I pappi dei pioppi volano leggeri nell'aria. Te li trovi dappertutto. Si alzano al tuo passaggio, si muovono al minimo soffiar di vento, si appoggiano più lievi dei batuffoli di neve, cotone aereo, inconsistenti e bianchi, sfuggenti come fantasime a stento vedute o solo semplicemente credute. Forse neppure esistono, anche se hai la sensazione che ti si infilino nel naso, nella bocca, sforandoti birichini come se non avessero altro scopo se non infastidirti, mentre in fondo vorrebbero solo ignorarti e andare, volare, viaggiare lontano a fare quello che è il loro compito, il loro ineludibile destino. Vogliono soltanto propagarsi spingendosi al limite estremo, fecondare nuovi suoli, nuove lande, sperma aereo con l'ansia di giungere al suo finis terrae, un compito difficile e di improbabile successo. Forse anche qui solo uno su milioni ce la fa, icona paradigmatica di una corsa a raggiungere una meta desiderata da tutti, perseguita dalla maggior, parte raggiunta quasi da nessuno. Precari ontologici a priori che non chiedono conferme. Che triste metafora questa lotta per la vita, che pure alla fine premia assieme il migliore ed il più fortunato, ma che non può prescindere da una determinazione dura e pura, senza condizioni.
E' il sistema che funziona così, non è di utilità dire che è ingiusto, che ci vorrebbe più spazio per tutti, più democrazia fecondativa. La lotta è sotterranea, poco appariscente alla vista, ma è spietata e lascia le strade piene di cadaveri; teneri, soffici piccoli batuffoli indifesi, adagiati negli angoli morti, appesantiti dalle scorie raccolte che il neppure più il refolo del vento riesce a sollevare. Materia organica alla fine del suo ciclo, cibo utile soltanto più per i saprofiti in attesa vigile, pronti ad afferrare l'occasione per vivere a loro volta, per far ripartire il ciclo della vita attraverso la disgregazione, in una shivaitica alternanza di morti e rinascite, di distruzione per la successiva creazione. Chi non riesce a resistere, ad essere bravo o competitivo, viene soffocato, reciso, espulso, forse rimane in uno stato di coscienza depressa non potendo accettare il suo fallimento, il comclamarsi della sua non capacità a competere con gli altri, ad arrivare prima e meglio. E allora si lascia andare, cede, si ritira, abbandona il campo. Non c'è pietas filosofica, non c'è percorso ermeneutico per questi bianchi simulacri di vita, nessuno compiange il loro destino difficile. Così i pappi dei pioppi se ne vanno sfiorandoti il viso con il loro tocco lieve, quasi a scusarsi del disturbo che ti arrecano, verso il loro destino amorfo. Forse già domani non li vedremo più.
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