Eugène Sue (1804-1857)
Il romanzo procede per intreccio dei diversi filoni, ciascuno corrispondente alla storia di un personaggio, ma tutti tornano a Rodolphe e alla Goualeuse, mantenendo unita la trama del racconto, spesso ricorrendo alla forzatura del motivo della coincidenza, che porta casualmente il principe di Gerolstein a incontrare personaggi cui lui stesso o la sua prima protetta appaiono legati. Anche se talvolta il prolungato abbandono di un personaggio ai fini di seguirne un altro e l'infittirsi della narrazione sembrano divagazioni superflue e rischiano di far perdere i collegamenti, in nostro aiuto interviene il tipico meccanismo dell'autore onnisciente, che sottolinea informazioni importanti, sovrappone prospettive e ci mette a parte di ciò che per protagonisti è oscuro, senza però attenuare l'effetto sorpresa e la suspense, che, invece, in certi momenti tocca punte di grande tensione ed entusiasmo. Nel corso delle oltre mille pagine del romanzo si susseguono rapimenti, omicidi, retate, risse, atti eroici e sovrumani, come quello della Louve, compagna di prigione di Fleur-de-Marie e da lei redenta, che salva prima la stessa Goualeuse, poi l'uomo che ama; e trovano spazio anche siparietti comici, quando assistiamo ai tormenti del portinaio Pipelet, molestato da un pittore che abitava nella sua palazzina e che gli tende continui, imbarazzanti assalti.Il mercato del Temple, uno dei luoghi frequentati dai protagonisti
Non manca, da parte di Sue, il tentativo di addentrarsi nell'aspetto sociale del romanzo, suggerendo analisi del motivo per cui il crimine sia tanto diffuso e i rimedi che potrebbe porvi la legge e dedicando ampie sezioni de I misteri di Parigi alla descrizione del degrado che si concentra e si potenzia all'interno delle carceri e alle contraddizioni delle esecuzioni capitali. Ciò avviene attraverso le vicende dei personaggi, ma anche con lunghe tirate che si fanno sempre più pesanti e diventano preponderanti rispetto alla narrazione. Nella dettagliata prefazione all'edizione Rizzoli, Umberto Eco racconta che, un anno prima della pubblicazione de I misteri di Parigi, Sue sarebbe uscito dalla casa di un operaio gridando «Io sono socialista!», e il suo interesse per il popolo e per i disagi dei poveri appare forse genuino, ma travisato secondo una morale fortemente conservatrice, che è stata messa alla berlina da Edgar Allan Poe, Vissarion Belinskij e Carl Marx: il riscatto dei miserabili avviene attraverso un ricco principe, mentre per coloro che manifestano un autentico sentimento di redenzione il senso della convenienza interviene a proporre una riabilitazione basata su un lacerante senso di colpa e vergogna e che passa, in modo molto manzoniano, attraverso la divinità, la provvidenza e l'agonia. Ecco perché il romanzo si Sue è ben lontano, negli esiti, dall'impegno dei naturalisti e, semmai, è più vicino ai romanzi delle false speranze di cui si abbuffa Emma Bovary e che Flaubert criticherà tanto duramente (Eco ci ricorda che, emblematicamente, Sue muore nel 1857, l'anno in cui, con la pubblicazione di Madame Bovary, ha inizio l'evoluzione del Realismo in Naturalismo).
Incipit del romanzo
Questo pesante accento moralistico si addensa nell'ultima parte del romanzo e nell'epilogo, dove si concentrano diverse cadute di stile che minano il fascino complessivo del romanzo e dove, di conseguenza, vengono recisi alcuni dei fili della narrazione che avevano legato Rodolphe e la Goualeuse a diverse comparse: da un lato perdiamo irrimediabilmente le tracce di alcune figure introdotte tardivamente, dall'altro siamo proiettati in un orizzonte di angoscia, tristezza e bigottismo che rendono impellente il desiderio di arrivare alla fine. Insomma, le ultime cento pagine de I misteri di Parigi risultano incoerenti con l'orientamento narrativo, narratologico e ideologico delle parti precedenti e il romanzo perde così la possibilità di assurgere a capolavoro. Se questo improvviso collasso dell'impianto romanzesco non distrugge del tutto la godibilità e il pregio dell'opera, possiamo tuttavia tranquillamente affermare che I misteri di Parigi si sarebbe potuto interrompere ben prima, senza tentare una conclusione di cui non si sente affatto il bisogno.«Nonostante le infinite gentilezze di cui sono oggetto, il mio sarà sempre un destino miserabile; voi e la signora Georges, facendomi conoscere la virtù, mi avete fatto conoscere anche la profondità della mia passata abiezione; nulla potrà impedirmi di essere stata il rifiuto di ciò che vi è di più spregevole al mondo. Ahimè! Poiché la conoscenza del bene e del male doveva essermi così funesta, perché non sono stata abbandonata al mio infelice destino!» (Fleur-de-Marie a Rodolphe)C.M.