Il Partenariato Trans-pacifico (Trans-Pacific Partnership – TPP), attualmente in fase di negoziazione tra undici economie di entrambi i lati del Pacifico, rappresenta un eccezionale accordo commerciale grazie al suo ambizioso proposito di coprire un numero elevato di questioni e all’enfasi posta sulle nuove normative1. Tuttavia, l’accordo potrebbe riorganizzare l’architettura del commercio regionale nell’area dell’Asia-Pacifico, programmando una strategica divisione economica tra gli Stati Uniti e la Cina. Questa analisi esamina le prospettive di Stati Uniti e Cina al fine di sostenere che una divisione, se non inevitabile, è tuttavia sempre più probabile
OMC-plus e le questioni domestiche
All’interno del TPP si stanno discutendo non solo le questioni legate all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) – ovvero i diversi aspetti che riguardano ulteriori approfondimenti rispetto agli impegni già assunti dai membri dell’OMC (ossia il cosidetto OMC-plus) – ma anche tematiche supplementari al di fuori dell’attuale mandato dell’OMC (ossia OMC-extra)2. Gli argomenti in fase di discussione relativi all’OMC-plus includono un’ampia e profonda eliminazione delle barriere tariffarie tra i membri inclusi nella negoziazione, la rimozione degli ostacoli tecnici al commercio internazionale (technical barriers to trade – TBT), e specifici impegni nello sviluppo del commercio di servizi attraverso le frontiere. Le misure per raggiungere quest’ultimo obiettivo hanno come presupposto nuove regole sulla proprietà intellettuale, norme che possano determinare all’origine il valore aggiunto, l’accesso al mercato nel settore tessile e in quello relativo all’abbigliamento, così come misure commerciali che permettano di risolvere i problemi relativi ai diritti e agli obblighi dei paesi membri. L’ambiente e gli standard di lavoro, gli appalti pubblici, la politica concorrenziale, le leggi doganali, l’e-commerce e i servizi finanziari rappresentano invece il gruppo di questioni supplementari su cui si stanno concentrando i negoziati. Il TPP mira inoltre alla convergenza normativa tra i paesi membri. Il raggiungimento della convergenza normativa figura tra gli obiettivi poiché permetterebbe di facilitare la continua crescita dello scambio di beni e servizi tra i paesi membri, riducendo al minimo i costi legati alle divergenze tra le varie normative nazionali. Tali divergenze possono essere considerate come quei fattori “domestici” che aumentano i costi del commercio internazionale, incidendo negativamente sulla competitività degli esportatori e sulle loro prospettive di accesso al mercato.
Il ruolo propositivo degli Stati Uniti
Lo scopo ambizioso ed espansivo del TPP ha molto a che fare con il forte impegno che gli Stati Uniti hanno mostrato verso i lavori di preparazione. Il loro coinvolgimento è stato guidato dalla realizzazione di diversi obiettivi. Il TPP fornirà agli Stati Uniti un modello economico e commerciale regionale che potrà trasformarsi facilmente in un quadro di riferimento per futuri accordi regionali che potranno coinvolgerli. Questi accordi, al pari del TPP, potranno essere risolutivi per affrontare una serie di questioni supplementari rispetto al quadro di riferimento principale offerto dall’OMC (altri aspetti dell’OMC-plus), come del resto già avviene per diversi accordi commerciali statunitensi, in linea con i vantaggi relativi degli Stati Uniti. Un TPP negoziato con successo secondo queste linee guida potrà aiutare gli Stati Uniti a costruire un più profondo punto d’appoggio nella regione dell’Asia-Pacifico rispetto ai settori da cui può trarre specifici vantaggi comparati (ad esempio quelli relativi al commercio di prodotti digitali e per l’intrattenimento), contribuendo al rilancio dell’economia interna statunitense grazie all’incremento delle esportazioni e alla creazione di nuovi posti di lavoro. Il TPP potrà inoltre aiutare gli Stati Uniti ad aumentare la propria presenza economica nell’area dell’Asia-Pacifico, regione fortemente interconnessa attraverso una fitta rete di accordi commerciali bilaterali; si tratta di accordi dominati in larga misura dall’ASEAN, dalla Cina e dal Giappone, all’interno dei quali gli Stati Uniti generalmente non sono presenti
Prospettiva e contro-risposta cinese
Molte implicazioni dell’accordo stanno diventando critiche per la Cina. Partendo da un’ampia prospettiva geostrategica, il TPP potrebbe facilmente essere percepito con un tentativo statunitense di delimitare l’influenza cinese. Questa percezione deriva soprattutto dalle caratteristiche degli Stati che hanno preso parte ai negoziati, tra i quali vi sono alleati politici, militari e strategici degli Stati Uniti come Australia, Canada, Giappone, Messico e Singapore. La presenza del Vietnam all’interno del TPP è un ulteriore elemento d’irritazione per la Cina. Il disagio cinese rispetto all’accordo è dovuto anche all’enfasi posta sulle questioni supplementari (OMC-plus), rispetto alle quali la Cina ha delle visioni profondamente diverse rispetto a quelle degli Stati Uniti e delle altre economie dell’OCSE. La regolamentazione cinese sulla proprietà intellettuale e quella sugli appalti pubblici, potranno ad esempio difficilmente avvicinarsi a quelle che saranno probabilmente adottate dal TPP.
Le impressioni negative che il TPP ha suscitato in Cina coesistono con le alternative visioni pragmatiche secondo le quali entrare nel TPP potrebbe essere economicamente vantaggioso per la Cina perché limiterebbe la potenziale diversione degli scambi e degli investimenti derivante dall’accordo. L’adesione della Cina al TPP nel lungo periodo, per quanto improbabile possa sembrare adesso, rappresenta almeno una teorica possibilità, dato che il TPP probabilmente avrà al suo interno una clausola di annessione che potrebbe permettere ad altre economie dell’APEC di aderirvi. Il TPP ha inoltre provocato numerose reazioni nell’area dell’Asia-Pacifico, attivando sforzi paralleli d’integrazione regionale. Queste azioni nella regione sono in genere suddivisibili in sforzi trans-pacifici che coinvolgono gli Stati Uniti, e sforzi asiatici, che invece li escludono. Entrambi i canali procedono indipendente l’uno dall’altro, con gli sforzi asiatici – o l’approccio Asia-centrico all’integrazione – animato dall’obiettivo di coniugare le economie attraverso iniziative come l’Est Asia Summit (EAS) e l’ASEAN + 3. La via asiatica assume la centralità dell’ASEAN in un modello d’integrazione radiale. L’ultimo sforzo all’interno di questo approccio è rappresentato dal Partenariato economico regionale (Regional Comprehensive Economic Partnership – RCEP), annunciato nel novembre 2012 al fine di riunire all’interno di un quadro unitario tutte le economie asiatiche con le quali l’ASEAN ha accordi bilaterali di libero scambio (ALS). Composto da ASEAN, Australia, Cina, India, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud, il RCEP è stato sostenuto con entusiasmo dalla Cina.
La Cina e il RCEP
Molto probabilmente la Cina vede il RCEP come un’opportunità per bilanciare alcune delle proprie perdite economiche e strategiche derivate dal TPP. Il RCEP ha grande portata economica e rappresenta una quota significativa del commercio internazionale. La sua quota rispetto al PIL mondiale, misurato in termini di parità di potere d’acquisto (PPA), è del 33,6%, superiore quindi alla quota del 26,1% corrispondente all’attuale gruppo del TPP, formato da 11 membri. Il peso del TPP potrebbe aumentare al 34,4% del PIL mondiale (PPA) con l’adesione di Giappone, Corea del Sud e Thailandia. Inoltre il TPP attualmente rappresenta il 20,7% del volume degli scambi di merci e il 20,9% dei servizi commerciali. Mentre queste percentuali potrebbero aumentare in modo sostanziale con l’adesione di Giappone, Corea del Sud e Thailandia, in questo momento il RCEP rappresenta una quota maggiore del commercio mondiale, con valori corrispondenti al 27,7% nello scambio di merci e al 22,5% nei servizi. Per la Cina sarà semplice intervenire nei negoziati del RCEP, dal momento che si prevede un evolversi dell’accordo che presenti alcuni aspetti caratterizzanti i negoziati asiatici, con cui la Cina ha grande familiarità.
A differenza del TPP, questi negoziati dovrebbero essere non vincolanti e condotti su base volontaria. TPP e RCEP potrebbero differire per caratteristiche strutturali, in modo tale da mettere in evidenza le differenze tra gli accordi bilaterali di libero scambio degli Stati Uniti e quelli dell’ASEAN. Come osservato in precedenza, gli accordi di libero scambio degli Stati Uniti pongono maggiore attenzione alle questioni definite OMC-plus, come le barriere non tariffarie al commercio, l’e-commerce, gli appalti pubblici, gli investimenti, i servizi, il lavoro e l’ambiente. Gli accordi interni all’ASEAN pongono minore attenzione a questi temi e sono più “accomodanti” rispetto alle esigenze degli Stati membri; grazie alla concessione di norme speciali e trattamenti differenziati, permettono infatti maggiore flessibilità nel raggiungimento dei diversi obiettivi di riduzione delle barriere tariffarie.
La Cina (così come l’India, l’altra grande economica regionale presente nel RCEP e non nel TPP) sente maggiore familiarità con il RCEP non solo per la minore enfasi posta sui temi OMC-plus, ma anche per l’approccio flessibile e non vincolante che caratterizza l’impostazione asiatica. In relazione a tutto ciò, il paese favorisce la centralità dell’ASEAN nei negoziati dell’RCEP. Oltre all’RCEP la Cina sta partecipando attivamente anche ad altre iniziative volte a favorire l’integrazione asiatica, come gli accordi trilaterali di libero scambio con il Giappone e la Corea del Sud, finalizzati a mantenere la sua presenza strategica e l’accesso al mercato nell’area dell’Asia-Pacifico.
Nuova architettura commerciale e divisione strategica
Lo stato di avanzamento dei negoziati sul TPP e la risposta rappresentata dal RCEP, stanno riorganizzando l’architettura commerciale della regione dell’Asia-Pacifico in blocchi distinti basati su modelli negoziali specifici. Questi blocchi riflettono inoltre gli interessi economici e strategici di Stati Uniti e Cina. Con i negoziati dell’RCEP in corso, i progressi relativi sia al TPP che all’RCEP potrebbero influenzarsi reciprocamente. Una sovrapposizione delle tematiche affrontate in entrambe le trattative è inevitabile, data la presenza di membri comuni (Australia, Brunei, Giappone, Malesia, Nuova Zelanda, Singapore, Vietnam ed – eventualmente – Corea del Sud e Thailandia in un prossimo futuro). I ruoli di questi Stati membri saranno cruciali nel determinare se i due tavoli di lavoro convergeranno in futuro o manterranno delle inconciliabili divisioni. Le parti comuni potranno osservare entrambi i sistemi di riferimento, nei quali si useranno strumenti diversi per raggiungere lo stesso obiettivo di un’area di libero scambio pan-regionale riguardante l’Asia-Pacifico3. Gli eventuali progressi del TPP e dell’RCEP, a seconda che si segua la strada della convergenza o quella dell’esclusione reciproca, determineranno l’eventualità di un’unione tra l’impostazione asiatica e quella trans-pacifica per produrre un percorso comune d’integrazione nell’Asia-Pacifico.
Al momento la possibilità di una simile convergenza appare però limitata. La causa non è da ricercarsi unicamente nelle differenti impostazioni dei due accordi, nella maggiore enfasi posta dal TPP sulle questioni OMC-plus e sulla coerenza normativa. La scarsa possibilità di convergenza è anche conseguenza delle contrastanti percezioni geostrategiche relative al TPP e all’RCEP. Queste percezioni dipingono i due accordi come alleanze che possono essere manipolate strategicamente da Stati Uniti e Cina. Se tali percezioni si rafforzeranno, nell’Asia-Pacifico si potrebbe manifestare una più intensa concorrenza strategica tra la Cina e gli Stati Uniti, guidata dai temi commerciali e volta a trasformare TPP e RCEP in assetti che soddisfino i loro specifici interessi economici e vantaggi comparati. Il TPP sta già sperimentando l’influenza statunitense non solo rispetto all’inclusione delle questione definite OMC-plus, ma anche in relazione all’enfasi posta sulle normative capaci di rafforzare e sostenere i vantaggi comparati degli Stati Uniti, attraverso misure come una maggiore protezione della proprietà intellettuale e la garanzia di un maggiore accesso al mercato degli appalti pubblici dei paesi membri. Una simile influenza dominante esercitata dalla Cina sull’RCEP (se si presenterà), diventerà evidente solo in futuro, vista la fase iniziale dei negoziati.
A differenza degli Stati Uniti, che come maggiori esportatori mondiali di servizi commerciali sono portati a massimizzare di conseguenza i propri vantaggi comparati all’interno del TPP, è prevedibile che la Cina si concentri, attraverso il RCEP, sul consolidamento del vantaggio comparato rispetto alla produzione manifatturiera. Le relazioni economiche della Cina con molti paesi membri dell’ASEAN, nonché con le altre principali economie dell’RCEP come il Giappone e la Corea del Sud, sono uniche, in quanto il paese importa da questi partner grandi quantità di prodotti intermedi, parti e componenti che vengono lavorati ed assemblati sul suo territorio, per poi essere esportati verso i mercati di paesi terzi come Stati Uniti ed Europa.
Queste filiere di produzione regionale sono state di vitale importanza per l’economia cinese. È quindi imperativo per la Cina usare il RCEP per sostenere queste catene di approvvigionamento, soprattutto dato che il TPP rischia di creare nella regione dell’Asia-Pacifico uno spazio commerciale differente caratterizzato da nuove regole commerciali, escludendo la Cina.
E’ evidente che il TPP influenzerà sostanzialmente l’architettura commerciale dell’Asia-Pacifico, attraverso le proprie normative e le sue implicazioni geo-strategiche. La possibilità che i nuovi assetti commerciali come il TPP e il RCEP, con le loro regole, diventino le principali fonti di antagonismo strategico tra Stati Uniti e Cina, in particolare nel contesto degli equilibri economici dell’Asia-Pacifico, non è sicuramente una conclusione scontata, ma difficilmente può essere esclusa.
(Traduzione dall’inglese di Marlène Mauro)
Bibliografia:
Murray Hiebert e Liam Hanlon, ASEAN and Partners Launch Regional Comprehensive Economic Partnership, “Centre for Strategic and International Studies (CSIS)”, December 7, 2012.
Henrik Horn, Petros C Mavroidis e Andre Sapir, Beyond the WTO: An anatomy of EU and US preferential trade agreements, “Bruegel Blueprint 7″, Bruegel Blueprint Series, Volume VII, Bruegel, Brussels, Belgium, 2009.
Peter A. Petri, Michael G. Plummer e Fan, Zhai, The Trans-Pacific Partnership and Asia-Pacific Integration: A Quantitative Assessment, “East West Center Working Papers”, Economic Series, No.119, October 24, 2011.