PUNTATA VII - Dove la famiglia è la famiglia
(ascolta)
Per quale ragione i von Bauern e i von Bernau fossero deliberatamente avversi gli uni agli altri era cosa che nessuno ricordava. E chi lo ricordava, non amava rammentarlo. E chi lo rammentava, non desiderava ripensarlo. E chi lo ripensava, non anelava a richiamarlo. E chi lo richiamava, lo faceva soltanto nel segreto del proprio cuore (chi n'era privo, nel segreto del proprio duodeno).
Quand'erano ancora dei bambini, Arthur e Karina chiedevano sovente ai genitori perché la loro famiglia e quella di Werther e Joachim si detestassero tanto. Immancabilmente, ottenevano sempre la stessa risposta: "Perché sì." Col tempo, impararono a non fare più alcuna domanda, e ad accettare la discordia come un fatto ereditario - come il grande vaso cinese del salotto: un cimelio tramandato loro da generazioni passate. Soltanto una volta, in un raro attimo di sincerità, Richard von Bauern aveva voluto essere più preciso sulla natura del dissapore internobiliare: "Cose brutte."
Quando Werther o Joachim von Bernau esprimevano i medesimi interrogativi ai propri genitori, ricevevano spiegazioni alquanto simili, benché più chiare: "Cose dei tuoi bisnonni", diceva il padre, Friedrich; "se hai visto il muso da schnautzer di Cosima non hai bisogno di ulteriori spiegazioni", tagliava corto la madre, Lotte.
Una cosa era certa: tra von Bernau e von Bauern non correva buon sangue. Questo costituiva l'unico possibile accordo fra loro.
La vita di società non prevedeva che un odio viscerale e persino secolare si manifestasse in modo esplicito. Certe regole di etichetta e di onestà d'animo dovevano essere rispettate, rimandando a sotterranee cospirazioni il compito di non farla passare liscia agli avversari. I grandi moventi dell'inimicizia tra le due famiglie erano celati, e agivano nel buio. A scatenarli erano, così, piccoli pretesti, offese immaginarie che venivano punite con scaltrezza.
In questo, Lotte e Friedrich von Bernau potevano dare dei punti ai propri oppositori.
Un colpo di tosse ad un ricevimento non era mai un semplice inconveniente. Anche trovandosi ad una distanza che avrebbe scoraggiato una mente sana dal ricercare insensate interpretazioni, quell'atto, poniamo sulla bocca della Baronessa von Bauern, suscitava nella sua corrispettiva del clan von Bernau l'ipotesi di un complotto: Cosima voleva, espettorando, dichiararsi disgustata dal suo abito, o suggerire che Lotte era precocemente invecchiata e vicina al trapasso. Se Friedrich si vantava della cacciagione catturata nell'ultima battuta, Richard intuiva che quello voleva burlarsi della sua lunga teoria di femmine prede. Allora Lotte diffondeva tra i von Nasen la voce che Cosima avesse un bubbone purulento sotto il gomito, infettivo al solo sfiorarla, mentre Richard, dal canto suo, faceva sapere a Friedrich di aver organizzato una caccia al fagiano a cui sarebbero accorsi tutti (compreso il fagiano), ma dimenticandosi intenzionalmente di invitarlo.
Al di là di quelle occasioni mondane, tuttavia, le due famiglie certo non si frequentavano. Ma erano comunque parte della medesima ristretta cerchia di alto lignaggio, e il sangue doveva essere rispettato, benché non lo fosse tutto ciò in cui scorreva e gli esseri a cui apparteneva. Non sorprenda, dunque, che i von Bernau venissero invitati a Villa von Bauern per il Gran Ritrovo di quell'anno, come a tutti quelli degli anni precedenti.
- Cara guarda, sono arrivati gli inviti per il Gran Ritrovo dei von Bauern - disse Friedrich quel pomeriggio.
- Ah. Dovremo proprio andare? - rispose Lotte.
- Ogni anno dobbiamo proprio andare, lo sai. E poi ci sono anche i von Pik, i Fürstin, i von Bären, ovviamente...
- Quei mielosi tirapiedi. Mi disgustano. Si può dire tutto di Cosima, però almeno è una donna gelida, spietata. Una persona come si deve. Ma quell'ebete di Gitte, con quella figlia fanatica religiosa e quel Georg, che dovrebbe portare ancora i calzoni corti, per come si comporta...
- Possiamo discuterne fino alla nausea. Ma sai che dobbiamo andare. Cercheremo di mettere a soqquadro la festa.
- Questo è poco ma sicuro. Ho bisogno d'ispirazione, però. Qual è il tema di quest'anno?
- I Tarocchi.
- I Tarocchi?
- I Tarocchi. Dobbiamo impersonare uno degli Arcani Maggiori.
- Ma davvero?
- Sì, cara. E pensa, Cosima ha avuto anche la cortesia di suggerirci quali.
- E dunque?
- "... indichiamo alle Signorie Vostre i possibili mascheramenti che ci paiono atti a rappresentarne il valore, a titolo puramente indicativo.
Friedrich von Bernau: la Papessa
Lotte von Bernau: il Bagatto
Werner von Bernau: l'Appeso
Joachim von Bernau: l'Eremita ..."
- Che impudenza. Voglio dire, tu la Papessa. Ma per quale ragione?
- Non ne ho idea. In quella testolina ci sono solo vento e cianuro. Guarda, c'è anche un invito per Odette.
- Ah sì? In tal caso, è meglio che la chiamiamo.
Odette de la Rue fu condotta nel salotto privato dei von Bernau.
- Signore, Signora, mi avete chiamato?
- Sì, cara. C'è un invito per il Gran Ritrovo... si tratta - continuò Lotte, prevenendo i dubbi di Odette - di un ricevimento in grande stile dato dalla famiglia dei Baroni von Bauern. Per il ballo, in maschera, ogni anno viene scelto un tema. Questa volta sono i Tarocchi. Dovremo procurarci delle maschere che ricordino le figure delle carte. Lotte porse il biglietto ad Odette, che arrossì violentemente.
- Va tutto bene, cara?
- Sì sì... - Odette cercò di ricomporsi il più in fretta possibile. - E' solo che i Baroni von Bauern mi suggeriscono la Giustizia...
- Chissà perché... non farci caso, non possono soffrirci ed estendono i dissapori a te.
- Senza dubbio - concluse Odette, pensando, al contrario, che giustizia era proprio ciò che voleva fare.
***
Annelore si svegliò molto presto quella mattina. Il sogno della notte prima tardava a liberarla della sua scomoda presenza. L'estrema verosimiglianza delle fattezze, a lei note e care, della Baronessa Wilhelmina, faceva a pugni con la vacuità della loro costituzione. Niente più che una bruma notturna, dissoltasi al primo calore aurorale. Eppure, come un amaro sapore, l'incubo persisteva. E se fosse stato un autentico messaggio dal cielo? E quand'anche: che cosa le era stato detto davvero d'importante? "Qualcosa di terribile" si sarebbe verificato di lì a... di lì a quando? A breve, se si fosse voluto tener fede al tono d'urgenza di Madame. Eppure lei era stata così leggera, e ansiosa di tornare alle sue polke con il Re Sole... era dunque quella spensieratezza il premio del Paradiso? Ma non si trattava forse di una acuminata crudeltà: irridere i miseri viventi non ancora trappassati che si agitavano sulla terra? O forse Wilhelmina voleva semplicemente indorare la pillola con le sue facezie?
Per quanto rifletteva, Annelore tornava però al cuore dell'apparizione. Ancora e sempre: le carte.
I Cavalli. Lo Straniero. La Strada.
Prese in mano, ancora intorpidita dal sonno e confusa dal sogno, il mazzo dei suoi speciali tarocchi. "Che cosa accadrà di terribile?"
Scelse le carte e le voltò: Principessa, Bambino, Nozze.
Ma come? Niente più carte rivelatrici? Che cosa c'entrava ora il Bambino? E le nozze?
L'evento terribile era forse il matrimonio di Karina? Madame non aveva mai dato modo di pensare che non gradisse i von Bären. Certo, il suo stesso matrimonio... ma non voleva rammentare i segreti della Baronessa Madre. Voleva concentrarsi sul presente. Il passato non le serviva.
Una voce dentro di lei però l'avvertì: "Ma proprio il passato è apparso nei tuoi sogni per rivelarti la verità."
Frau Kempis pensò che si trattasse di un bruciore di stomaco, e si diresse alle sue faccende.
***
(dal Diario di Georg von Bären)
Caro Schüschü,
un fatto strepitoso ho in animo, oggi, di raccontarti. Ieri mattina, mentre mi trovavo di nuovo ad attendere alla Ricerca dei Mirabili Uccelli, sì, sì, cioé no no, caro Schüschü, non è ancora andata a buon fine, dicevo, ieri mattina mi si è palesato davanti Arthur von Bauern. Ancora lui, mi dirai. Conosco le tue teorie su di lui, ma lo sai bene che non esiste l'amore di un uomo per un altro uomo. Anche se a tuo avviso il Merlo dal Muso Arcigno e il Finto-Dodo-Finto-Estinto farebbero qualcosa di più che andare in cerca di vermi... comunque sia, tornando ad Arthur. Mi si è fatto innanzi e, pensa un po'!, ha pronunciato le sacre parole dei Candidati! "Voglio unirmi a te", e cose del genere. Ah, ma certo che non prova il tuo ragionamento, egli è il prescelto che ricomporrà il Magico Cerchio! L'ho condotto al Ceppo, ed Enricus e gli altri lo hanno accolto. Se l'è cavata con la prima lettura dal Libro, e presto gli verrà affidata una Maschera. Pensa che per l'emozione Arthur, anzi Arcturus, è svenuto!
A proposito, oggi mamma ha preso il tè dai von Bauern e mi ha recapitato personalmente l'invito al Gran Ritrovo. Il tema di quest'anno sono i tarocchi, pensa un po', mi suggeriscono d'impersonare il Giudizio. Non saprei come fare, però. Che c'è, Schüschü, perché i tarocchi no? Che cosa vuoi dire? Devo decidere il mio travestimento...
Ah, caro Schüschü, al Gran Ritrovo verrà annunciato il fidanzamento con Karina! Il mio sogno d'amore si sta per realizzare!
O, come direbbe la Passerotta della Misericordia: "La felicità è accovacciata alla tua porta. Se non te lo ricordi, quando esci rischi di cadere per terra."
***
Le famiglie, come le persone, a ben vedere si amano e si odiano senza un perché. Ciò che par causa di affetto o di scorno è in realtà giustificazione a posteriori di un dato di fatto immotivabile. Se i von Bernau erano individui da cui stare alla larga, i von Bären, senza dubbio, erano quel che ci voleva ad una stirpe di egocentrici insensibili come i von Bauern. Günther e Gitte, capitani della squadra von Bären, erano dolci, educati, umani, tanto quanto i von Bauern erano volubili, crudeli, ironici.
L'unione delle due famiglie poteva dar luogo all'esplosione di una granata o a una delicata fioritura di fuochi pirotecnici. La differenza era tutta del dosaggio. E il misurino era saldamente nelle mani dei von Bären. Se c'era qualcosa che Cosima von Bauern non poteva controllare era l'empatia altrui. Così come ingnorava l'intuizione del marito per il cuore femminile, non era in suo potere l'estrema finezza di Gitte nel capirla: quando allontanarsi, quando mostrarsi, quando apprezzarla e quando rimproverarne le azioni. Richard, dal canto suo, misconosceva la prontezza con cui Günther prevedeva i suoi futuri intrallazzi. I coniugi von Bären conoscevano gli amici fino all'ultimo mento di Richard, fino all'ultima ruga d'espressione di Cosima. Il loro modo di coltivare l'amicizia prevedeva che il terreno fosse profondamente rivoltato, fino a riportare a galla tutti i lombrichi e le larve che conteneva, e solo in un secondo momento esso veniva seminato, abbeverato, e, se necessario, falciato. Benché difficilmente Richard avrebbe accondisceso all'idea di essere attraversato da insetti striscianti, così era accaduto tra di loro. I von Bären amavano condurre il gioco, e ancor più lasciar credere ai von Bauern di essere i veri arbitri del loro rapporto. Solo che, al contrario di Cosima, il cuore di Gitte si riempiva di caloroso affetto all'idea di manovrare l'amica come le piaceva, così come Günther era l'unico a conoscere l'intero elenco delle dame sedotte da Richard, e senza che quest'ultimo gliene avesse rivelate di sua volontà nemmeno un quindicesimo. L'empatia era, per i von Bären, il passatempo ideale. Come altro occupare infatti le loro giornate, se non immaginando che cosa si celasse nell'animo degli amici? Non vi era poi molta differenza con l'entomologia. Tranne che, invece di infilzare farfalle con uno spillo, i von Bären infilzavano cuori baronali con il solo acume della sensibilità.
Presi per i capelli dei propri umani difetti, i von Bauern, ignari di tutto, si erano fatti condurre placidamente al punto che più gradiva ai von Bären, sicché mai nulla che regolasse il loro legame era mai stato compiuto senza che Gitte e Günther non ne fossero i reali ideatori. Come altro chiamare queste amorevoli cure per i propri cari, se non autentica amicizia?
La stessa tradizione del Gran Ritrovo era nata da un'idea di Gitte. Le era parso il modo migliore per permettere ai von Bauern, che definiva affettuosamente "scostantelli", di farsi contagiare dalla solidarietà sociale. L'acume emotivo che contraddistingueva i von Bären era infatti indissolubilmente legato ad un "operoso palpito spirituale", come l'avrebbe definito padre Rudolf. I due coniugi anelavano infatti a rieducare i cuori freddi o deviati degli amici, secondo le buone virtù evangeliche. Il loro rapporto, in sostanza, era un esperimento, anzi, due. Nel caso di Cosima, i von Bären avevano inaugurato il progetto "da lupo ad agnello": trasformare la bestia trionfante in mansueta pecorella. Per Richard, avevano impostato la missione "da don Giovanni a san Giuseppe", al fine di ricondurre il rubacuori a marito morigerato. I risultati si erano rivelati a dir poco scadenti. Ma, accalorati dalla forza della fede, sia Gitte che Günther avevano in abbondanza ciò che compensava il loro fiasco totale: la speranza.
Con baldanzosa speranza la Baronessa von Bären si era recata quel pomeriggio a prendere il tè da Cosima. Il discorso ruotò inevitabilmente attorno al Gran Ritrovo. Le fu consegnato l'invito ufficiale, e quando vide che a lei e al marito erano stati consigliati i ruoli di "Imperatore" e "Imperatrice", Gitte pianse di gioia, subito gelata dall'insofferenza dell'amica per tali patetiche esternazioni. Gitte, che non era nata ieri, era solita improntare il suo rapporto con l'amica al più assiduo mimetismo. Sapeva bene che la commozione, l'affetto, il calore umano l'avrebbero impedita nel proseguimento del suo progetto evangelizzatore. In genere si studiava di rimanere distaccata come Cosima. E così, per salvarsi da quello scivolone melodrammatico, virò decisamente ad un altro argomento: al Gran Ritrovo sarebbe stato annunciato il fidanzamento di Georg con Karina. Un evento che avrebbe certo centuplicato le possibilità che le due cavie da laboratorio reagissero positivamente ai loro esperimenti.
***
Una passeggiata all'aria aperta viene solitamente attribuita alla oscillante classe di "quel che ci vuole". Un insieme di dubbia estensione che comprende spesso una bevanda calda d'inverno e una fredda d'estate, un buon sonno e altre pratiche vagamente nosocomiali. Se la vita venisse davvero improntata a "quel che ci vuole", sarebbe davvero un tetro scherzo del fato, più simile ad una ginnastica della terza età che ad un'imprevedibile avventura.
Fu pensando a qualcosa di simile che i fratelli von Bauern si erano uniti, dopo il pranzo, alla piccola scarpinata proposta loro da Georg e Gertha, animati da ben altri entusiasmi.
La meta, al solito, fu decisa da Gertha, e fu, altrettanto ovviamente, la chiesa del villaggio, per un'improvvisata preghiera comune.
Gertha era, sulla carta, la migliore amica di Karina. Lo era, in fondo, perché le loro madri godevano dello stesso tipo di relazione. Fino all'adolescenza, cementata e dalla frequenza degli incontri e dal conflitto con i von Bernau, che serrava i loro ranghi, l'amicizia era stata salda. Col tempo, però, Karina si sentì sempre più estranea a Gertha. Quest'ultima sembrava ormai più entusiasta della Madonna che di lei. Cercava di coinvolgere la giovane nella preghiera e nei riti a cui sempre più spesso si accostava, ma la piccola von Bauern la seguiva pigramente e di rado. Gertha, inconsciamente, imitava la missione virtuosa dei genitori, e altrettanto incosciamente esperiva come l'indifferenza fosse un terreno più sterile di un brutto carattere. Non è che Karina non credesse in Dio. E' che amava di più i ragazzi che quel vecchio barbuto nell'alto dei cieli. Gertha era il più splendido risultato delle pratiche devote dei genitori. Era esattamente ciò che essi avevano voluto che fosse. E proprio per questo, era alquanto priva di profondità. Era stata promessa in sposa ad Arthur, ed ecco che palpitava per lui. Era stata educata al timor di Dio, ed ecco che palpitava per lui. Le era stato detto di essere modesta, umile, vereconda, ed ecco, lo era. La sua virtuosità e forza spirituale erano dunque state guadagnate al prezzo di una manifesta mancanza di personalità.
Karina passeggiava al suo fianco, ma riusciva a malapena a sentire i suoi lamenti circa un nuovo libro di preghiere regalatole da padre Rudolf, da cui passava senza soluzione di continuità alle future nozze con Arthur. Karina non era più se stessa. Le ultime due giornate campali, dominate da uomini del calibro di Werther, Georg e Kurt, avevano definitivamente allontanato l'infanzia. Specie dopo la notte di passionale consolazione con lo stalliere pel di carota, qualcosa si era rotto in lei. E qualcosa aveva danneggiato il rapporto con l'amica, con cui, per cominciare, non poteva confidarsi circa i suoi veri sentimenti. Avrebbe suscitato scandalo, e, comunque, non sarebbe stata capita. Gertha era un'anima asessuata. Karina, no.
Pensieri simili dovevano attraversare la mente di Arthur, che camminava poco oltre in compagnia di Georg. Si sentiva umiliato, tradito. Aveva confessato il suo amore all'amico, e si era ritrovato parte di una setta di dubbio gusto, che non sapeva se valutare più ridicola o più pericolosa. Georg ora non lo tormentava più con assidui commenti sulle donne (su sua sorella, particolarmente), ma lo bombardava di frasette allusive sui Mirabili. Eppure Arthur, aveva conservato in sé l'amore, o forse solo quel colpo di coda del sentimento che non ha più molto a che vedere con il suo oggetto, ma soltanto con l'ostinazione.
Gertha amava Arthur.
Arthur amava Georg.
Georg amava Karina.
Karina amava Werther.
Werther amava Arthur.
Richard le amava tutte.
Cosima non amava nessuno.
Questa la situazione, a pochi giorni dal Gran Ritrovo a Villa von Bauern. Questo il circolo vizioso dei sentimenti, mentre quattro giovani baroni si dirigevano al villaggio.
- Se continui così, Arthur - sussurrava Georg - la prossima volta ti metteranno la Maschera...
- Ce l'ho già, ce l'ho già - rispondeva in cuor suo von Bauern.
- Oh, come sono felice, Karina! Ed è tutto merito di Dio! - esclamava Gertha.
- Come no - le faceva il verso l'amica. - Devo proprio ringraziarlo...
***
Tornata a casa, mentre si dirigeva verso le sue stanze, il fruscìo della veste la tradì.
- Karina, sei tu?
- Uh, zia Eva?
- Sì, mia cara. Vieni.
La giovane, con esausto sforzo, cambiò destinazione ed entrò nel salottino privato della cugina di sua madre. Era una stanza riccamente ornata, piena di merletti traforati. Erano sui tavolini, sulle poltrone a far da poggiatesta, sui davanzali, sullo scrittoio. Lo scrittoio, specialmente, accanto alla finestra, era sovraccarico di oggetti - ninnoli di poco valore, trudice statuette esotiche, fiori secchi, e tanti fogli.
Eva sollevò lo sguardo da quello che aveva tutta l'aria di un tormentato manoscritto.
- Che cosa ti tormenta, mia cara?
- Uh..."tormenta"? Non capisco...
- Su, su cara. Quella sera in cui mi dissi che avevo un'aria macilenta, finsi soltanto di tornare qui. Ti confesso, ihihi!, - ridacchio, a quel modo infantile di manifestare una marachella che hanno le anziane nubili - che sono rimasta dietro la porta. Ho sentito, sai, che hai dei dubbi sul matrimonio con Georg. Ma - aggiunse, facendole segno di avvicinarsi al tavolo di lavoro - mi par di capire che sei tu quella che ha dei dubbi sui propri sentimenti.
- Uh! Ma zietta, che dite!
Eva, da quel "zietta", che la nipote mai utilizzava per rivolgersi ad una parente per la quale non nutriva il minimo trasporto, capì di aver fatto centro. Ed essendo vittoriosa, poteva permettersi di graziare Karina, privandola di una domanda esplicita. La prese, dunque, alla larga.
- Mia cara, mia cara... sai...l'amore è una cosa misteriosa... colpisce e se ne va. Un po' come tuo padre... cioè, no, no, non come tuo padre. Come la saetta e il bersaglio.
Karina, che nulla sapeva di prodezze d'arciere, assunse lo sguardo da tortora disorientata che la contraddistingueva.
- Mia cara... che cos'è, in fondo l'amore?
- Uh... che cos'è, zia Eva?
A dire il vero Eva von Braun non si aspettava di dover rispondere. Il suo era uno slancio retorico, nulla di più. Messa alle strette, capì di non avere alcuna soluzione all'enigma. Provvidenzialmente, anzi solo perché desiderava ardentemente cambiare discorso, l'aiutò Karina.
- Zia... zietta... che cosa state scrivendo?
Naturalmente a Karina non interessava affatto il lavoro della parente. Non solo perché, al contrario del suo futuro marito, non le interessava la letteratura in quanto tale, ma soprattutto perché in famiglia le opere di Eva erano sempre state valutate alla stregua di cartocci per le uova. E chi era lei per contraddire sua madre? Eva, invece, amava con viva passione i propri testi, e colse prontamente l'occasione per parlarne, occasione che, circondata com'era di disprezzo, ben di rado le capitava.
- Mia cara, è il mio "Coilo e Persilda". Un poema tragico ambientato in Arabia. Persilda è una schiava etiope, perdutamente innamorata del re d'Arabia. Decide di rivelarsi a lui, ma il re inizialmente la respinge... ma forse ti sto annoiando...
- Uh, no affatto, continuate! - Karina, sorpresa dalle affinità con la sua passione per Werther, era ansiosa di conoscere l'esito della storia, quasi potesse gettare una luce sull'epilogo della propria.
- Volentieri, cara! - rispose Eva, lei stessa stupita di quell'inedita curiosità. - Come ti dicevo, Coilo inizialmente la respinge. Egli, del resto, è promesso in sposo alla regina di Saba, Saba. Così, Persilda decide di tentare un folle piano. Una volta giunta in Arabia Saba regina di Saba, la soffoca facendole ingerire una quantità smodata di datteri, le ruba le vesti e si reca a palazzo. Coilo la scambia per la regina di Saba e se ne innamora. Ma la corte, che, al contrario di Coilo, non è nata ieri, la scopre e la mette in carcere. La vera regina giunge a palazzo, ma il re, ormai mal disposto nei suoi confronti, ne è definitivamente disgustato quando Saba gli vomita addosso i datteri. Coilo corre alla prigione di Persilda e vuole salvarla, ma la corte le impone una prova. Dovrà essere introdotta in una gabbia di leoni a digiuno da una settimana, completamente cosparsa di morchia. Se sopravvivrà, sarà libera e sposerà Coilo, altrimenti, beh, è ovvio. Persilda accetta la sfida e... Karina?
- Uh? - Karina si era già persa nei meandri dei propri pensieri. La vicenda aveva ben poco a che fare con la sua. - Sì, zietta? Leggetemi qualcosa...
- Volentieri, mia cara:
" PERSILDA:
E dunque di morchia cosparsa
nel tenebro cavo mi calo
in pasto sarò dei leoni
o d'una pusillanime corte.
Mio nella vita o nella morte
sarà Coilo, per sempre. Ah!
Numi! Che orrendo destino!
Anime dei miei avi!
Proteggete la figlia sventurata
che schiava rinuncia alla vita
sicura tra le catene
per vendicare l'amore
immortale, per Coilo
re d'Arabia. Se Saba fosse
perita! Ah, maledetta!
Ancor vive! Datteri del diavolo!
Male faceste il vostro lavoro.
Ecco, sento i leoni gemere
aspettano la mia carne fine
ma nel cuore certa sono
di sopravvivere alla prova."
Peccato che non sopravviva affatto, ihih... Karina? Karina?
Se n'è andata. Strano. Beh, rimettiamoci al lavoro... sarà credibile la morchia?