I Monaci Vittorini 2° parte di 3

Creato il 04 ottobre 2010 da Pierluigimontalbano

Chiese romaniche dei monaci vittorini nel Meridione sardo di Roberto Coroneo
I giudici donarono ai monaci vittorini le chiavi di volta del culto martiriale del Sud della Sardegna: San Saturnino di Cagliari, Sant’Efisio di Nora e Sant’Antioco di Sulci, tutti protomartiri locali. Mentre le due chiese erano santuari ai quali fin dai secoli precedenti si legava una presenza monastica, Sant’Antioco era sede cattedrale, per cui si ebbero contrapposizioni forti fra i monaci vittorini e i vescovi della diocesi sulcitana perché i vittorini, oltre al ruolo economico, svolgevano un ruolo politico attivo per le sorti del giudicato. Altra ricaduta positiva della presenza dei monaci nel giudicato di Cagliari fu quella dell’attivazione dello scriptorium di San Saturnino. Nei monasteri lo scriptorium era l’ambiente nel quale si trascrivono i manoscritti e si confezionano i codici miniati che costituivano il patrimonio di ogni biblioteca e di ogni archivio medievale. È in questo momento della presenza vittorina che si formano quei nuclei testuali definiti Passiones, ossia la narrazione della vita, fra storia e leggenda, fra culto e tradizione, degli antichi santi martiri isolani.
A partire dal 1089 circa i Vittorini ebbero in donazione numerose chiese, che conosciamo attraverso gli atti con i quali i giudici le concedevano loro, affinché impiantassero i monasteri. Alle prime tre chiese si aggiungono quella di San Giorgio di Decimoputzu e numerose altre, fino all’ultimo inventario del 1338 che consiste in un censimento dei beni dell’ordine dei Vittorini in Sardegna. In quel periodo l’ordine era in forte decadenza e verrà sostituito nella sua funzione politica da francescani e domenicani che da qualche decennio costituivano la forza emergente nel contesto della società europea.

La chiesa di San Saturnino sorge a Cagliari in un’area cimiteriale di epoca romana nella quale trovò sepoltura il martire locale Saturnino che la leggenda agiografica ci dice martirizzato sotto Diocleziano intorno all’anno 303. Nel santuario sorse una chiesa bizantina intorno alla metà del VI secolo, dopo la riconquista della Sardegna da parte di Giustiniano. La chiesa è rilevante dal punto di vista monumentale e architettonico anche nel panorama mediterraneo. Visto che conosciamo l’anno dell’atto di conferma della donazione, il 1089, possiamo certamente affermare che questa chiesa fu donata prima del 1089 ai monaci vittorini. Prima dell’ultima guerra la chiesa si presentava in stato di abbandono, trasformata da interventi edilizi subiti nel corso dei secoli. Nell’ultima guerra una granata colpì la chiesa provocando dei crolli e notevoli danni alla struttura architettonica. Fortunatamente la cupola rimase integra ma una copertura della chiesa rovinò al suolo e questo obbligò l’allora soprintendente Raffaello Delogu a procedere ai restauri dell’edificio. Fu l’occasione di studiare il monumento e nel restauro se ne propose un’interpretazione che diede all’edificio l’aspetto che possiede ancora oggi, a eccezione di alcuni muri che sono stati sostituiti da vetrate. Delle parti più antiche della chiesa bizantina resta soltanto la struttura centrale data da quattro grossi pilastri sui quali appoggiano altrettante grandi arcate per l’imposta della grande cupola centrale. Le strutture murarie ai lati appartengono alla ristrutturazione curata dai monaci vittorini che ricostruirono parte dell’edificio, probabilmente in cattivo stato al momento della donazione. L’intera parte orientale della chiesa, quella che si chiude con l’abside, appartiene a questa ricostruzione. Si tratta della muratura semicircolare che circonda l’altare e di alcune strutture che si notano a livello di fondazione. Non è dato di capire con precisione come fosse la chiesa in origine né come si presentasse quando fu donata ai monaci vittorini nel 1089.

L’ipotesi parte dall’impianto tipico delle chiese bizantine a croce. Ai bracci ovest ed est se ne aggiungevano altri due che li intersecavano in direzione nord e sud. L’impianto doveva essere cruciforme con al centro la cupola. Una prima prova l’abbiamo in un disegno del 1631 contenuto in un manoscritto cartaceo della Biblioteca Universitaria di Cagliari. Il titolo è Alabanças de los santos de Cerdeña (“Celebrazione dei Santi di Sardegna”) e si deve a un ecclesiastico della cerchia arcivescovile cagliaritana in un momento in cui si intraprendevano ricerche archeologiche per ritrovare le reliquie dei martiri. Nel manoscritto si trovano inseriti due fogli che presentano la pianta cruciforme e una veduta della chiesa. Il fulcro è la cupola in muratura, impegnativa dal punto di vista strutturale, che presenta quattro finestrelle poste nei punti cardinali legati alla simbologia medievale che voleva le cupole ispirate al cielo, elemento di raccordo fra la sfera terrena e il cosmo. La struttura che regge la cupola è un cubo dato da quattro arcate dalle quali partivano i bracci che creavano la chiesa a forma di croce.
Osservando attentamente la cupola si nota che manca l’omogeneità della tecnica costruttiva; si intuisce che si è verificato un crollo e si è proceduto a una ricostruzione. I giri di pietra alla base della cupola sono blocchi in pietra grandi e allineati, mentre al di sopra di questi la tecnica cambia e si passa a piccole pietre a forma di mattoncini. Forse furono proprio i Vittorini a curare questo restauro murario, così come fecero per i quattro bracci della chiesa bizantina a croce che risultavano danneggiati. Anche i quattro robusti pilastri sono ricostruiti senza seguire lo stile architettonico classico che aveva ispirato la costruzione originale. In età romana negli spigoli si inserivano le colonne, come si nota nelle ville e nelle terme. Nella ricostruzione di San Saturnino i Vittorini si basarono invece sulle forme dell’architettura romanica europea dell’XI secolo, applicate dai monaci architetti che in Provenza, Costa Azzurra e Catalogna furono gli artefici della prima architettura romanica europea. Le stesse architetture esistevano in Valle d’Aosta, Liguria, pianura padana, Lombardia, Emilia fino ad arrivare in Toscana.
Immagini delle chiede di San Saturnino, Sant'Antioco e San Giovanni di Sinis sono di di diocesidicagliari.it, cattoliciromani.com, spazioinwindi.libero.it
Fonte: atti del convegno di Nora nell'ambito della rassegna "Viaggi e Letture" a cura di Pierluigi Montalbano

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