionando, però, si rischia di fare un torto imperdonabile alla storia: quello di dimenticare o sminuire il ruolo di tutti quei semplici cittadini per bene, mai arrivati alla ribalta dei giornali o della televisione, che hanno comunque contribuito a loro modo e in determinante alla stessa lotta di Falcone e Borsellino!
QUAL’E’ LA VERITA’ SUI FATTI DELL’ADDAURA?
In questi giorni, in particolare, sta emergendo un’altra verità sul fallito attentato dell’Addaura contro Giovanni Falcone del giugno 1989, la quale:
- smentirebbe tutte le ricostruzioni all’epoca alimentate ad arte con la probabile complicità di uomini dello Stato (della Magistratura e dei Servizi deviati);
- e, soprattutto, riabiliterebbe la memoria di Nino Agostino ed Emanuele Piazza.
Nino ed Emanuele erano due giovani poliziotti palermitani che -rivelano solo adesso nuovi pentiti- hanno avuto il merito di sventare per tempo l’attentato esplosivo progettato ai danni di Falcone nella villa dove il giudice trascorreva le sue vacanze estive.
Proprio per questo, allora:
- Nino è stato brutalmente ammazzato a colpi di pistola (assieme alla moglie incita) appena 2 mesi dopo i fatti di quel giugno;
- mentre Emanuele è stato rapito e strangolato 9 mesi dopo il fallito attentato!
Nino ed Emanuele, dunque, sono morti fuori servizio ma a causa dell’esemplare “servizio” da loro svolto!
In tutta questa vicenda, però, la cosa che più indigna e lascia esterrefatti è il comportamento tenuto dallo Stato nei confronti di questi suoi servitori, evidentemente finiti nel mirino di quelle “forze oscure” dello Stato che lavoravano per “altri interessi”.
Nino ed Emanuele, così, sono stati per questo oggetto della peggiore infamia possibile (e più comune in questi casi): la delegittimazione, l’isolamento e il discredito!
In un primo momento, allora, sono stati addirittura sospettati di aver partecipato alla preparazione dell’attentato dell’Addaura (ossia, di essere “talpe” dello Stato in mano a Cosa nostra!).
Dopo la loro morte (ad opera certamente della Mafia, non sappiamo se su ordine di uomini di Cosa nostra o dello stesso Stato), invece, si è tentato di mettere a tacere la loro memoria depistando le indagini sui loro omicidi spacciandoli per fantomatici e improponibili “delitti passionali”!
Questa è la nuova verità che sta lentamente emergendo grazie allo straordinario lavoro di altri uomini dello Stato come i pm di Palermo Antonio Ingroia ed Erminio Amenio, che hanno riaperto le indagini sull’attentato dell’Addaura col supporto di nuove dichiarazioni di due collaboratori di giustizia.
Adesso, dunque, è venuto il momento che si faccia finalmente piena luce sulla vicenda!
Al sacrificio di Antonio ed Emanuele il nostro Paese deve “enorme riconoscenza”.
Ciò non per far mero sfoggio di “retorica”, bensì perché è loro merito quello di aver salvato la vita al giudice Falcone nell’89, consentendogli di proseguire ancora per qualche anno la propria preziosa attività antimafia.
Agostino e Piazza non sono degli eroi (e come tale, sono sicuri, non vorrebbero essere ricordati): sono soltanto un esempio di uomini dello Stato che hanno compiuto fino in fondo il proprio dovere, di uomini “di” e “con” valori!
Sul punto, invito a visionare:
- l’interessantissimo video-inchiesta realizzato da “la Repubblica” su: http://tv.repubblica.it/le-inchieste/la-verita-sull-attentato-a-falcone/46713?video
- e il sito costruito dal padre di Emanuele, Giustino Piazza, su: www.emanuelepiazza.it
PEPPINO NON E’ SOLO, PEPPINO NON E’ UNO!
In questi giorni, contestualmente, a Cinisi si riunisce il “Forum Sociale Antimafia” per ricordare:
- l’impegno antimafia di un altro giovane, Peppino Impastato
- e la lunga lotta per la verità della madre, Felicia Bartolotta.
Anche Peppino Impastato è stato assassinato dalla mafia, il 9 maggio del 1978, per ordine del boss Tano Badalamenti.
Anche intorno all’assassinio di Peppino, inoltre, non sono mancati i depistaggi e le collusioni Stato-Mafia:
- le forze dell’ordine, in un primo momento, hanno tentato di far passare l’omicidio per un suicidio o, addirittura, per un tentativo di attentato terroristico dalla stessa vittima orchestrato ma andato a male;
- e si sono dovuti attendere molti anni prima che le sentenze della Magistratura riconoscessero in Badalamenti il mandante del delitto.
Di Peppino Impastato, però, ce ne sono ancora tanti nel nostro Paese, spesso ignoti!
Di genitori come Felicia Impastato che da anni chiedono semplicemente verità e giustizia alle Istituzioni per i propri figli morti “ammazzati” apparentemente “senza un perché” ce ne sono ancora troppi!
Per questo il mio invito è quello di non perdere questa l’occasione di questa celebrazione (che si terrà a Cinisi dal 6 al 9 maggio):
- per ricordare tutti gli altri Peppino Impastato (noti e ignoti) che la storia siciliana ci ha lasciato;
- e per mostrare solidarietà e vicinanza ai familiari di Nino Agostino ed Emanuele Piazza (cosa che, credo, faccia più di ogni altra onore alla memoria di Felicia Impastato…).