I nostri cent’anni di solitudine cominciano lentamente proprio oggi, in questo venerdì, ai piedi delle tante “croci” su cui, nel secolo scorso, hanno inchiodato i sogni della Colombia e dell’America Latina tutta. L’inchiostro di Gabo ha annerito con poesia e impagno civile il sangue versato dai sudamericani per il proprio riscatto; storie dense e personaggi dalla forte identità hanno mandato al patibolo i “Giuda” che volevano la Colombia culla di mercenari e trafficanti di droga.
Gabo diede il ben servito ai “Pilato” americani che si lavarono le mani mentre i golpisti cileni scelsero il loro “Barabba”. La spada affilata di Gabo fu quella del combattente contro gli orrori della dittatura di Pinochet; il suo manifesto letterario era impregnato di valori del socialismo, fatto passare da tanti per comunismo, vista l’amicizia stretta con Fidel Castro.
Per il mondo è morto un gigante della Letteratura del ’900. Per gli intellettuali è scomparso un Nobel. Per chi ha passato una vita a leggere i suoi libri, se n’è andato Gabriele Garcìa Marquez.
Per alcuni di noi non è successo nulla di tutto questo, perché i sogni fatti di parole di carta e passione civile non si fermano mai. Perciò oggi saremo a Macondo, con gli occhi puntati al cielo insieme alla famiglia Buendia, per sentirci liberi e orgogliosi di essere sudamericani.
Il cuore batte ancora per Gabo. Semplicemente, grazie.